L’anelito tanto bramato da Ferrari finalmente ha preso corpo. Lo ha fatto grazie a Sainz, autore di un fine settimana da urlo. Lo spagnolo ha mostrato tanta solidità, fiducia nei propri mezzi, rapidità, acume tattico e forza d’animo. Se questo è lo stato di forma dell’iberico per Leclerc non sarà facile tenergli testa. I due avevano la stessa vettura a disposizione, ma chi l’ha saputa interpretare al meglio è stato Carlos. La fortuna non ha di certo aiutato il monegasco ma non possiamo non sottolineare il suo weekend sottotono rispetto al compagno “meno blasonato”.
E poi c’è la rossa. Una vettura spesso difficile che invece a Singapore ha deciso di stupire un po’ tutti. I tecnici di Maranello hanno studiato alla perfezione il nuovo layout, centrando i fattori chiave della pista. Una trazione stupefacente ereditata dalla progenitrice F1-75 sfruttata alla perfezione, sommata alla capacità di minimizzare i limiti sul front end della SF-23. Per il resto abbiamo visto una power unit molto potente in grado, dopo le modifiche al software che gestisce l’ibrido, di scaricare a terra “docilmente” i circa 1000 cavalli a disposizione.
A livello strategico Mercedes ha sorpreso un po’ tutti. D’altronde per il team di Brackley era l’unico modo per provare a vincere. Un azzardo che ha funzionato a meta però. Sotto questo aspetto vale la pena commentare un fatto: l’atteggiamento pavido del muretto non ha considerato la velocità di Hamilton, superiore a quella di Russell. Dargli spazio nel finale di gara, probabilmente, avrebbe aggiunto una cifra al valore dell’ottima strategia.
Nel chiudere questa introduzione menzioniamo un nostro vecchio amico. “Si tratta di capire” la sua frase più brillante. La SF-23 nasce sotto il suo mandato, tutto vero. Ma senza le diverse modifiche apportate dalla Spagna in poi, la rossa di Marina Bay avrebbe fatto tutt’altra figura. Questo per buona pace dei “binottiani” che rivendicano un po’ di merito in questo trionfo che ha spezzato l’egemonia asfissiante Red Bull. Andava detto.
Vasseur è salito sul podio. Solitamente un team principal lo fa quando la scuderia si laurea campione del mondo. Frederic avrà pensato che passerà ancora toppo tempo per questo fatto e perciò, raggiante come non mai, si è arrampicato sul palco creato ad hoc di Singapore per ricevere il bagno di folla comunque meritato. Sì… Meritato. Perché tenere a galla un team falcidiato da problemi e dimissioni varie non era semplice. Fare quadrato tenendo saldo l’animo nemmeno. Eppure il francese di Draveil ci è riuscito.
Non è certo un fenomeno, lo abbiamo già detto. Non ha il talento innato nel chiacchiericcio e nel gestire gli affari di Wolff e Horner, così come il peso politico di questi due capi saldi della categoria. Ciononostante il cinquantacinquenne transalpino ha le palle. Parla chiaro quasi sempre (a volte nello sconforto pareva “binottizarsi”), non fa figli e figliastri (piloti) come spesso gli viene imputato e soprattutto ha saputo guidare un gruppo di lavoro verso l’obiettivo minimo che Ferrari dovrebbe sempre porsi considerando blasone e storia: vincere. Trionfo che mancava da più di un anno.
A questo punto arriva il momento di citare un argomento importante, tramite il quale la nostra testata, attraverso “il magnifico mondo dei social” che permette di sputare sentenze ai più senza nemmeno prendersi la briga di leggere gli articoli, si è trovata sotto un fuoco incrociato. L’importante è attaccare credendosi prima di tutto simpatici e magari anche competenti. Nel farlo basta prendere una frase tipo “Ferrari sa quello che fa” (riferita all’approccio verso Singapore) e poi decontestualizzarla. Ricamarci su, insomma. Tutto molto bello, come sempre. Anche questo andava detto.
A proposito di frasi, ecco quella di Vasseur che di fatto ribadisce ancora una volta quello da noi riportato e ampiamente deriso durante la scorsa settimana: “Abbiamo fatto uno step in avanti da Zandvoort. Le difficoltà patite in Olanda ci hanno dato la possibilità di capire molte più cose in merito all’atteggiamento della nostra vettura“. Tenendo presente quello evidenziato da Ferrari nei giorni scorsi, dal primo giro del venerdì sino all’ultimo in gara la domenica, nessuno può negare la bontà dell’approccio del team in questo weekend.
In ultima istanza una considerazione sul prossimo futuro. Il terzo atto di questo triple header prenderà corpo in Giappone tra qualche giorno. La pista ancora una volta sarà l’unico giudice supremo. Il layout nipponico prevede diverse curve ad alta velocità di percorrenza, tasto dolente della SF-23. Sarà proprio questa l’ulteriore prova del nove per la Ferrari. Un campo minato che i tecnici di Maranello, dati alla mano, pensano di poter percorrere senza saltare per aria.
Chi ha giustamente allenato il muscolo dello stupore in seguito alle gesta asiatiche della rossa torni con i piedi per terra però. Sukuza sarà un’altra storia. Sebbene il team sia convinto di poter ottimizzare nuovamente la monoposto come successo tra Monza e Singapore, è altrettanto consapevole che il valore attuale dell’auto in merito alle caratteristiche del tracciato non troverà lo stesso “match” raggiunto a Marina Bay.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari