Esattamente come Ferrari, anche la F1 che cerca di evitare errori passati. Questo il brevissimo incipit relativo alla spinosa tematica power unit in chiave futura. Facendo memoria su questo argomento non può che riaffiorare il 2014. Un’annata che resterà nella storia della massima categoria del motorsport, non solo per lo shock relativo al rumore assente dei nuovi propulsori. Quel suono da zanzara fastidiosa che ha fatto discutere non poco. Quasi dieci anni fa, oramai, abbiamo assistito a uno degli sbagli più grandi osservati all’interno del Circus.
Un nuovo regolamento dove il debutto dell’architettura ibrida prese tutti impreparati tranne Mercedes. I perché li conosciamo alla perfezione e non serve rammentarli. Ma proprio per questa ragione, nell’arco temporale ancora necessario per la definizione del corpo normativo 2026 sulle PU molte discussioni sono ancora pendenti. Uno scenario dove un po’ tutti pare abbiano voce in capitolo e la FIA, necessariamente, deve stare ad ascoltare. In tale contesto i cosiddetti “furbetti” non mancano. Questa la sensazione generale del Circus sul caso Alpine.
Si perché agli occhi dei più, come confermano le voci dei protagonisti del paddock, i motoristi di Renault hanno prodotto un lamento altisonante sul quale nessuno mette la mano su fuoco. I 30 cavalli della discordia. Un gap che Alpine vorrebbe chiudere per non soffrire questo handicap durante i prossimi due campionati e, di conseguenza, evitare di partire svantaggiata quando nel 2026 i nuovi regolamenti entreranno in vigore.
D’altronde esiste un paragrafo del regolamento tecnico che recita più o meno cosi, rendendolo più discorsivo: “a chi patisce un ritardo prestazionale superiore del 3% sul motorista considerato migliore, sarà concesso, previa verifica, un maggiore sviluppo per allinearsi alla competitività“. In linea di massima tutto il ragionamento non è sbagliato. Argomentazione che di fatto pare possa estendersi anche nel prossimo futuro, quando le power unit fortemente rivisitate entreranno in scena.
Un altro cambiamento epocale si avvicina a passi da gigante. A margine della reintroduzione dell’effetto suolo, la F1 si appresta ad accogliere forse la sfida più grande della sua storia sul lato motoristico. Il restyling sulla parte ibrida ed endotermica del prossimo 2026, di fatti, oltre che dividere le squadre sul come “settarlo a dovere”, contesto nel quale un po’ tutte le scuderie stanno cercando di incidere per avere benefici, prevede cambi davvero importanti. Una netta variazione di architettura e alimentazione.
Il moto generatore MGU-H che recuperava poco più di 80 cavalli convertendo in energia i gas di scarico prodotti dalle monoposto non farà più presenza. Così come la possibilità di mitigare il tedioso fenomeno del turbo-lag. Mentre l’MGU-K che recupera l’energia cinetica in frenata verrà collegato direttamente al pacco batteria. La sua capacità subirà un incremento iperuranico arrivando a generare 480 Cv circa. Il tutto per compensare la decrescita prestazionale del motore a combustione interna che scenderà sino a una produzione di potenza attorno ai 500 Cv. Una distribuzione a conti fatti paritaria.
Ma la sfida tecnica non finisce qui, in quanto dal 2026 le vetture di F1 saranno alimentate da carburanti bio o sintetici. Si tratta del primo passo di una mutazione genetica che porterà al traguardo “emissioni zero” per l’annata 2033. A seguito dell’introduzione relativa ai carburanti E10, denominazione dettata dalla percentuale di bioetanolo (10%) presente nella sua composizione chimica, si attende pertanto l’utilizzo di E-fuel e Bio-fuel.
Il primo è un un prodotto sintetico derivato dalla sintesi tra anidride carbonica e idrogeno, capace di creare molecole simili a quelle della benzina tradizionale. Tramite l’elettrolisi dall’acqua si ottiene l’idrogeno (H) che successivamente subisce una trasformazione chimica grazie alla presenza in quantità elevate di energia elettrica che, anche in questo caso, deve necessariamente essere estrapolata da fonti rinnovabili come quella eolica, solare, idrica o geotermica. Nella seconda fase del processo l’anidride carbonica (CO2) prelevata dall’aria nell’atmosfera si unisce all’idrogeno: da questo incontro prende vita un vettore energetico con l’aiuto di un catalizzatore ad alta pressione.
La seconda (Bio-fuel) non è altro che un prodotto derivato dalle biomasse, rifiuti di lavorazioni industriali, processati chimicamente per creare carburante biologico. L’etanolo, per esempio, scaturisce dalla lavorazione sugli scarti di coltivazione delle canne di zucchero. Per dare vita a questo processo si procede con la fermentazione alcolica, dove i lieviti degli zuccheri vengono convertiti in etanolo. Evitando l’utilizzo di elementi alimentari il focus prevede l’ottimizzazione delle biomasse tramite un elemento chiave, la lignocellulosa, polimero non sintetizzabile dal corpo umano.
Il punto sul futuro ci serve per capire i problemi che attualmente vigono all’interno del paddock, relativi a una “chiara complicatezza” di un sistema che, gioco forza, dev’essere calibrato alla perfezione per funzionare secondo i crismi pensati. La Federazione Internazionale sta pensando a una sorta di bilanciamento prestazionale che però non incontra affatto i favori della storica Scuderia Ferrari.
Dopo l’inizio disastroso nell’erra turbo ibrida, il reparto motori di Maranello ha raggiunto oramai l’élite, tanto che attualmente la PU 066/10 può essere considerata la più potente del lotto. Per questa semplice ragione, sebbene i cambi saranno senza dubbio radicali e non si può mai sapere cosa possa succedere, il Cavallino Rampante ha le idee molto chiare in merito e non intende in nessun modo assecondare FIA e altre scuderie su tematiche a lei non congeniali.
A quanto ci hanno riferito fonti interne la rossa “ha scontato” le proprie pene relative al power unit gate. Da questo punto, con l’arrivo di Vasseur e l’allontanamento di Mattia Binotto, si sta lavorando a un’inversione di tendenza per recuperare quel potere politico che, parliamoci chiaro, si trova sempre in tasca di chi vince. Inizia così la scalata alla vetta, vincendo battaglie sulla carta per poi dimostrare, ovviamente, l’indispensabile competitività in pista. Le parole di Enrico Gualtieri, responsabile del progetto power unit Ferrari sono solo l’antipasto. Una prima portata di un menu pronto al servizio in maniera perentoria, se sarà necessario.
Recuperare potere politico è tra le mire dell’eforato diretto in sordina da John Elkann, che sebbene mostri un’aera quasi sempre distratta quando mette piede nel paddock, sommata a un abbigliamento che fa sempre discutere, in questo campo sta lavorando sottotraccia per cambiare l’atteggiamento passivo verso la FIA. Per questo l’opportunità di sviluppo successiva all’identificazione di un ritardo prestazionale potrebbe esistere, ma solo a determinate condizioni secondo la rossa. Stesso discorso vale per la definizione di alcuni punti del prossimo regolamento tecnico, sul quale Ferrari, a quanto sembra, proprio “non ci sente”.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari