Formula 1

Vasseur/Ferrari, bilancio necessario: qualcosa è migliorato, il resto ancora no…

In Ferrari, c’è stato o non c’è stato un effetto Vasseur (alias Federico Valvassore)? Per essere ancora più chiari: è cambiato qualcosa da quando abbiamo il francese sul ponte di comando della mezzo ammaccata corazzata di Maranello? Ammetto che queste domande mi tormentano da un pezzo e, viste le tante gare e i quasi titoli di coda del mondiale 2023, ci sono ormai elementi per poter trarre un bilancio che, seppur certamente non definitivo, è già corroborato da numeri, risultati, dati, statistiche.

E credo di essere in buona compagnia a farmi i quesiti in premessa. Anche perché da una “riposta positiva” a quelle domande passa il futuro prossimo (e remoto) della rossa nella massima categoria del motorsport, la F1. Se si sbaglia il progetto del prossimo anno, se ne riparla sino al 2026, cioè al prossimo cambio regolamentare. Troppo, anche per i tifosi più incalliti. Qualcuno, scaramanticamente, comincia a chiedersi se riuscirà a campare abbastanza per vedere un altro titolo piloti dopo quello, ormai lontanissimo, datato 2007 con Raikkonen.

Di recente, in uno dei suoi podcast dedicati alla F1, l’autorevole Giorgio Terruzzi si è posto la stessa domanda, e si è dato una risposta sconfortante. Riporto le sue parole: “Si è visto qualche nuovo ingrediente per un miglioramento con l’arrivo di Vasseur? La Ferrari sbaglia le strategie come prima, fa le pole e non vince le corse, da Maranello va via gente e non arriva nessuno, e le dichiarazioni pre o post gara del team principal sono quasi surreali.

Frederic Vasseur, team principal della storica Scuderia Ferrari

Mi sembra un bilancio negativissimo. Non capisco come leader possa dire “Questa squadra deve migliorare”. Lui dove è? Critica le strategie, ma dov’è quando si decidono? Ha promesso l’arrivo di pullman di gente qualificata a Maranello, ma annunci non ce ne sono”.

E’ purtroppo difficile dare torto a Terruzzi. Comunque, partiamo dalle cose che non sono certo dipese dalla volontà di Vasseur. Macchina nata ormai irrimediabilmente vecchia, impossibile da sviluppare decentemente, con evidenti limiti sospensivi e aerodinamici (vedi anteriore ballerino e gestione effetto suolo).


Ferrari: Vasseur e il capitale umano

In definitiva possiamo dire che la Ferrari SF-23 ha esaltato e cronicizzato i limiti della F1-75 nella gestione delle gomme. E’ si diventata più veloce in rettilineo, continua quasi sempre a fare giri da qualifica robusti, lo confermano le pole position, ma altrettanto rapidamente in gara viene fagocitata dagli avversari. E’ sconfortante sentire il muretto che ordina ai piloti una gestione gomme continua sulle “misteriose” gomme Pirelli… ti fa venire la depressione…

E’ pur vero che ad oggi il Cavallino Rampante è l’unica squadra capace a vincere una gara, oltre al rullo compressore Red Bull. Tuttavia è stato un caso del tutto episodico dove si sono allineati gli astri. E’ evidente che se ti trovi una monoposto pronta, tu da team principal non puoi fare un granché. Puoi intervenire nelle metodologie lavorative in fabbrica e nel muretto, nella catena di comando, negli uomini da mettere al posto giusto, nelle procedure da seguire.

Enrico Cardile, DT ad interim della Scuderia Ferrari al termine del GP di Monaco, affiancato da Riccardo Adami e Diego Ioverno, supplente di Mekies al muretto box della rossa

Insomma, tutte quelle cose che ricadono sotto quello che io chiamo “capitale umano”. E anche qui di riflesso ti prende lo sconforto. E se di fatto è pur vero che Vasseur il team se lo è trovato bello pronto così come la Ferrari SF-23, e per metterlo a puntino aveva ed ha necessariamente bisogno di tempo, comunque qualche segnale positivo ce lo si aspettava durante l’attuale campagna agonistica.


Ferrari: la parabola di Vasseur poteva e doveva essere migliore

Vediamo: gli errori strategici ci sono stati anche quest’anno. Ma minori. O, forse, meno evidenti anche perché non ci si giocava nulla di rilevante. Anzi, spesso si lottava nelle retrovie dei primi. E anche questo è un fatto. Ed è un altro fatto che spesso nella gestione della gara ci sono gli stessi limiti, le stesse rigidità e mancanza di elasticità che hanno contraddistinto la gestione Binotto.

L’unico aspetto in cui si è mediamente migliorato, è nei pit stop. E non sempre. Non sono mancati proclami roboanti, cui è quasi sempre seguito il naufragio o la figuraccia planetaria. E della famosa campagna acquisti per ora sappiamo poco o nulla. Avvolta nelle nebbie della Val Padana. Inoltre, abbiamo avuto partenze eccellenti come Sanchez e Mekies. E addirittura abbiamo scoperto che Rueda qualche ruolo ce lo ha ancora a Maranello.

Insomma, la Ferrari sembra aver smarrito completamente la strada verso il successo. E fra addetti ai lavori e tifosi è chiaro che non ci sono buone sensazioni per il prossimo anno. Sappiamo già che la monoposto del ’24 sarà un netto taglio con il passato. Bene. Ma non benissimo. Perché chi ci assicura che basterà? Toccherà a Cardile fare “tutto”. E anche qui i dubbi ti vengono…

Gli eventuali super nomi di cui si favoleggiava, complice il gardening, potrebbero essere operativi nel 2025, non certo nel prossimo anno. Lieti, naturalmente, di essere smentiti, ma davvero non ce la sentiamo di essere ottimisti. Lato power unit: potente, ma ancora non del tutto affidabile e con la gestione della parte ibrida migliorata ma ancora non al livello di Honda.

Carlos Sainz e Charles Leclerc a colloquio con Frédéric Vasseur ed Enrico Cardile, Scuderia Ferrari

Inoltre la cosa che spaventa è che spesso la Ferrari ha guasti che, piccoli e grandi, in un’epoca e con un regolamento che impediscono qualsiasi cosa, poi paghi salatissimi in gara. E qui si apre il discoro del “controllo qualità”. Per tornare a bomba, il sottoscritto continua a pensare che senza un capitale umano di qualità, non si vada da nessuna parte.

Di recente Todt ha affermato che la sua squadra vinceva proprio perché c’era continuità. Al che, le inconsolabili vedove binottiane hanno fatto la “OLA” che manco al Maracanà. Ma quella di monsieur Jean è una mezza verità. Lui aveva sopra di sé un presidente che conosceva cos’era la F1 e sotto di sé Ross Brawn, Rory Byrne, Aldo Costa e via discorrendo. Un team che non è diventato subito dream-team ma che ha avuto una crescita, anno su anno, finalizzata da un certo Michael Schumacher.

Ora, con tutto il bene che voglio alla Ferrari, non mi pare ci siano uomini che, dal 2014, siano riusciti a dimostrare di essere fra i migliori. Tecnicamente saranno validi, ma non sono fra le eccellenze. Per non parlare della parte del muretto, il vero e gigantesco punto interrogativo di questa Ferrari.

E anche qui, insomma, Vasseur strepita, parla chiaro, fa analisi talvolta impietose ma di risultati… poco o nulla. La verità è che la continuità nella mediocrità, lo ripeto e ripeterò sino alla sfinimento, non porterà mai alla vittoria (se non sporadica) né alla lotta per un mondiale. Perciò, incrociamo le dita e accendiamo un cero in chiesa. Colore rosso Ferrari ovviamente…


Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi

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Mariano Froldi