Nei giorni passati, precisamente prima dell’avvio del Gran Premio di Abu Dhabi che ha chiuso la stagione di F1 2023, forse in mancanza di tematiche tecnico-sportive più pepate (il dominio di Max Verstappen, alla fine, qualche sbadiglio l’ha fatto salire) era emersa una vicenda che vedeva Lewis Hamilton e Red Bull come protagonisti.
Veniamo ai fatti. Tutto era nato da Chris Horner che, in un’intervista rilasciata al Daily Mail, aveva sostenuto che l’entourage del sette volte iridato aveva sondato la disponibilità della Red Bull, stante le difficoltà di Sergio Perez, ad imbastire una trattativa per un ipotetico passaggio del pilota da Brackley a Milton Keynes.
Il team principal inglese, senza lesinare, aveva aggiunto succosi dettagli: “I contatti sono arrivati attraverso Anthony, il padre di Lewis”. Sarebbe poi stato direttamente Horner a chiudere la porta in faccia al pilota della Mercedes: “Non riesco a vedere Max e Lewis lavorare insieme. La dinamica non sarebbe giusta. Siamo soddisfatti al 100% di ciò che abbiamo“.
Il manager, ancora, aveva sottolineato, quasi per confermare l’accusa di “alto tradimento”, come Lewis non fosse nuovo a certe pratiche: “Ha incontrato anche John Elkann. Penso che ci siano state trattative serie intorno al weekend del GP di Monaco. Ci sono state sicuramente delle chiacchierate, forse anche con Vasseur. Di sicuro c’era Elkann”.
Hamilton, già nella conferenza del giovedì di Abu Dhabi, non era rimasto silente replicando e producendo prove che dessero forza alla sua “linea difensiva”. “No, non li ho avvicinati io… Christian mi ha mandato un messaggio. Ho controllato con tutti i membri del mio management e nessuno ha parlato con loro. Sono loro che hanno provato a contattarci“.
“Ho preso il mio vecchio telefono che ho trovato a casa. L’ho acceso e ovviamente mi sono arrivati centinaia di messaggi: ce n’era uno di Christian che mi chiedeva di vederci e fare due chiacchiere a fine stagione”, ha spiegato il sette volte iridato per chiudere un caso che, chiunque abbia ragione, rappresenta una dinamica normalissima in un mondo in cui, per curare i propri interessi, spesso si parla con altri soggetti per sedersi con maggior forza contrattuale al tavolo delle trattative. Red Bull, così come Ferrari, potrebbe essere servita al trentottenne per strappare migliori condizioni a Toto Wolff.
Quella del 2021 è una ferita non ancora del tutto rimarginata. Hamilton, recentemente, è tornato sulle ultime fasi del Gp di Abu Dhabi nelle quali la pessima gestione di Michael Masi ha determinato il fuggir via dalle mani di un titolo che era arrivato dopo una rimonta a cui pochi credevano. Lunghe riflessioni ne sono scaturite da parte di un driver che, per qualche momento, aveva pensato di appendere il casco al chiodo. Cosa non avvenuta anche pensando che gli anni successivi sarebbero stati forieri di soddisfazioni.
Anche questo scenario non s’è materializzato visto che né la W13 né la W14 hanno permesso al sette volte iridato di essere in lontanamente in lizza per il titolo. Ma, nonostante ciò, Hamilton non ha perso le speranze e, a trentotto anni, ha voluto e ottenuto un rinnovo biennale per provare a raggiungere ciò che si ritiene indebitamente perso: l’ottava corona d’alloro.
L’obiettivo, al di là delle speculazioni fatte in questi mesi a vari livelli, è di provare a farlo con Mercedes e con nessun altro team. Lewis crede che vincere il Campionato del Mondo con una Red Bull dominante non sarebbe l’ideale perché intende che la vera impresa non è passare nel team più forte, bensì contribuire a ricostruire la Mercedes dopo due stagioni di sofferenza.
“La firma con Mercedes ha dimostrato il mio impegno per la squadra“, ha spiegato Hamilton per prendere le distanze ancora una volta dalle uscite di Horner. “Siamo realistici, ogni singolo pilota che corre in F1 sogna di essere in una macchina vincente”.
“Se penso a quando mi sono trasferito in questa squadra, osservo come mi sia piaciuto passare da un team di successo [la McLaren] a uno che non aveva ancora vinto. La mia visione era di crescere e costruire insieme alla squadra perché quando l’abbiamo fatto è stata una sensazione bella”, ha spiegato Hamilton.
“Ogni pilota qui guarda la Red Bull e vorrebbe guidarla. Non sto dicendo che non mi piacerebbe condurre quella macchina e sentire quanto è forte. Ogni pilota lo vorrebbe. Abbiamo avuto due anni difficili e se lavoriamo per tornare in cima sarà una sensazione molto migliore rispetto a quella di salire sulla macchina più forte”.
Quello di Hamilton ha il sapore un ragionamento auto-motivazionale perché è conscio che in Red Bull non potrebbe mai andarci. Quindi deve convincersi che sia possibile tornare a primeggiare con il team che ha contribuito a renderlo il pilota più vincente di sempre. “Lavorare con il mio team e batterli sarebbe meglio per la mia eredità“, questa la chiosa dell’anglo-caraibico.
Contestualmente, il pilota le sta provando tutte per spronare i suoi. Dopo aver affermato ai quattro venti, creando anche qualche piccola tensione interna, che in inverno era rimasto inascoltato sulla necessità di abbandonare il concept zero sidepod poi rivelatosi naufragante, ha preso a far capolino con sistematicità a Brackley per verificare lo stato d’avanzamento della W15.
Chiaro che questa mossa non avrà risvolti tecnici, ma è un segnale di compattezza che aiuta a tenere il morale alto e concentrato chi di dovere. Perché dopo aver dominato in lungo e largo ed essere caduti dall’alto, non è facile resettare lo scenario e ripartire di slancio.
Hamilton, in chiusura, si è sentito in dovere di giurare ancora fedeltà al suo team, cosa che nei fatti ha dimostrato visto che, tra McLaren e Mercedes, ogni suo singolo gran premio di F1 è stato disputato con un propulsore con la Stella a Tre Punte sulla testata a spingere alle sue spalle. Logo col quale conta di compiere l’impresa di agguantare l’ottavo titolo. La chiusura del cerchio e probabilmente della sua carriera in Formula Uno.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team, Oracle Red Bull Racing