E’ tutta una questione di correlazione. In questo caso mancante. Il Gran Premio di Las Vegas rischia di minare la solidità del Gp di Monaco. Questa l’osservazione che giunge in dall’estero. Ci si potrebbe immaginare che il punto di vista è americano, ma non è così. I dubbi nascono dalla stampa specializzata inglese che in queste ore sta mettendo a paragone due modelli adottati dalla F1 che vengono considerati escludenti l’uno dell’altro. Il quesito è: perché ritenerli incapaci di coesistere nello stesso calendario?
A sentire i pareri dei protagonisti, anche di quelli che in prima battuta avevano lanciato fuoco e fiamme contro l’evento del Nevada, tutto sembra essersi sviluppato nel migliore dei modi. I trionfalismi ostinati servono sempre a celare qualcosa che non si è dimostrata perfetta. Quanto accaduto venerdì nelle prime libere, anche se gli attori hanno teso a minimizzare, è una macchia che resta sull’organizzazione, sulla FIA che doveva meglio controllare e su chi ha impiegato troppo tempo a incorniciare l’evento da luci e lustrini senza concentrarsi sull’essenza del motorsport: la pista e ciò che si verifica dentro.
Ancora, il circuito, pur essendo avvolto nella suggestiva location dei casinò è apparso piatto, senza anima. Nulla di straordinario. La sensazione generale, dopo qualche giorno in cui è stato possibile metabolizzare la mole di stimoli giunta dagli States è che, dopo aver pompato centinaia di milioni di dollari nell’evento, la F1 si sia ritrovata con una quantità piuttosto considerevole di problemi da affrontare. Non ultimo quello regolamentare che si riferisce al diritto di deroga che ad oggi è impossibile richiedere per fattispecie come quelle che hanno coinvolto Carlos Sainz.
Modifiche di vario genere saranno messe in cantiere per ottimizzare quel modello che sta esaltando molti e che, non si è capito per quale motivazione razionale, dovrebbe mettere in discussione una tappa storica come il Gran Premio di Monaco. Gli iper entusiasti sottolineano che Las Vegas sia stato e sia un catalizzatore di accordi commerciali e di investitori di alto livello; soggetti che progressivamente starebbero abbandonando Monaco.
Secondo la stampa d’oltremanica Monaco è un albero che sta si sta seccando, un sistema che anni fa era un fiore all’occhiello e che oggi versa in difficoltà che, ad essere onesti, è la stessa proprietà americana che sta acuendo eliminando lo status di pista privilegiata che Bernie Ecclestone le aveva concesso. Una vetrina sulla quale gli americani hanno abbassato parzialmente la serranda per spingere il loro modello autoctono.
La critica afferma che Monaco sia diventato un palcoscenico troppo stretto per la F1 moderna. E non solo per le auto cresciute in volume, ma anche per tutto quel contorno di eventi che Stefano Domenicali e i suoi impongono agli organizzatori. Secondo qualche osservatore l’evento del Principato in quanto tale, il suo fascino, la sua storia, non sarebbero argomentazioni sufficienti per garantire un posto in calendario, specie dopo aver visto Las Vegas in azione.
Qualche ardito commentatore arrivato a sostenere che oggi Las Vegas si è posta come la Monaco di qualche tempo fa in termini di iconicità e rappresentatività dell’intera Formula Uno. Una cosa che suona più o meno come una bestemmia in un luogo di culto.
Las Vegas ha abbagliato con le sue luci e ha gettato parecchio fumo negli occhi grazie ad un layout che ha sublimato il meccanismo del DRS. Quasi cento sono stati sorpassi in gara, il dato più elevato da sette anni a questa parte. Questa statistica, chiaramente, stride con le cifre che può produrre il tracciato rivierasco che, in linea generale, è quello che genera la quota più bassa di manovre di sopravanzamento.
Metterla su questo piano sembra essere un riduzionismo addirittura puerile, come se la F1 fosse solo sorpassi autostradali favoriti da un’ala che stalla meccanicamente. C’è il rischio che si arrivi alla deriva della standardizzazione. Una Formula Uno tutta show, profitto, poca anima e tracciati che iniziano pericolosamente a somigliarsi troppo l’uno all’altro.
Se chi racconta questo sport si appiattisce pedissequamente alle idee della proprietà, verrà a mancare del tutto il senso critico che sarà la base dell’imposizione di un unico modello che cozza con l’idea di avere piste che offrono sfide tecniche e di pilotaggio diverse. Con 24 gare in elenco, Las Vegas può e deve coesistere con Monaco, con Suzuka, con Spa Francorchamps, con Monza e chi più ne ha più ne metta. La F1 sia un inno alla variabilità, non un ode al piattume patinato.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG F1 Team