Formula 1

Red Bull: Verstappen abilissimo a indirizzare la direzione tecnica del weekend

Quando si è in presenza di una supremazia così schiacciante come quella imposta da Max Verstappen e dalla Red Bull ci si interroga sempre su chi pesi di più nel pacchetto pilota – auto. Non esiste una formula matematica né un procedimento scientifico per risolvere l’enigma – perché di tale si tratta – che tanto appassiona i tifosi. Fatto sta che certe alchimie non si creano per caso e che difficilmente si replicano cambiando qualche piccolissimo fattore nell’equazione.

Di sicuro, negli ultimi due anni, a Milton Keynes hanno fatto di tutto per mettere l’olandese nelle condizioni di fare bene. E non solo creando un ambiente in cui potesse esprimersi al meglio da un punto di vista mentale, ma anche e soprattutto indirizzando gli sviluppi della vettura sulle sue caratteristiche rendendo l’avantreno solido come un pilastro di cemento armato e il retrotreno capace di saldarsi e funzionare in simbiosi come una trave portante collegata al suddetto manufatto.  

Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing), vincitore del Gp del Giappone 2023

Red Bull: mettere Verstappen al centro del villaggio è stata la mossa vincente

Sarebbe superfluo stare qua a ripescare le tante interviste dei tecnici di rilievo della scuderia austriaca, da Adrian Newey a Paul Monaghan passando per Pierre Waché, in cui si affermava che portare prima la RB18 e poi la RB19 nella direzione di Max era la migliore soluzione per favorire le performance.  

La politica è chiara: rendere Verstappen il pivot intorno al quale ruotano gli ingranaggi tecnici e sportivi della franchigia austriaca che ha pagato a suon di vittorie, record e titoli. L’ultimo, in ordine cronologico, è quello arrivato a Suzuka. Il prossimo sarà quello che giungerà in Qatar (sono solo tre i punti che servono all’olandese per incastonare il terzo diamante nella corona, ndr) e che certifica la grandezza di una cavalcata epica che ha avuto in Marina Bay l’unica, ancora misteriosa, battuta d’arresto. 

Secondo Max, e non facciamo fatica a credergli, i conseguimenti  ottenuti in questa stagione sono più soddisfacenti di quelli raggiunti dodici mesi fa: “La macchina è stata più dominante quest’anno, a parte Singapore, ma in tutte le gare abbiamo avuto una macchina molto, molto buona. È una stagione incredibile per tutte le persone coinvolte all’interno del team”.

Sono molto orgoglioso di farne parte, ma anche molto orgoglioso di lavorare con tutte queste persone straordinarie qui in pista, ma anche soprattutto in fabbrica e che fanno un sacco di duro lavoro per assicurarsi che le nostre auto siano sempre nella migliore forma, che vengano sviluppate durante tutto l’anno e che siano preparate al meglio per l’anno successivo“.

Max Verstappen e Chris Horner, i protagonisti del sesto titolo costruttori della Red Bull

Parole da leader che non intende rubare la scene e che rende merito a chi, più o meno nell’ombra, lavora per impostare quel fertile substrato nel quale far germogliare i fiori della vittoria. Max è parte attiva e fondamentale di questa filiera, ma non è l’unico anello. Red Bull è un mix equilibrato di competenze che si realizzano in ogni settore. Solo così è possibile imporsi a colossi dell’automobile come Ferrari, Mercedes, Renault e a tutti gli altri costruttori che presenziano nella massima serie del motorsport. 

Il pilota di Hasselt, a causa di una mai appagata fame sportiva, spesso si pone come un soggetto che sembra non lavorare per il gruppo. Alcuni suoi team radio emergono tratti che non ne descrivono le vere caratteristiche. A Singapore, ad esempio, lo abbiamo sovente sentito aprirsi in radio con Gianpiero Lambiase lamentandosi duramente e invocando soluzioni che non sono arrivate. Atteggiamenti che nelle opportune sedi Max modifica ponendosi come soggetto altamente collaborativo e orientato alla soluzione delle problematiche.

Lo ha confermato Chris Horner al termine del Gp del Giappone: “Max è stato molto chiaro nel fine settimana di Singapore. È stato molto costruttivo nel debriefing così come in tutta la settimana. Ha sfogato la frustrazione sul campo da padel con gli ingegneri e ha anche battuto Gianpiero Lambiase, cosa che ha aggiunto altro pepe alla situazione”.

Singapore ci ha ricordato quanto fa male perdere e se non provi dolore di fronte a una sconfitta allora significa che hai sbagliato mestiere. La Ferrari ha fatto un ottimo lavoro e Carlos Sainz in particolare ha condotto una gara in maniera molto intelligente meritando la vittoria”, ha così chiosato il manager di Leamington Spa che non ha fatto mistero di dover gestire un uomo sicuramente irascibile ma capace di essere un team leader quando serve. 

Sergio Perez a colloquio con Chris Horner e Helmut Marko – Oracle Red Bull Racing

Doti, queste, che forse mancano a Sergio Perez che non è riuscito, né in pista né col carattere, a ribaltare una situazione che si è fatta sempre più difficile in seno alla squadra. In una recente intervista, suo padre, presenza quasi fissa nei paddock della F1, ha sottolineato come siano esigui i margini di manovra per il figlio:

Checo è secondo e questa è esattamente la posizione per cui è stato assunto in Red Bull. C’è solo un posto per un campione del mondo. Tutto è costruito intorno a Max, Sergio deve rispettarlo. L’auto è fatta su misura per Max a cui piace molto il grip nella parte anteriore della vettura. Checo preferisce l’aderenza dietro, ma deve guidare una macchina fatta su misura per Max“.

Lucida e fredda fotografia della situazione. Verrebbe da chiedere e da chiedersi perché, rebus sic stantibus, il messicano abbia accettato questa condizione per poi, di tanto in tanto, dolersene pubblicamente anche a mezzo dei suoi più cari affetti.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Oracle Red Bull Racing

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Diego Catalano