Ferrari ha un tifo. Probabilmente il più ampio nel mondo della F1. Basta osservare le tribune di tutti i circuiti, di qualsiasi paese, per capire che l’affermazione che apre l’articolo corrisponde a verità. Chiarito il punto dobbiamo altresì ricordare che i supporter, in quanto tali, specie i paganti, sia direttamente in pista o attraverso le televisioni, hanno diritto di esprimersi liberamente. Di applaudire e fischiare esattamente come a teatro. Sempre cercando di mantenere un certo contegno, sia chiaro.
Parliamo di un diritto che si possono arrogare anche i media, in questo caso nel “giudicare” le gesta di una scuderia. D’altronde scrivere e opinare riguardo le tematiche che emergono da un fine settimana di gara è più che normale. Così come lo è commentare le parole dei protagonisti. Quello che a volte stona, forse, è notare quando un pilota si esprime preoccupandosi di cosa la stampa scrive su di lui.
Sebbene sia normale difendersi quando quello che si legge non piace, è altrettanto vero che un personaggio pubblico dovrebbe essere abituato a questo tipo di cose e magari non farci caso troppo caso. Più che altro perchè rispondere a osservazioni più o meno credibili, può far pensare quanto il diretto interessato stia patendo questa particolare condizione.
Se la lettura di un articolo non ti tocca al massimo fai un sorriso e la mente, due secondi più tardi, sta già pensando ad altro. Ancora: la stampa non deve aiutare in nessun modo una squadra di F1. Non serve il supporto dei media. E a precisa domanda di un giornalista in merito a un tema ipotizzato e molto lontano dalla verità, sarebbe meglio glissare mostrando zero interesse verso una tematica pettegola che mira alla sola polemica.
Il pistolotto introduttivo non è altro che un ragionamento, giusto o sbagliato che sia, in merito alle parole di Carlos Sainz. Lo spagnolo ha voluto chiarire un tema. Sostine, l’iberico, che non esiste nessuna lotta interna tra lui e Charles. Se questo pensiero vaga libero la sola ed unica responsabile è la stampa. Infatti, sottolinea il madrileño, in ambedue i contratti dei ferraristi non esiste nessuna clausola riguardante il ruolo da primo pilota.
Partiamo con le congetture, campo delle ipotesi per intenderci: innanzi tutto ci resta difficile pensare che gli alfieri della rossa abbiano letto il contratto altrui. Quindi, sapere cosa c’è scritto nell’accordo del proprio compagno diventa un po’ difficile. D’altro canto, per quanto buono sia il rapporto tra i due, e possiamo confermare di prima mano che lo sia, determinate questioni resteranno sempre private. Non potrebbe essere altrimenti, soprattutto a questi livelli.
Secondo poi, che la Ferrari venga prima di tutto è vero ma solo in parte. Questo perchè durante un fine settimana, soprattutto in un campionato deficitario come l’attuale, non accade spesso che uno dei due piloti debba sacrificarsi per l’altro. Può succedere, è successo, ma resta un fatto di contorno. Chiedere a uno dei ferraristi di pregiudicare la propria corsa per favorire il raggiungimento del quinto posto, ad esempio, non ha poi molto senso. Specie se la quinta piazza è appetibile da ambedue.
Senza contare che, non lo diciamo noi ma praticamente tutti i grandi campioni di questo sport, uno dei primi obiettivi per un pilota è battere chi occupa l’altro lato del garage. Chi sa mettere dietro il suo compagno è come se “spiegasse” al team che lui ha meno colpe se i risultati sono scarsi, o semplicemente è più bravo se gli esiti sono soddisfacenti. Per di più, e non potrebbe essere altrimenti, la supremazia interna serve eccome.
Prendere costantemente la paga da chi guida la tua stessa macchina è particolarmente frustrante. Ti fa perdere lucidità. I nervi spesso si accalorano e probabilmente, in determinate occasioni, la ragione al volante viene meno. Quando al contrario il tuo “socio” non fa altro che rincorrerti, la certezza mette piede nel tuo io e la fiducia nei propri mezzi sarà senza dubbio più alta.
Sappiamo che in teoria non dovrebbe essere così. Sarebbe infatti più bello credere che ognuno pensi a dare il massimo indistintamente dai risultati altrui. O ancora meglio che esita un’unità assoluta di pensiero. Ma purtroppo la vita difficilmente funziona in questo modo. Anzi quasi mai. In particolar modo in un contesto dove la competitività fa da padrone come la F1, l’individualità difficilmente non fa presenza.
Autore: Athelstan De Angelis
Immagini: Scuderia Ferrari