Avviso per i miei “fedeli 25 lettori”: parlando di Ferrari e F1 non ho molta ironia da regalare oggi. Lo ammetto candidamente. E non mi accodo ai tanti, forse troppi, tifosi gaudenti per il piccino trofeo a metà fra serpenti e tubi di scappamento. Siamo rinchiusi nel nostro piccolo orticello che al massimo ci concede un gradino sotto i grandi. C’è chi si contenta. Non dico che sia sbagliato. Solo che io non vi appartengo. E non mi accontento mai.
Certo, si è fatto quasi tutto quel che si poteva fare, nel senso che io ho qualche riserva sulla condotta di gare dei nostri due alfieri per buona parte dei 51 giri, ma alla fine dei conti poco sarebbe cambiato. No, non riesco ad essere ironico. Mi spiace. Nel 1993, sembra passato un secolo, ho assistito al mio primo Gran Premio dal vivo. A Monza.
Con la tremenda e mostruosa (nel senso deteriore del termine) F93A Jean Alesi riuscì ad arrivare secondo. Vinse Hill sull’astronave Williams dalle sospensioni attive mentre Prost, che alla fine della stagione si sarebbe laureato quadri campione del mondo, fu appiedato dal motore Renault a pochi giri dal termine della corsa; se non ricordo male cinque. Sapevamo tutti che non c’era storia. E il secondo posto fu un regalo della dea bendata cui fummo assai grati.
Oggi, 30 anni dopo, siamo punto a capo. Una monoposto disgraziata, figlia degenere della F1-75, che non riesce a stare letteralmente in pista, che sovrasterza e sottosterza a sentimento (grazie Binotto), qualche pole position in più rispetto al 1993 ce l’ha regalata (ci vuole poco, Berger e Alesi non segnarono mai una pole e probabilmente neanche un giro veloce). Ma poco altro. Polvere di mediocrità, insomma.
E come trent’anni fa nulla da fare con la supersonica e indistruttibile (questa dote in particolare della Red Bull) dominatrice. Il terzo e il quarto posto, e la lotta per il gradino più basso del podio, lungi dal rallegrami, mi hanno ulteriormente reso acre l’umore. Aegritudo, avrebbe detto il Petrarca. Questi siamo.
Oggi, a bocce ferme, penso semplicemente che la F1 e la Ferrari siano sì spesso sinonimi, ma non certo nel senso della vittoria. Il Cavallino Rampante c’è sempre stato, fa parte delle gare a ruote scoperte sin dagli albori, ma non siamo i più bravi. Non lo siamo stati in passato (a meno che non si vada nell’età mitica degli avi) e non lo siamo nemmeno oggi. E difficilmente lo saremo nel futuro più immediato.
Bisogna farsene una ragione, anche se io non ci riesco e come me, suppongo, tantissimi tifosi. Dalla fine degli anni settanta la Ferrari ha avuto lunghi periodi di digiuno (in realtà uno anche a metà anni Sessanta). Se ci pensiamo bene anche i 5 anni d’oro di Schumacher, ne abbiamo già parlato, furono un trapianto di uomini Benetton con al comando un francese. Della realtà italiana restavano i propulsori.
Ogni qualvolta la Ferrari, negli ultimi 40 anni, ha varato l’autarchia, i risultati sono stati quelli che sono stati. Cioè abbastanza deludenti e comunque mai tali da parlare di dominio. Poi ci potremmo arrovellare sul perché gli italiani non siano bravi come gli inglesi nell’aerodinamica e nella telaistica. Non si tratta di capacità, ci mancherebbe, ma forse si tratta proprio di mancanza di cultura tecnica specifica in quella nicchia che è la velocità a ruote scoperte. Discorso lungo e forse un poco stucchevole.
