Il reparto dedicato alla dinamica del veicolo della Ferrari continua a lavorare. Lo ha fatto nella giornata di ieri sulla SF-23 con al volante Robert Shwartzman. Il mistero “gomme” per la rossa può essere definito come una male oscuro dal quale non riesce a liberarsi. Parliamo di annate, tante, dove al di là della mera competitività del mezzo a disposizione, le monoposto italiane faticano sempre ad amministrare le coperture.
Tenendo presente l’ultima gara disputata in terra mediorientale possiamo rimarcare un fatto. Non è affatto realistico sostenere che a Yas Marina il Cavallino Rampante abbia saputo maneggiare meglio del solito le sue coperture. al contrario, per capirlo basta ascoltare i team radio a bordo delle auto modenesi durante la gara. nell’arco dei vari stint, infatti, sono arrivati parecchi “ordini” per non stressare le coperture, sia in trazione che a centro curva.
Leclerc, 1° run sulle medie, ha senz’altro mostrato un buon ritmo. Tuttavia la necessità di “curare” parecchio le mescole si è palesata a più riprese, mentre Verstappen ha potuto “giocare” con il suo passo tenendosi nel taschino 2 o 3 di decimi di rendimento a tornata che, se necessari, potevano essere utilizzati a suo piacimento. Per Sainz, malgrado l’utilizzo delle Hard sin dalla partenza, l’attenzione alle gomme, è stata addirittura più alta.
La Ferrari SF-23 aveva diverse caratteristiche positive. Per esempio un grip longitudinale davvero ottimo grazie alla trazione in uscita dalle curve lente. Anche nei tratti guidati a basse velocità di percorrenza la rossa si è sempre disimpegnata dignitosamente. Mentre per quanto concerne la power unit, recuperato un piccolo gap concernete il sistema ibrido a livello di efficienza, l’unità 066/10 ha dato filo da torcere a tutti i propulsori del lotto, grazie alla sua capacità di sprigionare una potenza nominale endotermica davvero grande.
I difetti li conosciamo. Ne abbiamo parlato durante tutto l’anno. Senza dubbio uno dei problemi più grandi dell’auto 2024 riguardava il rendimento nelle curve in appoggio ad alta velocità di percorrenza. Sotto questo aspetto una certa mancanza di carico ha fatto presenza, in quanto la SF-23 non è mai stata in grado di esprimere i medesimi livelli di downforce della RB19. Per di più, nelle fasi di trasferimento di carico, l’impostazione relativa alla frenata ha creato diversi grattacapi ai ferraristi.
Per quanto concerne le sospensioni dobbiamo rimarcare che quella posteriore della Ferrari, schema “a freccia” peraltro copiata nei cinematismi dalla Red Bull, era capace di fornire un altissimo rendimento nelle fasi di accelerazione. Parliamo di un grip meccanico superlativo, probabilmente migliore di quello che offriva la vettura austriaca. Mentre la sospensione anteriore ha complicato non poco la gestione dinamica della monoposto. Facciamo un breve riassunto.
Sin dai pre season test abbiamo notato come il recupero di camber della SF-23 fosse minore rispetto ai competitor. Parliamo dell’abilità del sistema sospensivo nel mantenere stabile l’inclinazione statica della ruota. Il camber gain minore si poteva osservare a occhio nudo, constatando come i triangoli fossero sovrapposti quasi parallelamente tra loro. Inoltre la lunghezza dei bracci mostrava una misura quasi identica.
Parliamo di un’impostazione che, in linea generale, su una vettura di F1 da vita a un’amministrazione dinamica senza dubbio più complessa. Un elemento che a conti fatti spiega in parte le sofferenze patite in questo mondiale dalla SF-23. Un recupero di camber più cospicuo, infatti, complica la gestione della mescola. Il cinematismo anteriore non rendeva a sufficienza, non garantendo una corretta interazione aero-meccanica.
Correggendo questo aspetto la struttura vorticosa migliora, si estende la finestra di set up più grande e in automatico si possono utilizzare ride height ridotti che, come sappiamo, forniscono un carico superiore nelle attuali vetture a effetto suolo. Il tutto si collega al lavoro del duo fondo-diffusore che se capace di generare una spinta verticale superiore aiuta non poco la gestione delle gomme durante un long run.
Per riassumere possiamo dire che la “debolezza” del front end abbia senz’altro inciso sull’amministrazione delle coperture anche se le colpe non possono essere solamente imputate a questo aspetto. Proprio per questo, secondo le informazioni racimolate dalla nostra redazione, una delle prerogative che il progetto 676 prevede o per meglio dire ha messo al centro della questione, riguarda proprio la gestione degli pneumatici.
Sono in atto cambi sulla metodologia del lavoro e contestualmente sono in arrivo menti fresche, ingegneri specializzati nel campo, non avvelenate dai risultati scarsi ottenuti nel passato. Una sorta di iniezione di “fiducia tecnica” che oltre portare un bagaglio di nozioni decisamente più fattuali e utili alla causa, andrà di riflesso a cancellare l’atteggiamento passivo in merito a questo grande sconosciuto della storica Scuderia Ferrari: la gomma.
Autore e immagini: Alessandro Arcari – @berrageiz