Dalla sua introduzione in F1 la Sprint Race ha mostrato un incedere instabile. Il format è stato modificato nella sostanza con un sistema di punteggio più premiante e nel fatto che il vincitore non fosse più considerato il poleman. Quella era una vera e propria stortura logica che andava sanata. Cosa fatta da Liberty Media e FIA con sorprendente solerzia.
Ancora, dopo due anni di test, si è capito che la location è decisiva per far funzionare al meglio il tutto. Piste come Imola, strette e refrattarie ai sorpassi, sono state escluse dal meccanismo poiché, con soli 100 km a disposizione e senza poter cambiare gomme, le gare brevi erano diventate uno stucchevole trenino senza guizzi. Con i tifosi che avevano iniziato a lamentarsi e, peggio per chi detiene il pacchetto azionario del Circus, a disaffezionarsi.
Da queste valutazioni sono partite le correzioni. Necessarie ed efficaci. Si è così giunti a sei gare veloci l’anno che hanno riscosso un certo successo di pubblico ma che, in fondo, non hanno offerto i risultati sperati. Ai piloti il sistema non dispiace, o per lo meno questo sembra il feedback generale, ma inizia a crescere la fronda di chi vorrebbe modifiche al meccanismo del parco chiuso che produce effetti indesiderati come quelli osservati ad Austin.
La sprint è al terzo anno di vita e come tutte le cose relativamente giovani serve un arco temporale più ampio per delineare al meglio le cose. Diciamolo con franchezza: malgrado i buoni esiti la giornata sprint resta un oggetto sul quale c’è ancora tanto lavoro da fare. Benché nel 2021 la curiosità abbia generato un buon riscontro televisivo, la totalità di giudizio ancora non converge verso un netto sì.
Negli uffici di Englewood, sede di Liberty Media, lo sanno. I cervelloni si sono quindi messi a lavoro per dare un boost al meccanismo. Non c’è nulla di certo, per ora siamo alle parole sussurrate e agli spifferi che raccontano di una nuova rivoluzione che pare possa profilarsi all’orizzonte. Stavolta si tratta di roba grossa, materiale che scotta e che produrrà effetti certamente divisivi.
I vertici della categoria, quindi, stanno assimilando il fatto che l’attuale sistema non stia offrendo troppe emozioni. Allo studio ci sarebbero griglie invertite, soldi in palio e un titolo autonomo che si assegna solo con le gare veloci. Questo basta per fare accapponare la pelle ai tifosi meno avvezzi al cambiamento.
Il crollo nelle vendite dei biglietti del sabato del Gp degli USA ha innescato le riflessioni. Da qui la possibilità di introdurre correttivi. La Formula Uno vuole essere aggressiva nella revisione del meccanismo della sprint race, non si accontenta di palliativi o di limatine qua e là. La più clamorosa delle iniziative è quella che trasformerebbe il sabato in un campionato di F1 Sprint autonomo. Ogni punto ottenuto nel secondo giorno del weekend di gara non confluirebbe nella classifica generale ma in una specifica che assegnerebbe un titolo dedicato a fine anno.
Lo scopo di questo concetto è incoraggiare i piloti a spingere di più e soprattutto, guarda caso, a coinvolgere sponsor che dovrebbero offrire ai vincitori laute somme di denaro. Per rendere peculiare il sabato si sta lavorando alla griglia inversa decisa dall’ordine del campionato o in base a un formato di qualifica che incoraggi le squadre a lavorare senza fare calcoli né risparmiandosi.
Dietro questa rivoluzione non c’è solo Liberty Media, ci sarebbero anche alcuni team principal. Christian Horner ha parlato della necessità di aggiungere un po’ più di rischio: “Sia che tu faccia un reverse nella top 10 o qualcosa del genere, devi aggiungere abbastanza punti per far sì che per i piloti valga davvero la pena“.
Meno avvezzo al cambiamento è Toto Wolff che afferma che seguire la strada della griglia inversa non sia una cosa idonea per la classe regina dello motorismo a ruote scoperte. “Con le gare a griglia invertita rischiamo di andare verso le formule junior dove lo sport segue l’intrattenimento, mentre lo è spettacolo che dovrebbe seguire lo sport. Creare giochi artificiali intorno alla gara sprint di sabato non è il modo che personalmente preferirei. Ma questa è la mia opinione”.
Wolff, come accade nella vicenda Andretti, si è messo a capo del partito dei conservatori. Pur affermando di essere aperto alla “mutazione genetica”, la sua posizione resta piuttosto rigida. La cosa dipende essenzialmente da due fattori: il primo è che il business funziona col modello attuale che prevede le sprint limitate a sei eventi non troppo “fantasiosi” nel funzionamento. Il secondo riporta a modifiche necessarie che la F1, almeno per ora, non vuole affrontare.
Il riferimento è ancora una volta a quanto accaduto domenica scorsa. Il formato sprint toglie punti di riferimento ai team che debbono basare la definizione del setup sempre di più sulla sfera simulativa che si esegue in fabbrica. Per quanto gli strumenti siano sempre più precisi realistici ed affidabili, esistono elementi non del tutto prevedibili. Le squalifiche di Lewis Hamilton e Charles Leclerc confermano che una sola ora di prove libere è un quantitativo troppo esiguo per essere pienamente valido.
Se la F1, come pare, vorrà spingere sempre di più sul format sprint accompagnato da minicampionati e da inversioni forzate dei valori, è a maggior ragione necessario che il legislatore si assuma l’onere di rivedere le norme incatenanti sul Parco Chiuso; uno strumento che ha ragione di esistere in condizioni normali ma che risulta anacronistico in uno scenario mutato.
Basterebbe prevedere un diverso contesto operativo nei weekend sprint, magari dando la possibilità di “toccare” le vetture più volte nell’arco del fine settimana. Introdurre, insomma, strumenti necessari per superare difficoltà tecniche scaturenti dal limitato numero di minuti a disposizione. Ma la F1 è attualmente sorda a queste richieste. E forse al buon senso…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team, Oracle Red Bull Racing