Il Gran Premio del Qatar ha rappresentato, da un punto di vista decisionale, il momento più basso della stagione di F1 2023. Tutto quello che poteva andare male è appunto andato storto. Che non fosse il weekend perfetto lo si era compreso sin dall’unica sessione di prove libere in cui la grande protagonista è stata la sabbia che ha reso il lavoro quasi inutili vista la scarsità di dati accumulati dai team.
La sabbia, metaforicamente, aveva coperto altre e ancora più serie problematiche. Dopo le qualifiche di venerdì è esplosa la grana dei cordoli piramidali che hanno imposto un cambio volante al disegno della parte esterna delle curve 12 e 13, quelle che generavano quelle vibrazioni che rischiavano di danneggiare fatalmente le coperture Pirelli.
Da qui una corsa ai ripari che ha imposto a squadre e piloti, in maniera tardiva visto che la prescrizione è arrivata cinque ore prima dello start, l’obbligo delle tre soste a i box per limitare la vita dei treni di gomme. Cosa tra l’altro fatta con un calcolo cervellotico che coinvolgeva anche i set usati.
Gli appassionati si sono ritrovati quindi a fare i ragionieri e ad interpretare fasi di gara che si sviluppano in virtù di una sorta di countdown che aveva la severità della spada di Damocle. La FIA ha argomentato la sua scelta incatenandola nei crismi della sicurezza.
Cosa lecita, ma tardiva. Certe analisi andavano fatte a monte ed è assurdo constatare che i sopralluoghi di routine effettuati sul tracciato qatariota non abbiano sollevato alcun dubbio preventivo né tra i delegati federali né tra gli uomini della Pirelli che da questa vicenda non ne esce proprio benissimo.
“La FIA dovrebbe guardare la pista prima di mandarci qui, perché cambiare il circuito all’ultimo minuto non credo sia corretto. Trovare delle regole all’ultimo minuto non lo ritengo giusto”. Questo il commento di Sergio Perez preso a caso tra i tanti dei colleghi che sono perfettamente sovrapponibili.
La direzione gara ha cercato di mettere una toppa che non ha del tutto coperto il buco che è sembrato una voragine senza un fondo visibile. La decisione è giunta ovviamente dopo aver analizzato i dati e aver sentito il parere di chi le gomme le produce e le fornisce. Normalissima dinamica. Ma all’appello è mancato chi si cala fisicamente nell’abitacolo. I piloti, insomma, sono stati ancora una volta trattati come un ingranaggio non centrale in un meccanismo che invece li dovrebbe considerare il fulcro operativo.
Perché succede questo? La Gran Prix Driver Association, negli ultimi anni, non sembra essere stato un ente molto coinvolto nella parabola decisionale della Formula Uno. A volte c’è stata la sensazione che i piloti, pur essendo i protagonisti indiscussi del Circus, abbiano in qualche misura subito le decisioni dei plenipotenziari senza essere attivamente chiamati in causa. E quando la cosa è avvenuta – purtroppo sporadicamente – il loro ruolo non è stato decisivo.
Questa dinamica riconduce ad una debolezza che si sta facendo atavica per quel che concerne la GPDA il cui lavoro è spesso imperscrutabile. L’immagine che si fa largo è quella di un gruppo che non riesce a far pressione nonostante, potenzialmente, abbia un potere enorme e che si attiva quasi sempre dopo il verificarsi di una problematica e mai prima. I piloti hanno la forza di determinare lo svolgimento delle gare ma, rispetto al passato, hanno le mani legate da contratti e sponsorizzazioni che pretendono l’azione a tutti i costi. E questo limita la loro facoltà di incidere.
In presenza di un tracciato riasfaltato e modificato nei cordoli sarebbe forse stato opportuno mandare un rappresentante della GPDA, magari proprio il capo Alexander Wurz, a presenziare in modo da sollevare le prime eccezioni sulle quali Pirelli e FIA avrebbero potuto lavorare in simbiosi con gli organizzatori. Tutto ciò non è avvenuto nella circostanza qatariota e non avviene come prassi che invece bisognerebbe codificare. Questo modo di procedere offre adito ai decisori di andare avanti per la propria strada marginalizzando sempre più il ruolo di chi il volante ce l’ha fisicamente tra le mani.
Questo episodio, insieme a tanti altri di un passato più o meno recente, dovrebbero essere un monito per i 20 protagonisti e dovrebbe tracciare una solida strada per il futuro: la F1 non può stabilire determinati paletti senza avere l’avallo della GPDA. Che, altrimenti, rischia di essere un ente ridondante, di facciata.
La FIA non può pensare di prendere decisioni così delicate in contumacia e Liberty Media non dovrebbe fare da spettatore o da solo garante del rispetto dei contratti commerciali stipulati con le tv e gli organizzatori degli eventi. E’ giunto il tempo della coralità, non si può più attendere. E non si può permettere che i piloti, come accaduto l’altro ieri, arrivino al traguardo esausti e stremati rischiando di mettere a repentaglio la propria incolumità.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Pirelli