Il Consiglio Mondiale del Motorsport tenutosi a Ginevra un paio di settimane fa si era riunito per affrontare alcune delicate situazioni relative al futuro della F1. Tra queste, le principali erano quelle che mettevano sul piatto la questione motori, sia sul breve che sul medio periodo. Con un calendario 2024 che prevede due weekend di gara in più la vita dei propulsori si deve allungare forse oltre le soglie naturali di sopravvivenza. Per tale ragione, si è decretato di rinnovare la politica definita prima del Gp d’Azerbaijan 2023: portare da tre a quattro il numero totale di power unit disponibili per un’annata intera.
Il secondo tema caldo è stato quello dei possibili cambiamenti che investono la sfera dei carburanti 2026. Fino a qualche tempo fa si riteneva che le aziende petrolchimiche potessero lavorare liberamente alla creazione di benzine a zero emissioni. Pare che stia emergendo una tendenza diversa: voci dall’interno sussurrano che si potrebbe arrivare ad mono-fornitore per scongiurare un’escalation dei costi di ricerca.
Non si è trovata la quadratura del cerchio e difficilmente si troverà. Troppi sono gli interessi in ballo e si potrebbe configurare un conflitto di interessi visto che Aramco è sponsor della categoria. Realtà come Petronas, che è molto avanti nella ricerca fatta in collaborazione con Mercedes, potrebbero mettersi di traverso. E’ più probabile che alla fine la FIA definisca dei paletti stringenti evitando la fornitura singola.
Nello stesso Consiglio Mondiale del Motorsport erano state assunte decisioni di contorno che ora fanno discutere. A margine delle discussioni motoristiche, infatti, l’organo ha approvato una modifica che stabilisce l’innalzamento del tetto massimo che può raggiungere una multa inflitta dai commissari sportivi. Il limite precedente era di 250.000 euro, ora è stato settato a un milione. 750.000 per gli altri campionati organizzati sotto l’egida di Place de la Concorde.
Praticamente la pena economica potenziale quadruplica, una bella botta che dovrebbe servire da deterrente ma che, ovviamente, ha causato la reazione di chi eventualmente la deve subire. I piloti hanno provato ad imbastire una protesta, ma Mohammed Ben Sulayem, come spesso accaduto nei quasi tre anni del suo mandato federale, è andato avanti per la sua strada senza sedersi ad un tavolo negoziale.
Tra i venti conducenti non tutti percepiscono stipendi paragonabili a quelli di Max Verstappen o Lewis Hamilton. Ce ne sono alcuni che hanno ingaggi molto più modesti e solitamente sono quelli che, anche a causa delle condizioni tecniche in cui operano, sono più inclini alla topica. Quindi, di conseguenza, a rischiare di dover pagare multe salatissime.
Dinanzi alle lecite rimostranze per un atto unilaterale il n°1 di Place de la Concorde ha così replicato: “Il prezzo di tutto è aumentato. Le squadre parlano ormai di miliardi in termini di valore di ognuna di sé. Non è una questione di soldi, ma di rispetto delle regole. Stiamo dicendo a team e piloti di non incorrere penalità inutili. Se si attengono al regolamento, nessuno imporrà nulla: le regole sono lì per essere controllate e applicate“.
A Speedweek il dirigente emiratino si è vestito da economista alludendo, ironicamente, ai tassi inflattivi in costante aumento. Un punto di vista discutibile non tanto nel merito, ma come provocazione pura che di certo non aiuta in un contesto in cui la FIA è più volte stata ripresa per i suoi slanci operativi non richiesti dalla FOM che, di fatto, è la proprietà della serie.
“Se qualcuno viene penalizzato – ha proseguito l’erede di Jean Todt – i soldi vanno comunque a finire all’interno del motorismo e sarebbero investiti nello sport. Spero che i piloti possano rendere la vita più facile ai nostri commissari rispettando le regole invece di comportarsi male. Ovviamente non vogliamo che raggiungano quella cifra, ma le regole ci sono e i piloti sono molto intelligenti. Conoscono le regole prima di salire in macchina, e la Federazione deve avere il potere di attuare le norme e avere un’autorità. Se non abbiamo un’autorità forte nel nostro sport, non ha senso“.
La parte evidenziata in alto è emblematica. Negli ultimi tempi, ossia da quando Ben Sulayem si è insediato, l’ente parigino che organizza il mondiale di Formula 1 ha proceduto per strappi. Lo ha fatto sulle libertà d’espressione dei piloti, nella vicenda Andretti e in tante altre piccole e grandi storie che caratterizzano la vita del campionato. Quasi come a voler sottolineare la sua centralità nel processo di decision making che è passato nelle mani di Liberty Media dal momento della sua discesa in campo.
Un tempo FOM e FIA avevano un approccio più sinergico, a volte non si percepivano i confini tra l’azione di ognuno dei due gruppi. Con l’avvento degli americani, che hanno investito cifre rilevanti, la Federazione è stata depotenziata. E questo lo si è percepito nella definizione delle regole tecniche 2022 con Liberty Media Corporation a prendere il toro per le corna creando un suo gruppo tecnico che di fatto ha imposto le sue conclusioni all’omologo organo della FIA.
Quella di Mohammed Ben Sulayem, in chiusura, ha tutte le sembianze della rappresaglia. Un atto necessario per continuare ad esistere e far capire che senza la Federazione la F1 sarebbe un pacco finemente incartato ma senza un contenuto altrettanto accattivante all’interno. E’ un dettaglio marginale se di mezzo, in questo scontro tra titani, tanto per cambiare, ci vanno i piloti…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team