Non si fa in tempo a superare un tormentone polemico che si rischia di aprirne uno nuovo. La F1, ahinoi, ci ha abituati a nutrirsi e contestualmente a foraggiare il suo pubblico di controversie che non sono evitabili a causa di norme e procedure che non sono in grado di allontanare i sospetti. Se le regole sono così definite è perché, evidentemente, chi le scrive non ha la volontà – o forse la capacità – di superare una volta e per tutte determinate criticità.
Il mese di dicembre è stato caratterizzato dalle tensioni sorte tra la FIA, da un lato, e FOM e team, dall’altro, che si erano messi a protezione dei coniugi Wolff ritrovatisi, loro malgrado, invischiati in un’indagine federale argillosa che si basava su prove congetturali prodotte da una testata giornalistica d’oltremanica. Le vicende sono note e tale è l’epilogo delle stesse.
Resta una categoria che perde credibilità a causa di un conflitto verticistico di poteri in cui Mercedes era sembrata quasi una vittima sacrificale, una pedina da muovere per scopi più grandi. Al di là di ciò, la vicenda aveva riportato in auge il concetto del conflitto d’interesse che permea la Formula 1 in ogni suo ambito, dalle multiproprietà ai legami tra squadre passando per elementi meno noti e forse proprio per questo più fastidiosi.
Nel dicembre 2021 la Formula Uno ha conosciuto uno dei momenti più critici della sua storia. Inutile prodursi in una sterile cronaca, i fatti sono arcinoti. L’epilogo di Abu Dhabi, con la sua irritualità e tutti gli errori commessi a cascata, ha determinato una serie di cambi regolamentari e procedurali, nonché dirigenziali, che non sono bastati – la storia lo conferma – per rimarginare una ferita ancora aperta, soprattutto nel clan Mercedes.
Ora, a distanza di tre anni, emergono altri particolari circostanti che rischiano di avvelenare ulteriormente pozzi dopo un fine 2023 ammorbato da una disputa di cui nessuno sentiva l’esigenza. I fatti. Derek Warwick, steward per la FIA dal 2010, non avrebbe spezzato i legami con la Honda. La notizia è stata riportata dal canale YouTube di Arran Francis poco prima di capodanno e, oggi, 5 gennaio, non ha trovato ancora una smentita ufficiale. Cosa che potrebbe essere sintomatica di una conferma indiretta.
L’ex pilota era nel collegio dei commissari che operarono ad Abu Dhabi 2021, l’equipe che si produsse nell’orrore marchiano del mancato sdoppiamento di tutte le auto alla spalle di Max Verstappen e che permise di farlo solo a quelle che si frapponevano tra Lewis Hamilton e l’olandese. In uno sport che si regge sulla dietrologia questa vicenda è come carne freschissima e grondante di sangue offerta a leoni affamati.
Come si configura il legame tra Derek Warwick e Honda che, inutile sottolinearlo, motorizzava la Red Bull RB16B n°33 di Max Verstappen? L’ex driver, a partire dalla fine degli Anni Ottanta aveva aperto una serie di concessionarie la cui punta di diamante era la “Derek Warwick Honda” presente nelle isole del canale della Manica, una sorta di gallina dalle uova d’oro che fa affari ad alto voltaggio in un’area nella quale i milionari che operano nella City di Londra riversano i loro capitali.
Da questa attività, tra le più munifiche d’Inghilterra in termini di vendite di vetture, era nata una rete che si completava con altri punti vendita in tutta la Gran Bretagna. Derek, dopo anni di lavoro e di ottimi guadagni, aveva ceduto l’attività. Almeno questa era la convinzione della FIA e dei team. Ma pare che l’ex pilota abbia mantenuto il franchising della sede di Jersey, cosa che configurerebbe quel conflitto d’interesse che ora potrebbe essere brandito da chi si sente parte lesa.
Un legame inopportuno, che mina il principio di terzietà del giudice. Per ora la bolla non è scoppiata e nessuno all’interno del paddock, almeno pubblicamente, ha fatto rimostranze. La ricostruzione giornalistica va completata da analisi interne che a questo punto sarebbe opportuno fare. Ma senza scalpore e senza rimestare nel torbido alimentando la fame di gossip che emerge quando i motori sono spenti.
Certo è che la Formula 1, una volta e per tutte, dovrebbe alzare un argine e imporre procedure di verifica più adamantine. Che Warwick abbia operato senza condizionamenti, in quel controverso Gran Premio di Abu Dhabi, non deve essere messo in discussione.
Ma proprio per evitare sospetti incrociati, sarebbe il caso che una figura che avrebbe legami commerciali con un motorista coinvolto nella lotta per i titoli chiarisca la sua posizione. Sarebbe opportuno che lo facesse per tutelare se stesso, la sua onorabilità e il motorsport in generale.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team, FIA