Il presidente (sino ad ora dimezzato) della FIA ha approfittato della pausa estiva della F1 per rilasciare un’intervista esclusiva al sito Motorsport-Total.com che non possiamo non riprendere, anche perché si delinea in tutto e per tutto come il ritorno nell’agone politico dello scontro serpeggiante con la Formula Uno targata Domenicali. Alla fine Ben Sulayem esiste. E lotta con noi. Forse.
Il motivo del contendere è chiaro a tutti: l’entrata di nuovi team in F1 a partire da nuovo ciclo regolamentare, vale a dire campionato del mondo 2026. Riepilogo. All’inizio del 2023 la FIA ha invitato potenziali nuove scuderie a manifestare la loro volontà di entrare nella massima categoria del motorsport. E poiché la F1 in questi ultimi anni ha riacquistato e per certi versi ampliato la platea degli spettatori, ci sono nomi importanti che si sono affacciati. Il più importante di tutti il binomio Andretti–Cadillac.
Tuttavia sin dall’inizio di un’offensiva mediatica forse mal calibrata, Andretti è stato sottoposto ad un fuoco di sbarramento senza precedenti. Scuderie tutte e Domenicali a far fronte comune contro qualsiasi possibilità di avere nuove squadre. Al massimo se entra qualcuno deve acquistare un team (come farà Audi acquisendo Sauber). Ci mancava poco che Andretti, non proprio l’ultimo arrivato nel mondo del motorsport (chiedere negli Usa) fosse etichettato alla stregua di appestato o untore.
Il motivo è solare. Con il nuovo patto della Concordia attualmente in vigore, il piatto (ricco) che la F1 lascia alle scuderie non varierà nel suo totale. Quindi se entra una nuova squadra la fetta per ognuno diventa più sottile. E proprio per scoraggiare nuove scuderie (o parzialmente rifondere le altre squadre) si è creata una tassa ad hoc (accordo con le scuderie esistenti del 2020), del valore di 200 milioni di dollari.
Questo pagamento dovrà essere fatto dal nuovo team prima del campionato a cui si iscriverà e sarà suddiviso tra le varie squadre già presenti nel primo anno di partecipazione della nuova squadra al campionato di Formula 1. La conseguenza è presto calcolata: su una scuderia mette piede nel Circus ogni team riceverà una somma di denaro pari a circa 20 milioni di dollari. Un bella “cifretta” di questi tempi.
Chiarito che per capire le cose bisogna sempre “seguire i soldi”, veniamo all’intervista di Sulayem. Il nostro difende su tutta la linea la scelta della Federazione Internazionale di aprire a nuove squadre. E, a onor del vero, non lo fa affatto male. Ad esempio ricorda che tale evenienza è espressamente prevista dal regolamento e che la FIA deve essere arbitro e fare l’arbitro. Le parole del presidente:
“La FIA, in quanto ente regolatore, deve esaminare tutte le richieste e noi l’abbiamo fatto. La manifestazione di interesse era la cosa giusta da fare. So che alcuni team non sono contenti, perché vedo l’impatto finanziario che ciò avrebbe su di loro”, che poi aggiunge: “Si tratta di aggiungere una scuderia o di acquistare una squadra esistente? Non sta a me imporre alle grandi squadre. Ma quello che dobbiamo fare è rispettare il processo, la due diligence finanziaria e tecnica”.
Alla domanda di quando si saprà chi avrà superato il vaglio della FIA, Sulayem replica: “Penso tra le quattro e le sei settimane. Dobbiamo fare le cose per bene. Stiamo parlando di grandi investimenti. Dobbiamo solo aspettare le prossime sei settimane per vedere qual è il piano. Non ho dubbi che la FOM prenderà la decisione giusta. Loro sanno cosa è meglio fare”.
Difatti lo scontro che si profila è proprio con la FOM (Formula One Management, una delle controllate della F1 propriamente detta e presieduta da Domenicali) e le squadre attualmente in F1, alleate per il motivi di cui sopra. Il problema è che i team potrebbero chiedere di alzare (e di molto) la tassa di 200 milioni di dollari oppure di mantenere la fetta della torta uguale ad oggi. E questo si potrebbe fare solo se Formula uno e FIA rinunciassero a parte dei loro introiti. Come si vede, è un bel pasticcio.
Una cosa è certo. Il lodo “Wolff”, cioè le preoccupazioni del team principal Mercedes sulla possibile diminuzione della sicurezza per i piloti se un nuovo team dovesse entrare in griglia, (si passerebbe da 20 a 22 monoposto), sembrano destituite di fondamento. Difatti il presidente FIA ha buon gioco (gol a porta vuota) a replicare che già adesso, per via delle riprese del regista Joseph Kosinski (Top Gun: Maverick, Oblivion etc etc) per un film sulla F1, un team esiste in tutto e per tutto con tanto di presenza nel paddock e nella pit lane. Non partecipa alle gare ma per tutto il resto è lì a dimostrare che gli spazi ci sono.
In merito Ben Sulayem precisa: “Stiamo già gestendo un undicesimo team grazie a Hollywood. E le piste sono migliorate. La FIA è sempre presente con i circuiti e cerca costantemente modi per migliorare”. E alla domanda se i circuiti attuali fossero abbastanza grandi, Ben Sulayem ha risposto: “Al cento per cento. Se ci sono 10, 11 o 12 scuderie, i circuiti devono essere conformi. La nostra commissione sarà sempre presente e verificherà l’intero processo”. Altre parole molto interessanti: “Non posso infrangere le regole. Non voglio dare idee a nessuno, ma se c’è una richiesta e abbiamo spazio sufficiente per farla, dobbiamo prenderla in considerazione”.
D’altronde il presidente emiratino agita anche lo spettro di possibili azioni legali se qualche team, avendo ottemperato a tutte le richieste, comunque non ottenesse (ovviamente per scelte eminentemente politiche) di poter partecipare al mondiale di F1. “E se uno dei team candidati ci portasse in tribunale? Possono farlo, se diciamo loro di no. Non si tratta di me. Io sto solo applicando le regole“, ha concluso Sulayem. Insomma, siamo solo all’inizio di uno scontro che rischia di essere al vetriolo. La quiete, prima della tempesta, a settembre? Vedremo.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: F1