Oggi non abbiamo neanche un problema di strutture, chi è più addentro di noi alle segrete stanze di Maranello ci assicura che siamo al livello dei top team. Quello che manca è chi deve far funzionare quegli strumenti per massimizzare i risultati. In Ferrari c’è anche un altro handicap. La politica. Cioè la mancanza di una vera leadership. Ieri ho visto Lapo Elkann, fratello del presidente John, e Vigna dietro di lui. Mi è sembrato che la Ferrari, intesa come struttura sportiva, fosse distante sideralmente dall’attuale consiglio di amministrazione.
Una distanza incolmabile. Gli uni parlano di cavalli e motori, gli altri parlano di utili (e i fatti danno ragione a questi ultimi, se pensiamo solo al denaro). Poi, tornando sempre ai box inquadrati dalle telecamere a Monza, una marea di vip: attori, influencer (de che?), cantati, famosi/e perché famosi/e, “nani e ballerine” etc etc. Perché ormai la Ferrari è sempre più moda e lusso. Ma la moda e il lusso sono il regno dell’effimero. Una cosa distantissima da motori, olio, benzina, gomme e via discorrendo.
Anche in passato succedeva di vedere “starlette” e simili. Ma quelli erano il contorno, non i primi piatti. Talvolta, essendo amante della fantascienza immagino che forse, in futuro, Ferrari non gareggerà più. Potrebbero ad esempio vivere di rendita. E immagino che però calcheranno le passerelle di Parigi, Milano e via discorrendo. Magari è solo la delusione figlia di una stagione terribile e di un dominio di piombo. Eppure, dopo 30 anni, siamo di nuovo qui. E di certo il tutto non è affatto bello.
Sainz. Voto: 6. Fine settimana solido dell’iberico, con il giusto assetto sin dal venerdì. L’errore in gara sarebbe arrivato correndo impiccati per oltre 50 giri. Max Verstappen stava semplicemente giocando al gatto con il topo.
Tentato furto dell’orologio di Sainz. Voto: spiace, vi è andata male.
Vasseur. Voto: goliardia. Una cosa è certa, il valvassore francese ama fare gli scherzi. In particolare ai suoi due piloti.
Leclerc. Voto: 5. Primo vero week end (da lungo tempo e che io ricordi) in cui Charles non ci si trova quasi mai. Anche in gara, domenica, non è mai stato capace di fare qualcosa alla Leclerc. C’è da capirlo. Questa monoposto è quella che è…
Red Bull. Voto: non ho voglia di commentare. Tanto scriverei sempre le stesse cose. Fanno un altro sport.
Perez. Voto: 6 1/2. Ma dove è finito l’adorabile pasticcione che tanto ci ha fatto divertire negli ultimi mesi?
McLaren. Voto: poco o niente
Mercedes. Voto: idem come sopra.
L’innominabile Binotto. Voto: domandina.
Se fossi stato lì nel paddock, lo avrei tampinato per fargli una sola domanda: “Come mai avete fatto un simile obbrobrio?”
Nella testa di Domenicali. Voto: Ah! Se potessi carpire i suoi pensieri…
Nonostante le dichiarazioni di facciata il ragioniere che è in Domenicali sta facendo i calcoli. E sa benissimo che questo dominio non fa bene alle vendite…
Nuova direttiva tecnica sulla flessibilità delle ali. Voto: Pessimi.
Foss’anche una direttiva tecnica che avvantaggiasse Ferrari (caso ai limiti dell’impossibile) non lo troverei giusto. Né eticamente, né sportivamente. Al limite la nuova norma la fai entrare in vigore nel prossimo campionato. Unica eccezione ovviamente la sicurezza (il mal di schiena di sua maestà re Lewis settimo?).
Che poi, è il segreto di Pulcinella che lo fanno per cercare di limitare lo strapotere dei più forti. Una sorta di BOP mascherato. Solo che un conto sono i desideri, un altro gli esiti (vedere l’anno scorso). Ma in FIA non imparano mai. Sono come l’orchestrina che suonava sul Titanic mentre il bestione si inabissava nelle glaciali profondità marine…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari