Formula 1

Giochi di potere in F1: Liberty Media “rimpicciolisce” la FIA

FIA e FOM, i due soggetti che guidano, ognuno con le sue specificità operative, la F1 dovrebbero procedere in simbiotica armonia. Recentemente, quella che sarebbe una normalissima dinamica, non si verifica. Ecco che Place de la Concorde e Englewood passano più tempo a beccarsi che a collaborare. 

Il recente “Mercedes Gate” ha visto le posizioni allontanarsi nuovamente con l’ente diretto da Mohammed Ben Sulayem ad uscirne ridimensionato e con la credibilità in picchiata. La vicenda è nota ed è superfluo ripercorrerne i dettagli puntualmente affrontati nelle passate settimane. Il contrasto tra FIA e FOM (stavolta supportata dai team quanto compatti) è solo l’ultimo capitolo di una storia fatta da altri episodi che evidentemente hanno lasciato il segno. 

Sono quattro i punti dolenti di un rapporto mai decollato da quando il manager emiratino ha preso il posto di Jean Todt arrivato a fine di un mandato non rinnovabile. Eccoli riassunti: querelle Andretti, limitazione alla libertà d’espressione dei conducenti, Sprint Race e presunta vendita del pacchetto azionario nelle mani di Liberty Media Corporation

Stefano Domenicali (CEO F1), Toto Wolff (team principal e co-proprietario Mercedes AMG F1) e Mohammed Ben Sulayem (Presidente FIA)

F1, FIA – FOM: dissidi senza fine

Sul primo punto Mohammed Ben Sulayem si è dichiaratamente schierato in favore dell’ingresso del gruppo statunitense che si accompagnerà con Cadillac, motorista che intende diventare protagonista con le nuove norme che debutteranno nel 2026. Stefano Domenicali e l’azienda che rappresenta non si sono mai esposti chiaramente sulla vicenda, né in prima battuta, né dopo l’arrivo del lasciapassare federale. La FOM deve ancora valutare l’impatto dell’ingresso dell’undicesimo team tenendo la candidatura congelata in chiara opposizione al parere di Place de la Concorde

Su questo fronte è chiaro che la proprietà americana sposi la linea dei team che vogliono proteggere il business a dieci soggetti e che non si accontentano dell’obolo di 200 milioni di dollari che Andretti dovrebbe conferire per entrare. Una tassa ritenuta bassa perché figlia di un vecchio contesto operativo (quello vigente durante il Covid) e che oggi si sta spingendo per triplicare.

Ma serve la rivisitazione del Patto della Concordia che scade a fine 2025. La FIA, con un’iniziativa unilaterale e non supportata da FOM e squadre (fino a prova contraria i ⅔ del decision making della F1), è andata dritta come una nave rompighiaccio determinando una frattura dolorosa. Un atto di forza non richiesto che era venuto dopo un altro momento carico di tensioni.

Si giunge così al secondo punto. Per molto tempo le due entità che guidano la Formula Uno avevano discusso sull’opportunità di raddoppiare in numero le Sprint Race. Gli americani ne erano convinti araldi, la Federazione, nella F1 Commission, si era messa di traverso facendo mancare l’appoggio dei suoi dieci delegati. La colpa di Liberty Media, secondo un battagliero Ben Sulayem, era quella di aver soddisfatto le richieste economiche dei team e non quelle di chi gestisce la pista con le sue maestranze e i suoi mezzi. Lunghe interlocuzioni sono state necessarie per arrivare all’accordo basato, manco a dirlo, su una bella siringa di dollari fatta da John C. Malone e soci. Caso archiviato ma tensioni non sopite.

John C. Malone, numero uno di Liberty Media Corporate

I dissidi sono stati superati ma nel quadro di un rapporto apparentemente compromesso considerando l’affaire Andretti. L’altro fronte (punto 3) che si è aperto è quello relativo alla FIA che, sposando il codice etico del comitato olimpico internazionale, ha di fatto apposto un filtro censorio ai piloti che non saranno più liberi, se non concordandolo, di esprimere posizioni su questioni politiche, etiche e sociali. Un provvedimento che ha spaccato letteralmente il Circus e che ha generato le irate reazioni di Liberty Media che ha letto l’azione di un sempre più intraprendente manager emiratino come un atto liberticida. Non a caso si sono mossi gli avvocati del gruppo americano.

Un ultimo momento di scollatura si è palesato in relazione alla manifestazione di interesse per l’acquisto della Formula 1 sulla base di 20 miliardi di dollari da parte del fondo PIF (The Public Investment Fund, società di investimenti dell’Arabia Saudita con un patrimonio pari a 360 miliardi di dollari, ndr). Liberty Media, in qualità di gruppo detentore dei diritti commerciali della massima categoria, aveva declinato la proposta. 

Nel solito slancio personale e non richiesto, Mohammed Ben Sulayem aveva voluto dire la sua, ingerendo in una trattativa che non gli competeva. Tramite il suo account Twitter, oggi X, l’ex rallista aveva espresso la propria opinione in merito alla proposta del fondo arabo. Lo aveva fatto in maniera forte in relazione alla carica di presidente della Federazione Internazionale, ente che in questioni commerciali non ha voci in capitolo. 

E’ necessario ricordare che Liberty Media detiene per i prossimi 90 anni i diritti commerciali della F1. Nel cinguettio della discordia, Ben Sulayem, autodefinendosi custode del motorsport, lanciava un monito ai potenziali acquirenti chiedendo programmi trasparenti e sostenibili, affermando che la generosità dell’offerta monetaria non era il vero valore di riferimento. “Tali riflessioni oltrepassano i limiti di mandato della FIA così come qualsiasi diritto contrattuale. La federazione verrà considerata responsabile di eventuali danni subiti da Liberty Media”. Questa fu la risposta infuocata del colosso americano dell’intrattenimento. 

Ben Sulayem (FIA) – Stefano Domenicali (CEO F1)

Domenicali, a Radio Rai, ha recentemente toccato nuovamente questo tema: “La valutazione si può determinare sotto vari aspetti. C’è quella della nostra società in borsa, che ha una valutazione puramente economica, e una legata a quello che è il business collegato alla nostra piattaforma, con i partner di altissimo livello che investono nel nostro settore, nelle squadre e in noi”. 

Ci sono poi da valutare i promotori, che hanno costituito un ecosistema sempre più importante e c’è da considerare che la crescita di spettatori è stata davvero straordinaria. Valutare l’impatto dei social media è complesso, dare un dato oggettivo è difficile. La valutazione è molto alta, e dobbiamo pensare a come mantenere questa base”. la bordata a Parigi la bordata è arrivata forte.


F1: Liberty Media confina la FIA alle sue mansioni

In questo clima intossicato si è quindi consumato l’ennesimo momento di contrasto tra Liberty Media e FIA nel quale i coniugi Wolff sono stati quasi una pedina usata ad arte. A caldo nessuno dei rappresentanti del gruppo americano aveva proferito verbo. A distanza di qualche settimana Stefano Domenicali, alla radio nazionale italiana, ha rotto il silenzio lanciando fulmini e saette che dal Belpaese si sono propagate in tutto il mondo finendo direttamente negli uffici di Place de la Concorde.  

Più la F1 cresce e più c’è bisogno di una diversificazione di competenze, che devono essere chiare. Ognuno deve farsi un esame di coscienza per fare meglio il proprio lavoro. In questo momento abbiamo bisogno di una FIA che deve fare un esame di coscienza nel modo giusto”. Parole molto dure che rendono concreto un concetto: il padrone che richiama all’ordine il sottoposto che non deve eccedere dai compiti assegnatigli

Partenza della F1 Sprint – GP Brasile 2023

Non possiamo fare a meno dei commissari di percorso e degli ufficiali di gara: senza il loro contributo non potremmo svolgere il nostro lavoro. Ma è chiaro che certi atteggiamenti non devono essere prodotti e credo che questo sia un tema su cui dovremmo costruire un futuro, perché qui ci giochiamo la credibilità di quello che sta diventando sempre più grande”. Tradotto: la Federazione è fondamentale ma non deve più approfittare della sua funzione di organizzatore-controllore

Mohammed Ben Sulayem per ora non replica proseguendo sulla linea adottata al gala di Baku della FIA che in questo momento sembra essere l’incudine che deve parare i colpi pesantissimi sferrati dal martello imolese. Di fatto più che la Federazione è l’ex rallista emiratino a sembrare alle corde. Senza la fiducia dei team né quella della FOM il rinnovo del mandato sembra essere molto difficile anche se, chiaramente, non saranno i soli voti della F1 a contare. In ogni caso, procedere con questa frattura in costante apertura non potrà giovare alla categoria.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, FIA, Liberty Media

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Diego Catalano