I forti si annusano, si riconoscono, si prendono. Questo è ciò che è successo tra la Red Bull e Max Verstappen. I responsabili del programma piloti del gruppo di Milton Keynes avevano visto in un giovane e determinato olandese le stimmate del predestinato accogliendolo in squadra, facendolo crescere e somministrandogli un percorso tecnico-sportivo che, in maniera quasi fulminea, lo ha portato a vincere tre titoli iridati, l’ultimo dei quali da assoluto dominatore. I record ottenuti a raffica stanno lì, emblematici, a dimostrarlo.
Quando si crea un pacchetto così forte e completo è sempre difficile capire quanto ci sia della vettura e quanto del pilota. A parità di mezzo, Max ha demolito Sergio Perez che, va sottolineato a parziale discolpa, ha dovuto subire una parabola di sviluppo della RB18 prima e della RB20 poi che è andata in direzione diversa dal suo driving. Cosa, questa, ammessa da pezzi grossi della franchigia come Pierre Waché e Paul Monaghan.
Ma essere forti significa pure saper essere influenti. Non è quindi un caso che Verstappen abbia catalizzato il lavoro degli ingegneri diretti dal maestro d’orchestra Adrian Newey ottenendo ciò che lo ha ulteriormente esaltato.
Dopo le difficoltà giunte con l’instaurazione della F1 turbo-ibrida e l’addio di un capitano di vascello quale è stato Sebastian Vettel, Red Bull ha dovuto reimpostarsi sotto diversi aspetti. Uno di questi, non meno marginale della questione motoristica risolta con l’intuizione Honda, è quello dell’affidamento delle chiavi del team ad un pilota di spessore che ha ripagato con gli interessi.
Dietro questo ciclo avviatosi nel 2021 non c’è sono un team con le sue competenze, la sua ambizione, una ricchezza che non guasta e un know-how senza eguali; c’è anche un pilota che ha saputo trascinare i suoi quando Mercedes sembrava un pianeta lontano ed inavvicinabile. Questa forza, questa capacità di trainare, è stata riconosciuta da Christian Horner che la Red Bull l’ha vista nascere rendendo concreta l’idea di un visionario come Dietrich Mateschitz, un uomo che si mise in testa di battere – riuscendoci – i colossi dell’automobile venendo da un mondo del tutto diverso.
“Max continua a raggiungere livelli sempre più alti. Credo che l’unico danno alla vettura fatto in questa stagione sia stata l’ala anteriore danneggiata all’uscita dei box a Silverstone”. Con queste parole ha esordito Chris Horner nel suo intervento alla cerimonia di consegna dei premi FIA. Il britannico, insieme a Helmut Marko, scommise sul figlio di Jos ingaggiandolo e facendolo debuttare pochi mesi dopo sulla Toro Rosso, esperienza che fece da preludio al folgorante passaggio in Red Bull con la quale vinse la prima nel maggio del 2016 mentre Lewis Hamilton e Nico Rosberg giocavano all’autoscontro.
La capacità di andare veloce e di preservare il mezzo senza far danni è un altro elemento che lo distingue da Perez che è costato oltre tre milioni di dollari con i suoi troppi incidenti. Qualcuno s’è messo a fare i conti in tasca alla Red Bull e ne è uscito questo spaccato: l’olandese, praticamente perfetto nella conduzione, ha determinato una spesa di 345 mila euro nell’arco del campionato 2023. Bazzecole se pensiamo alle cifre totali che servono per la sostentazione di una scuderia come quella di Milton Keynes. Di contro, Perez è costato al sodalizio anglo-austriaco ben 3.224.000 euro con i suoi errori.
Un danno non da poco in epoca di budget cap che Red Bull, puntuale sotto ogni aspetto, anche in quello gestionale, assorbe grazie alla clausola di protezione che prevede la decurtazione di parte dell’ingaggio del messicano si questi chiude a 125 o più punti dal collega di box. Perez incassa, da contratto, circa 9 milioni di dollari a stagione e il taglio dello stipendio si dovrebbe aggirare intorno al 30% che fa, dollaro più dollaro meno, quasi il totale delle spese di riparazione causate.
Ma resta la differenza nella gestione del mezzo tra i due conducenti che in Red Bull sanno soppesare per bene visto che hanno messo al centro del programma uno e un solo professionista che ha dimostrato come tenere testa al gotha della F1. “È semplicemente fenomenale, sia per capacità di guida che per le vette tecniche che ha raggiunto”, ha affermato un raggiante Horner parlando di Max.
“In alcune gare, complici le avversità e le partenze da fondo griglia, ha mostrato prestazioni straordinarie e continua ad alzare il livello. Vedere come lavora con la squadra è semplicemente fantastico, nell’impegno con il suo team di ingegneri. E noi siamo esattamente questo: una squadra. Tutti hanno la stessa fame e lo stesso desiderio di vincere e ovviamente Max guida tutto questo, stando al volante”, ha argomentato il team principal di Leamington Spa.
“Per noi è stata una stagione straordinaria. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare questo tipo di campionato che abbiamo concluso. Abbiamo vinto 21 delle 22 gare, 5 delle 6 Sprint, difendere entrambi i titoli e abbattere molti record durante il percorso, alcuni che resistevano sin dal 1988″. Così ha terminato il suo intervento sotto gli occhi di Mohammed Ben Sulayem che non sta di certo vivendo un momento felice come quello invece che contraddistingue gli uomini di Milton Keynes.
Con una Red Bull non ancora paga e un Max Verstappen assetato di vittorie il 2024 rischia di essere una copia delle ultime due stagioni. Specie se i rivali non si daranno una sonora svegliata dopo annate passate ad inseguire e capire come far lavorare monoposto nate maluccio e di certo non sviluppatesi meglio…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing