Formula 1

Squalifica Ferrari/Mercedes: la F1 non sa adeguarsi ai suoi stessi cambiamenti

Dura lex sed lex. Se esiste una norma codificata in un testo scritto e questa non viene rispettata dai soggetti operanti in quel sistema è giusto che scatti la pena. La Ferrari di Charles Leclerc e la Mercedes di Lewis Hamilton non sono risultate conformi all’Articolo 3.5.9 comma E del regolamento tecnico della F1. La squalifica, dunque, è partita automatica e inappellabile.  

Entrambi i team, dopo le osservazioni di Jo Bauer, delegato tecnico della FIA, hanno inviato un rappresentante per parlare con i commissari provando a spiegare che l’elevata usura dei pattini antiscivolo è stata probabilmente il risultato della combinazione scaturente da una pista accidentata e del programma di gara sprint che ha ridotto al minimo il tempo per impostare e controllare la vettura prima della gara.

Giustificazioni comprensibili ma che non possono generare deroghe non previste dalle norme. I commissari, osservando che l’onere a carico del concorrente è garantire che l’auto sia sempre conforme ai regolamenti, non hanno potuto far altro che escludere le due vetture dall’ordine d’arrivo.

Secondo l’articolo sopra riportato lo spessore delle tavole posizionate sul fondo delle monoposto deve essere pari a 10 millimetri, con una tolleranza di 1 mm per la normale usura da sfregamento del componente durante la gara. Nel caso delle due vetture ispezionate, evidentemente, i controlli hanno riscontrato un valore superiore alla norma.

Charles Leclerc e Lewis Hamilton: entrami squalificati dal Gp degli USA per irregolarità tecnica

La legge è chiara ed è scritta in maniera puntuale. Nulla da contestare. Ma esiste il diritto di criticare un testo normativo che non sa adeguarsi ai cambiamenti che la F1 sta incontrando. Stamattina, navigando su Twitter, si sono osservati molti commenti puntualizzanti di chi faceva notare che la regola sull’usura dei pattini è vecchia come il mondo. Vero, ma questo mondo va cambiando. E il legislatore dovrebbe adeguarsi. Se volesse davvero farlo… 


F1: il Parco Chiuso è uno strumento incompatibile col format sprint

Le critiche, se costruttive, aiutano a migliorare certi contesti operativi. Indagare su sole quattro vetture su venti sembra essere una stortura. Le norme prevedono i controlli a campione, direte. Vero. Ma si potrebbe anche superare questo contesto poiché non è irrealistico immaginare che altre monoposto avessero il pattino oltremisura consumato al termine di 56 effettuati giri su un asfalto irregolare. La minestra che offre lo chef è questa. La mandiamo giù ma ci riserviamo il diritto, sacrosanto, di sottolineare che potrebbe essere più saporita. 

Le giustificazioni addotte da Mercedes e Ferrari non sono banali come potrebbero essere superficialmente derubricate. Il formato sprint toglie punti di riferimento ai team che debbono basare la definizione del setup sempre di più sulla sfera simulativa che si esegue in fabbrica. Per quanto gli strumenti siano sempre più precisi, realistici ed affidabili, esistono elementi non del tutto prevedibili. E la squalifica di Hamilton e Leclerc lo conferma. 

Se la F1, come pare, vorrà spingere sempre di più sul format sprint che negli anni potrebbe diventare lo standard logistico della categoria, è necessario che il legislatore si assuma l’onere di rivedere le norme incatenanti sul Parco Chiuso, uno strumento che ha ragione di esistere in condizioni normali ma che risulta anacronistico in uno scenario mutato. 

Jo Bauer – FIA

F1: la contraddizione del Parco Chiuso

Qualcuno ci accuserà di non voler accettare le decisioni dei commissari. Sbagliato! L’intento di questo scritto è quello di far emergere certe contraddizioni che stridono con uno sport iper tecnologico. Prendiamo ancora in esame quanto accaduto ieri in Texas. Quattro vetture sono partite dalla pit lane. Haas e Aston Martin, difatti, hanno scelto di cambiare il setup per i loro piloti prima della gara. 

Kevin Magnussen e Nico Hulkenberg si erano qualificati rispettivamente 14° e 16°, mentre Fernando Alonso e Lance Stroll sarebbero dovuti partire 17° e 19° a seguito di qualifiche condizionate da assetti ritenuti errati dagli ingegneri. Da qui la necessità di rimettere mano alle vetture infrangendo il regime di Parco Chiuso e andando incontro all’arretramento in griglia.

In una sola ora, tra l’altro condizionata da un pista spesso sporca, è difficile cavare un ragno dal buco trovando la quadratura del cerchio sia sul push lap che in condizioni da alto carico di carburante.

Fernando Alonso a bordo della Aston Martin AMR23 durante il Gran Premio del Giappone 2023

Basterebbe prevedere un diverso contesto operativo nei weekend sprint, magari dando la possibilità di “toccare” le vetture dopo il sabato. O magari si potrebbe aggiungere una mini sessione di una mezz’ora alla domenica mattina. Il vecchio e caro warm-up che oggi risulterebbe utilissimo per superare difficoltà tecniche scaturenti dal limitato numero di minuti a disposizione. 

Ma la F1 è sorda a queste richieste. E forse al buon senso. Addirittura sembra crogiolarsi in questa situazione che genera incertezza ed instabilità. Fattori che contribuiscono a tenere incollati i tifosi a diversi medium dai quali viene raccontato uno sport tanto dinamico quanto incatenato da regole cervellotiche e incapaci di seguire il cambiamento.  


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Aston Martin, FIA

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Diego Catalano