Aston Martin si approccia a Suzuka con un chiaro obiettivo: riscattare il weekend opaco di Singapore. La scuderia inglese è uscita con 0 punti dalla trasferta di Marina Bay, complice l’ultimo posto di Fernando Alonso condizionato da diverse problematiche in gara e il fatto che Lance Stroll non abbia preso nemmeno parte alla corsa per l’incidente nel quale è incappato nelle qualifiche del sabato.
Quella del quindicesimo appuntamento iridato doveva essere una pista favorevole per le caratteristiche tecniche della vettura. Tuttavia, dando un’occhiata al risultato alla fine del fine settimana, al contrario possiamo definire questo round come il peggiore dell’intera campagna agonistica 2023 per la scuderia di Silverstone. Per questa ragione, appunto, la voglia di cancellare di immediato questa brutta parentesi e rialzare prontamente la testa è molta.
La F1 è sbarcata a Suzuka. Quello asiatico è una tipologia di pista che rappresenta la cartina al tornasole per testare quanto una monoposto sia in grado di generare carico aerodinamico, ma non solo. Il layout nipponico potrebbe risultare favorevole proprio all’Aston Martin. O per lo meno questa è la speranza. L’AMR23 ha perso del bilanciamento aerodinamico nel corso dell’annata per via di alcuni aggiornamenti che hanno fatto smarrire il punto di lavoro corretto dell’auto. A tale scenario va sommata una considerazione.
Vanno infatti senza dubbio sottolineate le progressioni di Ferrari SF-23, Mercedes W14 e della McLaren MCL60. Aspetti che ovviamente concorrono in parte alla regressione tecnica dell’Aston Martin che comunque, seppure a fasi alterne, riesce ancora ad esaltare i propri punti di forza come ad esempio avvenuto a Zandvoort durante il Gran Premio d’Olanda.
L’AMR23 è una vettura in grado di generare alti livelli di downforce nelle sezioni veloci e di massimizzare il grip meccanico al retrotreno nei tratti a bassa velocità di percorrenza. A Suzuka carico aerodinamico e precisione di inserimento saranno due fattori chiave nell’arco della percorrenza del giro, elementi più che necessari per estrarre tutta la performance nel tempo sul giro.
Soprattutto in T1, ma anche il T2, rappresentano due settori nei quali la capacità della monoposto di creare downforce viene messa in luce data la presenza di curve veloci in appoggio e rapidi cambi di direzione. Tutte caratteristiche che richiedono un avantreno molto reattivo in inserimento. Per quanto concerne il T3, contano sia l’efficienza aerodinamica nel lungo rettifilo che porta alla 130R, dove senza DRS si toccano i 313 km/h, sia la stabilità al retrotreno nell’ultima chicane per massimizzare la trazione in uscita verso la retta finale.
Suzuka si attesta come una sfida estremamente tecnica per piloti, monoposto e tecnici. Il T1 è caratterizzato dal rettifilo del traguardo dove si potrà utilizzare il DRS con velocità di punta di circa 333 km/h, a cui segue l’inizio delle “S”: si tratta di una sequenza di curve con cambi di direzione destra-sinistra che si percorre a una velocità media di circa 225 km/h, in 5ª e 6ª marcia.
Il T2, invece, inizia subito con la doppia destra denominata “Degner”, la prima da affrontare a 261 km/h in 7ª, la seconda in 4ª a 142 km/h. In seguito si giunge al tornante Hairpin, cruciale per il successivo tratto dove incontriamo la doppia sinistra delle Spoon, la prima da percorrere in 7ª a 236 km/h, la seconda in 5ª a 168 km/h. Successivamente vi il lungo rettifilo che porta all’inizio del T3 dove vi è prima la 130R da affrontare full-throttle a 311 km/h e in seguito vi è la staccata dell’ultima chicane dove è cruciale aggredire i cordoli interni e massimizzare la trazione in uscita.
Per cercare di massimizzare la downforce facendo decresce la resistenza aerodinamica all’avanzamento e migliorare l’efficienza, Aston Martin ha optato per una configurazione aerodinamica da medio carico, specifica a cucchiaio (foto). REsta da capire l’approccio sulla beam wing. Le prove libere del venerdì notte (orario italiano) risulteranno cruciali su questo fronte, per evitare quanto avvenne a Silverstone. In quell’occasione, si optò per configurazione a basso carico, proponendo un setup che offrisse velocità di punta confidando nella downforce generata nelle curve veloci per non perdere bilanciamento.
Ma quella configurazione, sulla falsariga di quegli impiegati a Baku, si rivelò troppo scarica e portò a un disequilibrio della monoposto con l’AMR23 veloce sui rettifili ma carente di stabilità nei tratti ad alta velocità di percorrenza. Per di più si era innescata una tendenza sottosterzante nelle sezioni lente. Fatto tesoro di questo aspetto si punta ad un compromesso che offra bilanciamento senza incrementare troppo le velocità massime.
Autore: Dennis Ciracì–@dennycira
Foto: Aston Martin