190 Hamilton, 115 Russell. Così recita la classifica piloti nel clan Mercedes dopo sedici gare. Lewis, sempre più saldamente al terzo posto grazie alle difficoltà della Aston Martin che hanno bloccato lo slancio di Fernando Alonso, intravede addirittura la clamorosa possibilità di agguantare la seconda piazzola iridata in considerazione dell’ennesimo weekend horror di Sergio Perez che è sempre più marginalizzato in un team che, a giusta causa, ruota tutto intorno a Max Verstappen.
George, dopo l’errore fatale di Marina Bay, resta invischiato in una ragnatela rappresentata da una strategia che nessuno riteneva valida e che è stata usata solo per provare a tirare fuori il coniglio dal cilindro. L’animale è rimasto ben nascosto nel cappello del mago e il pilota di King’s Lynn si è visto piombare addosso Lando Norris che l’ha agguantato in classifica relegandolo all’ottava posizione determinata da un minor numero di podi.
In Mercedes, durante i 53 giri del Gran Premio del Giappone, più di una cosa non ha funzionato. Da un punto di vista tecnico si attestano difficoltà ormai ataviche che vengono acuite dal ritorno della Ferrari, mediamente più solida nelle uscite post agostane, e della McLaren che, a parità di propulsore, beffa delle beffe, è ormai stabilmente davanti alle W14 che dopo la rivoluzione concettuale di Montecarlo non è che abbiano fatto questi clamorosi passi in avanti.
A Brackley hanno un solo obiettivo nelle prossime sei gare: provare a rintuzzare gli attacchi di Leclerc e Sainz per mantenere la seconda posizione in classifica. Il margine si riduce di gara in gara. Ora sono 20 i punti di vantaggio e tra due settimana il Circus sarà di scena in Qatar dove si disputerà il quarto weekend sprint dell’anno che potrebbe far erodere ulteriormente il risicato margine sulle vetture italiane.
Mercedes non aggiornerà la sua vettura e la cosa potrebbe essere un problema molto serio nel contenere il ritorno dell’onda rossa. Ma un’altra potenziale difficoltà si profila all’orizzonte ed è quella che riporta al rapporto tra Hamilton e Russell che non si sono risparmiati in pista. Il primo episodio è quello del giro 5, al rientro della vettura di sicurezza . Russell s’incolla al compagno di squadra e lo infila all’ultima chicane. Lewis non molla e, all’alba del sesto passaggio, a Curva 1, risponde pan per focaccia e si riprende la posizione accumulando un piccolo margine di sicurezza.
L’altro incrocio, stavolta più duro, arriva al giro 16, quando Hamilton esce largo in curva 9 perdendo un paio di secondi. George gli piomba addosso e, alla Spoon, cerca il passaggio all’esterno. La n°44 tiene duro e forza fuori la 63. Ci sarà anche un’investigazione immediatamente derubricata a fatto di pista, ma la reazione di Russell è piccata poiché non s’aspettava un trattamento così duro da parte del collega.
L’ultimo episodio è quello del finale di gara in cui il muretto chiede a George di lasciar passare Hamilton per non perdere entrambe le posizioni nei confronti dell’accorrente Sainz. Russell accetta ma chiede di essere protetto da compagno di squadra con la possibilità di tenere l’ala mobile aperta. Lewis viene avvisato ma non ci prova nemmeno, ben conscio che su una pista del genere la tattica adottata da Sainz a Marina Bay sarebbe stata nociva. Risultato? Hamilton tiene sullo spagnolo della Ferrari, Russell cede il passo.
Dopo la gara ci sono due immagini che descrivono un momento particolare tra i due e nel quale le tensioni emergono abbastanza chiare. La prima è quella riportata nella foto in basso che mostra un Russell che ignora il compagno di squadra alla fine delle operazioni. L’altra riconduce all’incrocio degli sguardi tra i due alfieri Mercedes quando George va a salutare i membri dello staff tecnico. La freddezza si percepiva in maniera evidente.
Lungi da noi voler creare un caso dal nulla, ma è chiaro che Lewis, stavolta, sia apparso molto meno concessivo in pista mostrandosi più duro che in altre situazioni analoghe. Un piccolo segnale al quale hanno fatto da corredo le dichiarazioni rilasciate in mixed zone e che riportiamo qua di seguito:
“Non è stato uno scenario perfetto per il team. In quella situazione dovevamo cambiare le posizioni, siamo una squadra e per battere le Ferrari dovevamo farlo. Non m’interessa la mia posizione in campionato, George è nettamente indietro rispetto a me, non siamo in lotta per il mondiale e non fa una grossa differenza la posizione in pista. Quello che la fa è la posizione del team rispetto alla Ferrari“.
Parole dirette, chiare, ficcanti alle quali Lewis ha aggiunto precisazioni ancor più emblematiche: “Avevamo delle strategie diverse ed ero più veloce di George. Se non ci fosse stata la Ferrari con noi non sarebbe stato necessario cambiare le posizioni, però c’era Sainz che mi stava riprendendo con gomme più fresche e ha ripreso anche George. Dovevamo lavorare insieme per mantenere entrambe le posizioni su Carlos, o almeno per far sì che uno di noi stesse davanti, che è comunque meglio di perdere entrambi la posizione“.
George non ha replicato a caldo ma chi l’ha visto aggirarsi nel paddock ha riferito di un pilota che ha impiegato qualche minuto prima di confrontarsi col collega a seguito da una gara in cui si è sentito vittima sacrificale in nome di una ragione di stato che non ha ben compreso.
Ciò che è stato su riportato è la fotografia di un momento. Non c’è una frattura sistemica, ma già a Marina Bay, Lewis, pur non avendolo apertamente affermato, riteneva di dover essere favorito dal team in virtù di un passo gara nettamente più solido. Come detto, in Giappone non c’era Toto Wolff che spesso è intervenuto direttamente per dirimere questioni che da delicate rischiano di trasformarsi in roventi. Forse la sua assenza ha fatto sì che i conducenti si trasformassero in galli da combattimento che hanno rischiato di fare la frittata.
A questo punto della stagione serve tutta l’ars diplomatica del manager viennese che deve rendere noti ai piloti gli obiettivi e le strategie per raggiungerli, chiedendo sacrifici ove necessari e soprattutto ottenendo collaborazione e non musi lunghi. Mercedes adotta uno schema a due punte che prevede libertà di duello finché questo non arreca danni al team e finché non c’è una classifica che definisce chiaramente le gerarchie. Cosa che oggi si è delineata in virtù dei 75 punti di gap che sono un solco probabilmente incolmabile da parte di Russell vista la caratura tecnica della W14.
Wolff deve fare da pompiere per evitare che tensioni striscianti deflagrino l’anno prossimo quando il team è chiamato ad uno sforzo tecnico e sportivo sovrumano per provare a recuperare terreno su una Red Bull che ieri, in maniera perentoria, ha dimostrato di possedere un vantaggio ancora siderale su tutta la concorrenza.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1TV, Mercedes AMG