Tranne in rare situazioni le cose non mutano mai a caso. Ferrari lo ha capito sulla propria pelle in questa annata di “passione negativa” che di fatto avvolge la scuderia. Non poteva essere altrimenti quando la confusione regna. Una condizione limitante ereditata dal mandato Binotto, dove un sacco di cose sono state fatte e dette tranne quelle giuste. Su queste pagine si è parlato all’infinito di quello che doveva essere e non è stato. Ma soprattutto, durante gli ultimi mesi, abbiamo disquisito sul futuro a breve e lungo termine del team.
Per questo non ripeteremo la solita litania legata al tempo (tanto) necessario per tornare in carreggiata. Vasseur ci sta lavorando a stretto contatto di gomito con la dirigenza. Quest’ultima a volte sembra un corpo estraneo. Tutto vero. Come per esempio giusto ieri, quando John Elkann e Benedetto Vigna vagavano all’interno del Circus quasi spaesati. Parevano più interessanti all’evento in se. Ma naturalmente siamo solo nel campo delle congetture.
L’eforato di Maranello al gran completo non è bello da vedere nemmeno tra le mure amiche. Sia che di sguardi si parli o di semplice abbigliamento, sempre stravagante se ci riferiamo all’imprenditore newyorkese di nascita, designato dal nonno Gianni Agnelli come erede delle sorti Ferrari. Ma quello che conta riguarda a chi realmente importa la rossa, che sia per soldi o per gloria.
Parliamo del manager di Draveil che sebbene non possa essere annoverato tra i fenomeni di questa F1, sta profondendo un impegno iperuranico per risollevare le sorti della scuderia italiana. Questo andava detto e non c’è nulla di diverso da aggiungere. Per il resto, ricollegandosi all’incipit dell’articolo, qualcosa è cambiato o per lo meno lo sta facendo. Non ci riferiamo a quello che verrà ma al mero presente. Fatto di pezzi meccanici, olio, elettronica, aerodinamica, gomme e rumore. Tutto quello che succede in pista, insomma.
Appena accennato l’argomento nelle consuete le analisi on board, cercheremo in questo scritto di approfondire la tematiche. Partiamo da un fatto: tutti quanti, anche chi assapora la massima categoria del motorsport solo a tratti, ha notato l’impostazione Ferrari in questo ultimo weekend. Il team si è presentato venerdì mattina con le idee alquanto chiare. Lo ha fatto grazie al lavoro svolto in avvicinamento al Gran Premio. Tanta riflessione con l’aiuto del simulatore che in sostanza ha saputo anticipare i “segreti” di Monza.
Una SF-23 che dopo 4 curve si sentiva già molto comoda nel parco brianzolo. Non era perfetta ma lo è quasi diventata in seguito ai test svolti durante le libere. In questo va dato merito ai tecnici, capaci di trovare una messa a punto di base in grado di riprodurre con effettività lo scenario ipotizzato a monte. L’accaduto è passato un po’ in sordina, etichettato come normale operazione che una squadra di F1 dovrebbe essere più o meno capace di proporre sempre.
E in effetti è proprio così. D’altra parte i mezzi non mancano e sebbene il personale all’interno della gestione sportiva non sia al completo, chi abita la fila dei lavoratori Ferrari sa difendersi eccome. Tuttavia, quando per diverse ragioni l’azione suddetta non si verifica mai o quasi, è chiaro che la problematica esistente andava risolta. Proprio su questo punto fa leva il pezzo odierno.
Secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, Zandvoort non è stata archiviata come “solo fallimento sportivo”. Il fine settimana olandese è stato pessimo. Siamo D’accordo. Deludente sotto ogni punto di vista. Ma il disagio morale provocato da un risultato non in linea con speranze e aspettative ha dato vita a qualcosa di interessante: l’equazione che regola gli equilibri del progetto 675 pare abbia trovato diverse risoluzioni.
Questo non significa che d’ora in poi la rossa sarà un libro aperto per gli ingegneri del Cavallino Rampante e le difficoltà nel far rendere al meglio la vettura modenese non sono scomparse. Quello che è cambiato è il numero di “strumenti concettuali” capaci di risolvere quest’equazione assai complicata. Aumentando gli “attrezzi cognitivi”, di riflesso la percentuale di successo che mira a centrare il setup e valorizzare la SF-23 implementa le sue forze.
A livello mediatico l’argomento è stato solo sfiorato dal team principal della Ferrari: “Abbiamo compreso maggiormente le cose dopo Zandvoort e pensiamo di poter fare un passo avanti anche in altri tipi di piste“. Il messaggio abbozzato attende conferme come è giusto che sia. Ma da quello che ci è stato riferito vige un discreto ottimismo in tal senso. Per essere quanto più spicci possibili, Ferrari pensa di aver capito come “domare” la propria vettura, conferendogli la capacità di rendere sempre al massimo delle sue possibilità su ogni tipologia di circuito.
Se confermato dai fatti il passo avanti farebbe tanta differenza. Sia beninteso: “lo step conoscitivo” non farà andare la rossa più forte di Red Bull. Semplicemente, come detto, darebbe la possibilità ai piloti di accedere alla massima prestazione della monoposto anche nelle piste meno congeniali. L’occasione per verificare quanto dedotto dai calcoli Ferrari (corroborati a Monza) arriverà tra meno di due settimane, nella splendida città stato di Singapore.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari