Enrico Cardile, direttore tecnico della storica scuderia Ferrari. Durante le ultime settimane, l’ingegnere italiano ha reso pubblici diversi concetti. Ha parlato di passato e futuro. Uno dei ragionamenti interessanti riguarda la volontà di produrre una vettura che porti con se un chiaro tratto distintivo: finestra di funzionamento ampia. Parliamo di una caratteristica imperativa all’interno dell’attuale corpo normativo, capace di fare tanta differenza a livello prestazionale.
La GES ci sta lavorando su da mesi. Lo fa tramite il “lauto” know how racimolato durante la scorsa stagione, fallimentare a livello sportivo ma assai utile per aumentare la comprensione dei punti strategici relativi all’attuale regolamento. Nel farlo si è prestata particolare attenzione nell’evitare una situazione che, nel recente passato, di fatto ha compromesso gran parte del progetto 2023.
La SF-23 ha mostrato una competitività molto buona nelle curve lente. Il tutto deriva da un lavoro aerodinamico certosino che però, di riflesso, ha privato la rossa di parecchio rendimento nelle curve medio-veloci. Lezione appresa? Correggere un difetto dell’auto non deve portare a indebolire altre aree dell’auto. Senza dubbio l’insegnamento è importante e commettere il medesimo errore due anni di fila non sarebbe accettabile.
Per contro c’è chi ha saputo individuare i propri punti deboli, curarli al meglio, e al contempo rafforzare quello che già funzionava. Parliamo ovviamente di Red Bull. Il genio di Stratford-Upon-Avon, al secolo Adrian Newey, ha una marcia in più rispetto a tutti gli altri. Lo dimostra da anni, oramai. Pure la scuderia di Milton Keynes non è perfetta. Ciononostante ha saputo interpretare l’ultima era regolamentare in maniera brillante. Non ha stravolto i concetti della RB18 ma bensì li ha saputi affinati.
Facciamo un passo in dietro. Mondiale 2022, estate, “famigerata” TD039. Parliamo di una direttiva tecnica che andava a regolare le oscillazioni pericolose delle vetture. Limitare il porpoising, insomma, per garantire più sicurezza ai piloti. Innanzi tutto va ricordato un aspetto. Red Bull ha progettato una vettura che riusciva a gestire bene questo tedioso fenomeno. Newey, cattedratico dell’effetto suolo, lo aveva previsto e pertanto accuratamente “attenzionato” in fase di progetto.
Successivamente, all’inizio della scorsa stagione, per dare un seguito alla direttiva di cui sopra, la FIA ha stabilito una diversa misura del fondo sommata ad un’altezza da terra minima. Provvedimenti che si conoscevano da tempo. Ferrari ha cercato di lavorare su questo fattore, memore delle gravi problematiche sofferte dopo l’entrata in vigore della TD039 nell’agosto 2022. Ciononostante, diversi metri di giudizio errati hanno “avvelenato” la capacità tecnica delle menti di Maranello. I risultati, sotto questo punto di vista, sono palesi.
Si perché le macchine di F1 non stanno ferme. Quando girano in pista, durante il moto del veicolo le escursioni del pavimento variano e con esse la cosi detta ride height. Come sappiano anche le singole simulazioni hanno un costo ben elevato e in epoca budget cap vanno comunque centellinate. Ragion per cui, ogni squadra di F1 ha cercato di ottimizzare la propria vettura attorno all’altezza da terra pensata per il progetto tecnico.
Senza contare il grattacapo “robustezza”, ossia di quanto si discostano i parametri aerodinamici non appena si hanno delle “perturbazioni” dalla ride height pensata in fase di disegno. In questo Ferrari è andata in chiara confusione. Se poi a tutto ciò vogliamo aggiungere la debolezza del front end osservata sulla SF-23, ecco che la frittata è fatta. Un’auto parecchio suscettibile a determinati range di velocità che, sebbene dal Gran Premio del Giappone con l’ultima versione di fondo sia in parte migliorata, ha continuato a palesare chiari limiti strutturali non risolvibili a breve termine.
Torniamo a Red Bull e alla capacità intrinseca del reparto tecnico di prevedere scenari ipotetici potenzialmente nocivi. Spesso la genialità di un individuo si può apprezzare anche attraverso la voglia di non appuntarsi medaglie al petto. Anche in questo Newey è il numero uno. La sorta di retroscena svelato dall’ingegnere britannico ci fa capire ancora una volta la sua grandezza.
Il tecnico inglese, in fatti, era contrario ad una buona fetta del reparto tecnico austriaco che sosteneva come fosse importante “combattere” l’introduzione della direttiva TD039 che potenzialmente poteva limitare le potenzialità della vettura. Ma Adrian la sa lunga e considerando che nel 2022 le curve ad alta velocità non erano un punto forte come per Ferrari, ha caldeggiato il cambio regolamentare. Analizzando i fatti, ancora una volta il britannico aveva ragione…
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari