Esiste un modo per trovare una sintesi non troppo penalizzante tra le esigenze di sicurezza e la ricerca spasmodica dello spettacolo? Rispondere al quesito è difficile. Lo è ancor di più se di mezzo c’è la F1, lo sport più complesso che ci sia. La settimana scorsa, durante il Gran Premio del Qatar, le questioni relative al benessere dei driver sono emerse in maniera dirompente.
Un conducente incastonato in un bolide da competizione che sfreccia ad oltre 300 km/h e si trova a dover affrontare spinte laterali che superano i 5 g deve essere messo nelle condizioni di potere operare al meglio, senza rischiare crolli fisici né appannamenti mentali. A Losail le temperature elevatissime hanno causato diversi problemi e le solite polemiche successive su ciò che si potrebbe fare e su quanto non è stato fatto.
Chi detiene il pacchetto azionario della categoria (Liberty Media Corporation) e deve far pressione su chi scrive le regole (la Federazione Internazionale dell’Automobile) ha schivato la questione ammantandoli di eroismo, come se i piloti fossero novelli cavalieri che devono superare perigli ancestrali.
“I piloti di Formula 1 sono sempre degli eroi, anche perché ce ne sono solamente venti al mondo. Le condizioni affrontate in Qatar sono state abbastanza estreme ed era parecchio tempo che non si assisteva a qualcosa del genere. Analizzeremo il tutto, ovviamente, ma il concetto di Formula 1 emerso a Losail, ovvero di uno sport dove si combatte fino alla fine per raggiungere il proprio obiettivo, è stato esaltante.
“Il Qatar ha messo in evidenza le qualità dei piloti, uomini capaci di dare il massimo anche in condizioni parecchio proibitive”. Questo il parere di Stefano Domenicali che da una situazione potenzialmente pericolosa ha cercato di trarne il meglio, quasi mitizzandola.
Ma è questo l’approccio corretto? Si può ridurre una questione così delicata a epica narrazione? A leggere le reazioni di Alexander Wurz a quanto successo domenica passata sembra proprio di no. “Ci sono stati diversi fattori che hanno contribuito e vanno compresi da tutti. Innanzitutto altre categorie hanno mostrato come il caldo sia un fattore limitante per i piloti. I sedili refrigeranti funzionano molto bene e non sono troppo difficili né da produrre né da installare. I team potrebbero già pensare a qualcosa del genere”.
“Serve poi un migliore isolamento e raffreddamento per le zone più calde della vettura, come le scatole elettriche o le linee idrauliche, spesso situate vicino al sedile. Forse è arrivato il tempo di considerare di definire un limite di calore sopportabile dai piloti”, ha proseguito l’ex Benetton.
Quello delle alte temperature è un tema che il legislatore ha sottovalutato negli anni pur lavorando in maniera seria alla sicurezza attiva. Le nuove tute introdotte dopo il grave incidente in cui fu coinvolto Romain Grosjean sono sul banco degli imputati secondo l’associazione che tutela i piloti: “Ti cuociono letteralmente – ha spiegato l’austriaco – Ne ho provata una recentemente e sono rimasto scioccato da quanto avevo caldo. Naturalmente questi materiali ignifughi sono stati scelti per un motivo e non sto suggerendo di tornare a standard più bassi, ma è uno dei fattori che contribuiscono”.
“Questo argomento dovrà essere approfondito per capire se devono intervenire solo i team o se è richiesta un’azione a livello regolamentare. Ragioniamo a mente fredda ed agiamo in modo sistematico”. La Gran Prix Driver Association, una volta tanto, dà dimostrazione di esistere e di essere presente a se stessa e alla F1.
In Qatar, oltre alla questione caldo, era esplosa la grana dei cordoli piramidali che avevano imposto un cambio volante al disegno della parte esterna delle curve 12 e 13, quelle che generavano le vibrazioni che rischiavano di danneggiare fatalmente le coperture Pirelli.
Da qui una corsa ai ripari che ha imposto a squadre e piloti, in maniera tardiva visto che la prescrizione è arrivata cinque ore prima dello start, l’obbligo delle tre soste a i box per limitare la vita dei treni di gomme. Cosa tra l’altro fatta con un calcolo cervellotico che investiva anche i set usati.
La direzione gara aveva cercato di mettere una toppa che non ha del tutto coperto il buco che è sembrato una voragine senza un fondo visibile. La decisione era giunta ovviamente dopo aver analizzato i dati e aver sentito il parere di chi le gomme le produce e le fornisce. Normalissima dinamica. Ma all’appello è mancato chi si cala fisicamente nell’abitacolo. I piloti, insomma, sono stati trattati come un ingranaggio non centrale in un meccanismo che invece li dovrebbe considerare il fulcro operativo.
A volte c’è stata la sensazione che i piloti, pur essendo i protagonisti indiscussi del Circus, abbiano in qualche misura subito le decisioni dei plenipotenziari senza essere attivamente chiamati in causa. E quando la cosa è avvenuta – purtroppo sporadicamente – il loro ruolo non è stato decisivo.
Questa dinamica riconduce ad una debolezza che si sta facendo atavica per quel che concerne la GPDA il cui lavoro è spesso imperscrutabile. L’immagine che si fa largo è quella di un gruppo che non riesce a far pressione nonostante, potenzialmente, abbia un potere enorme e che si attiva quasi sempre dopo il verificarsi di una problematica e mai prima. I piloti hanno la forza di determinare lo svolgimento delle gare ma, rispetto al passato, hanno le mani legate da contratti e sponsorizzazioni che pretendono l’azione a tutti i costi. E questo limita la loro facoltà di incidere.
La FIA non può pensare di prendere decisioni così delicate in contumacia e Liberty Media non dovrebbe fare da spettatore o da solo garante del rispetto dei contratti commerciali stipulati con le tv e gli organizzatori degli eventi.
E’ giunto il tempo della coralità, non si può più attendere. E non ci si può permettere che i piloti, come accaduto la settimana scorsa, arrivino al traguardo esausti e stremati rischiando di mettere a repentaglio la propria incolumità. Servono atti concreti che rimettano i driver al centro del processo decisionale. In questo la GPDA deve essere fondamentale. Saprà esserlo?
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, F1TV