Archiviare e ripartire. Questa maniera di procedere, usualmente, si cuce addosso a chi non riesce a trovare stabilità nel proprio incedere. La Ferrari, quando mancano quattro gare al termine del campionato del mondo 2023, deve superare ancora diversi problemi. Non si parla della sfera tecnica, a quell’ambito si sta lavorando avendo compreso che la SF-23 è caratterizzata da un concept incompatibile con la generazione di prestazioni solide.
A Maranello ci sono altre situazioni da normalizzare. Quando Frédéric Vasseur ha preso possesso dei suoi uffici, erano i primi di gennaio, ha messo mano ad una ristrutturazione che ha avuto pochi precedenti nella storia recente del Cavallino Rampante. Sin dai primi istanti, l’ex team principal della Sauber ha dovuto affrontare commiati autoimposti e riallocazioni necessarie. Prima gli addii di Gino Rosato e di Jonathan Giacobazzi e poi la rimodulazione dei ruoli operativi di Inaki Rueda spostato al remote garage di Maranello e sostituito da Ravin Jain al muretto.
Per non parlare del fulmine al ciel sereno rappresentato dal passaggio in McLaren di David Sanchez che probabilmente non è stato ben gestito nel timing. E il prosieguo della stagione rossa non ha fatto che confermarlo. Ma l’assestamento non si è fermato qui visto che, nel cuore dell’annata, Laurent Mekies ha salutato la ciurma e si è legato all’AlphaTauri. Il vuoto imposto dalla partenza del transalpino, che in Ferrari non ha lasciato il segno, è stato colmato da una risorse interna, quel Diego Ioverno che ricopre il ruolo di direttore sportivo.
Ferrari: Austin conferma che sulle strategie c’è molto da fare
I rimaneggiamenti di Vasseur non sono terminati visto che altre figure abbracceranno il rosso nei prossimi mesi. Ad osservare alcune dinamiche, si nota che certe pessime abitudini sono rimaste pressoché invariate. Il Gp di Austin lo conferma, ahinoi, a lettere chiare.
“Non possiamo nascondere che oggi l’unica sosta in gara sia stata una strategia sbagliata. Dobbiamo guardare i nostri numeri, perché quelli che avevamo davano le due strategie molto simili. Invece non è stato così perché ho fatto una gran fatica. “Se guardiamo il degrado della Hard è stato buono. Però la strategia a due soste era la migliore“. Queste le parole di Charles Leclerc che non ha voluto celare il disappunto per una tattica fallimentare che nessuno aveva contemplato. Ciò a conferma che i modelli predittivi di Maranello vanno migliorati al di là dell’uomo che guida il comparto strategico.
Frédéric Vasseur non ha cercato alibi e ha ammesso senza riserve che con la vettura n°16 è stato fatto un mezzo disastro in termini di scelte: “Di sicuro abbiamo rimpianti, quando parti in pole non puoi essere contento di un quarto e un sesto posto“, ha ammesso il team principal alla fine di 56 durissimi giri.
“Con Leclerc abbiamo perseguito la direzione di una sola sosta e non è stata la scelta giusta. Abbiamo rovinato la sua gara con la strategia. Abbiamo deciso tutto prima della gara, non abbiamo stabilito di fare una sosta sola all’improvviso. Probabilmente i numeri che avevamo non erano i migliori, perché tutti gli altri hanno deciso di fare due pit stop e noi non lo abbiamo fatto. Quindi dobbiamo migliorare su questo aspetto, sulle previsioni di gara“.
Vasseur, confermando che un po’ di confusione aleggia a Maranello, ha anche ammesso che l’opzione sosta singola si è rafforzata con lo svolgersi dell’evento. Quindi l’idea non era proprio definita del tutto a tavolino. Questo il passaggio emblematico: “Se consideriamo che eravamo tra una e due soste durante il primo stint è proprio lì che abbiamo sbagliato. Avremmo dovuto avere una strategia chiara e probabilmente eravamo indecisi tra l’una e l’altra e abbiamo fatto la scelta sbagliata“.
Il muretto Ferrari, dunque, continua ad essere l’anello debole del team e gli interventi fatti in inverno sul personale di riferimento non hanno invertito la rotta. Ravin Jain non ha impresso la svolta auspicata, quel che accadeva con Inaki Rueda si verifica tuttora. L’unica differenza – e questo alimenta le speranze – è che oggi non vi sono giustificazioni di sorta.
Né si accampano scuse lunari per coprire il malfatto. L’anno scorso, anche a fronte di scelte strategiche assai penalizzanti come accaduto a Monaco e a Silverstone (sempre ai danni di Leclerc che non è tanto fortunato quanto veloce), Mattia Binotto, forse con l’intento di proteggere i suoi, non fece mea culpa né ammise la topica.
Oggi Vasseur non ha problemi a presentarsi dinanzi a telecamere e microfoni parlando di errori e di necessità di sistemare una volta e per tutte certe cose. Si sarà pure parzialmente contraddetto nel racconto della definizione del piano tattico, ma di certo non si è nascosto dietro il proverbiale dito. Ammettere gli errori è il primo passo verso la redenzione e verso il superamento degli stessi.
Era chiaro che servisse del tempo quando il manager transalpino si è insediato. Ed è oggi evidente che altro ancora ne serva per imporre sistemi operativi efficaci. In Ferrari, in certi ruoli, servono regole e procedure e non uomini nuovi. Anche il più virtuoso degli strateghi fallirebbe con modelli previsionali fallaci. Su questo bisogna operare. Ed è ciò che si sta facendo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari