Agli inizi di ottobre era arrivata l’ufficialità che decretava il prolungamento del rapporto tra la Pirelli e la F1. Il costruttore milanese andava ad aggiudicarsi la fornitura degli pneumatici per il triennio 2025-2027 con opzione per il 2028. Il concetto chiave che ha sbaragliato la concorrenza della Bridgestone è la continuità.
La Formula Uno si appresta ad affrontare grandi cambiamenti (nel 2026 partirà di fatto un nuovo contesto tecnico) e proprio per questo si è puntato a proseguire con un partner che opera da ben tredici stagioni e che conosce perfettamente quale sarà la parabola tecnica che si sta per intraprendere dato che è uno dei protagonisti della sua definizione.
Pirelli ha vinto la sua battaglia al termine di un processo di valutazione da parte di Liberty Media molto lungo e articolato. Se la “P Lunga” l’ha spuntata è per ragioni tecniche e commerciali, nonché per una disponibilità alla collaborazione manifestata nel corso della sua esperienza.
Il colosso italo-sinico, negli anni, ha saputo adeguarsi alle richieste della proprietà e a quelle della FIA dimostrando buone capacità di reazione a scenari che mutavano rapidamente. Pirelli sarà chiamata a gestire il passaggio alla nuova generazione di auto fornendo un prodotto adeguato alle modificate esigenze di vetture, quelle 2026, che saranno probabilmente più lente in curva ma decisamente più veloci sui rettilinei.
La downforce generale calerà e le gomme dovranno adeguarsi a questi nuovi parametri operativi. Ma prima di arrivare a ciò il produttore deve affrontare la possibile abolizione delle termocoperte. Il provvedimento, va ricordato, doveva scattare già dal 2024.
I piloti hanno condotto una battaglia senza quartiere per far tornare FIA e Liberty Media sui propri passi e ne è venuto fuori un rinvio annuale. Pirelli si era detta pronta e in effetti aveva fatto testare ai driver le gomme di nuova generazione in diverse sessioni. Questi non si erano detti troppo soddisfatti di ciò che avevano valutato. Probabilmente il fronte s’era compattato non per problemi particolari, ma per ottenere una vittoria politica.
Il futuro è tracciato visto che la FOM pretende, in virtù della politica eco sostenibile, che non si usino più le coperte riscaldanti. E ciò, se non vi saranno ulteriori prese di posizione, accadrà nel 2025. Per questo motivo gli americani hanno voluto che Pirelli proseguisse. L’esperienza in via di accumulazione su prodotti che non devono essere preventivamente riscaldati è preziosa e nessuno voleva farne a meno. Bridgestone era più indietro su questo fronte e forse ha perso la battaglia anche per tale ragione.
Se i meriti di Pirelli sono stati riconosciuti dai gestori della F1 promuovendo l’accordo triennale, ci sono soggetti che non hanno lesinato critiche. I piloti, che già avevano espresso riserve sul ban delle termocoperte, invocano a gran voce una svolta concettuale nel funzionamento delle coperture. Quelle attuali impongono una gestione troppo pressante dei materiali.
Durante la gara si passa più tempo a tenere in vita lo pneumatico che a spingere. I conducenti vorrebbero ribaltare questa prospettiva e tornare a contare su gomme che mettano in cima alle loro caratteristiche la capacità di aggredire. Mario Isola, n°1 di Pirelli Motorsport, non si è detto insensibile a queste richieste e ha annunciato che sono in corso valutazioni per capire se esiste la possibilità di creare un nuovo tipo di copertura che possa soddisfare le richieste dei driver:
“Quello che vogliamo capire è come modificare l’azione in pista e ridurre il degrado“, ha spiegato il manager milanese a margine del Gran premio del Brasile dominato ancora una volta da Max Verstappen, uno che guida le fila dei protestanti. “Dobbiamo progettare uno pneumatico con un diverso livello di degrado, ma è importante capire se ci possano essere conseguenze indesiderate“.
Per qualcuno la risposta di Isola potrebbe apparire evasiva. Ma così non è perché bisogna calibrare bene il livello di degrado della gomma con le necessità di tenere viva l’azione in pista. E’ lo stesso manager a darne conto in un passaggio successivo: “Senza un elevato degrado non c’è motivo di puntare a una gara a due soste. Credo tuttavia che la maggior parte dell’azione sia determinata dal degrado delle gomme e dalla necessità di gestirle correttamente. Se riduciamo questo aspetto rischiamo di avere un trenino di vetture: è chiaro che così come io posso spingere possono farlo anche tutti gli altri“.
Dubbi fondati per sciogliere i quali servono approfondimenti tecnici. Ma soprattutto “studi filosofici” mirati. La F1, in parole povere, deve far capire ai piloti che tipo di spettacolo vuole offrire. Per questa ragione le richieste non andrebbero inoltrate a Milano, bensì a Englewood, sede di Liberty media Corporation. Ossia l’ente che ha di fatto decretato il prolungamento contrattuale con la Pirelli e che alla stessa impone le caratteristiche che le gomme devono avere.
La sensazione, confermata da vari segnali che arrivano in base a quanto accaduto negli ultimi tempi, è che la Formula Uno vada sempre di più verso il meccanismo dell’Alternative Tyre Allocation (testato in Ungheria e a Monza) che permette di produrre meno set di pneumatici (a tutto vantaggio della politica green) e verso l’imposizione di più soste in gara, modello sperimentato per questioni di necessità in Qatar quando è emersa una questione di sicurezza determinata da cordoli troppo spigolosi che abbassavano la vita media delle carcasse.
Forse è proprio questa soluzione, ossia evitare che possano svolgersi gran premi con un solo pit stop, a rappresentare il giusto bilanciamento tra le richieste dei piloti e le necessità tecniche della Pirelli che, pur sforzandosi, non può fare miracoli. Né può contravvenire alle richieste insindacabili di Liberty Media che ha stipulato contratti vincolanti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Pirelli Motorsport