Dichiarazioni

Red Bull non fa vittimismo e prova a rispondere al contesto normativo avverso

Può la F1 pensare di stravolgere un quadro regolamentare per fermare un dominio? Forse la domanda andrebbe riformulata in questo modo: la F1 ha mai rivisto le norme tecniche per consentire un rimescolamento dei valori tecnici? Sì, la Formula 1 ha usato i regolamenti per modificare la parabola descritta da certi team. E tutte le scuderie egemoni ne sono state vittima. 

Riavvolgendo le lancette non di molto vengono in mente i cambi del 2005 che penalizzarono la Ferrari per far emergere la Renault, quello del 2010 dal quale prese corpo l’imperio della Red Bull di Sebastian Vettel a cui mise fine la Mercedes che impose un’egemonia che scaturì da una rivoluzione con pochi eguali nella storia della massima serie del motorsport.

Anche quella stagione, al termine del 2021, è andata in archivio con il corpus legale attualmente vigente che è stato meglio interpretato da Adrian Newey. Sul finire del campionato del mondo 2023 hanno tenuto banco, facendo forse troppo scalpore considerando quanto premesso poc’anzi, le parole di Toto Wolff circa la volontà dei vertici della serie di spezzare il regno della Mercedes cambiando lo scenario tecnico già prima della rivoluzione che ha reintrodotto le wing car

Il titolo [quello 2021, ndr] l’abbiamo  perso anche perché i regolamenti sono stati adattati per ridurre il vantaggio che avevamo. Il 2020 è stato un anno super-dominante per noi [fu la stagione del DAS poi bandito con un cambio normativo creato ad arte]. Penso che sia stata la migliore macchina che abbiamo mai avuto. E poi, verso la fine dell’anno, hanno cambiato il regolamento diminuendo la lunghezza del fondo vettura. Queste norme avevano il chiaro intento di ribaltare i rapporti di forza in pista”.

Toto Wolff (Mercedes AMG) e Christian Horner (Oracle Red Bull Racing)

Riportando tutto all’attualità, la F1 non ha imposto alcun cambio in corsa per spezzare l’egemonia della Red Bull. Ma per il 2026 tutto muta ed è forte la sensazione che il nuovo contesto operativo serva anche per arginare la forza di chi ora sta dominando senza ostacoli. Red Bull rischia di vedere diventare molle il solido terreno che oggi ha sotto i piedi. A Milton Keynes, mentre si festeggiano ancora record su record, si insinua una strisciante ansia da cambiamento.

Un sentimento tipico di chi si trova in una condizione di comoda superiorità e deve fronteggiare uno stravolgimento di scenario sul quale ha poche facoltà di controllo e al quale deve adeguarsi cercando di non perdere lo status raggiunto a fatica. Red Bull vince e domina, ma le basi su cui ha fondato l’egemonia potrebbero presto crollare per aprire ad un nuovo contesto che potrebbe essere di difficile lettura. 


La nuova F1 potrebbe restare indigesta alla Red Bull

Power unit e aerodinamica saranno le macroaree oggetto di profonda revisione. Se sul fronte motoristico ne sappiamo di più perché i legislatori sono ad uno stadio più avanzato nella definizione delle regole tecniche, più fumoso è l’orizzonte relativo alle norme che riguardano i principi aerodinamici. Si sa solo che l’obiettivo è quello di favorire l’ambito attivo per soddisfare l’abbassamento dei consumi aumentando l’efficienza generale del mezzo. Ma sul tramite ci sono ancora dubbi e perplessità che sono oggetto di round infuocati all’interno delle riunioni della F1 Commission

Chris Horner vorrebbe che tutto rimanesse così com’è oggi. Perché? A detta sua per favorire il bilanciamento delle prestazioni per arrivare ad una categoria più combattuta ed entusiasmante. La chiave per restringere il campo, dunque, sarebbe la continuità regolamentare.

Il manager è convinto che, poco a poco, la Formula 1 stia raggiungendo il suo obiettivo di rendere il tutto più omogeneo tramite una inevitabile convergenza prestazionale e tecnica senza la quale, nel 2026, la classe suprema del motorsport rischia di ripartire da zero con l’emersione di possibili nuovi gruppi dominanti a far capolino.

Christian Horner, team principal Oracle Red Bull Racing

Forse a Milton Keynes si sta facendo strada il timore che, in presenza di uno scenario profondamente rivisitato, si possa arretrare in maniera fatale. Sul versante motori, è stata materia assai dibattuta, si è combattuta una battaglia molto dura che vede come oppositori di Red Bull, Ferrari, Mercedes e Audi che hanno creato un blocco abbastanza compatto. 

Oggetto del contendere era stata la distribuzione delle quote di potenza che il reparto powertrains della Red Bull voleva più bilanciata, con la parte endotermica più premiata rispetto alla quota elettrica. Sull’ICE, grazie al know-how acquisito nell’esperienza fatta con Honda, nel nuovo reparto motori si sentono abbastanza sicuri. Ma potrebbero pagare nell’implementazione del sistema ibrido che dovrebbe essere affidato anche a Ford che gioca un ruolo cruciale.

L’accordo con il colosso del Michigan, a oggi, è una grande operazione commerciale. Ma dal punto di vista tecnico è un’incognita considerando che non sono prevedibili i vantaggi che l’intesa può portare nel concepimento del propulsore 2026. Ancora, Red Bull teme che l’aumento della quota attiva dell’aerodinamica possa in qualche misura limitare i vantaggi di un concept iper-efficiente che i rivali non sono ancora riusciti, nonostante i tanti sforzi profusi, a replicare.


Red Bull: giocare d’anticipo per essere pronti al 2026

Ormai il dado è tratto: sui motori è tutto definito, con Milton Keynes che ha perso la sua battaglia politica. Qualche margine di pressione c’è ancora sulle norme telaistiche e aerodinamiche ma le idee del legislatore sono abbastanza chiare e se non sono state rese note è solo per evitare che le squadre inizino segretamente a lavorare in chiave 2026 limitando lo sviluppo della auto 2024-2025. 

Red Bull, presa coscienza di questa situazione, non può far altro che rimboccarsi le maniche e cercare di superare gli ostacoli. “Il regolamento prevede un meccanismo di equalizzazione, ma c’è sempre un ritardo, di solito di 12 mesi“, ha spiegato Christian Horner ai microfoni di Sky Sports Uk

Abbiamo investito nel Regno Unito insieme ai nostri partner e a Ford per avere la struttura dei motori nel campus. Ora abbiamo una fabbrica, delle strutture all’avanguardia e quasi mezzo migliaio di persone che lavorano alla power unit che debutterà nella stagione 2026. Ma passare dal nulla a sfidare case come Mercedes, Ferrari, Honda, Renault e Audi è una mossa coraggiosa. Non vediamo l’ora di farlo, e pensiamo che darà i suoi frutti a lungo termine“.

Vista frontale del propulsore giapponese (Honda RA620H) montato sulle vetture Red Bull Racing durante la stagione 2021.

Un motore embrionale monocilindrico gira già da qualche mese al banco, segno che i tecnici non hanno perso tempo rincorrendo riaperture normative che non vi saranno. Red Bull, come accadde nel 2014, sa che rischia di vedere eroso di colpo tutto il vantaggio accumulato in questi due anni e per questo si è messa a lavorare a testa bassa provando ad allinearsi ai competitor già meglio strutturati.

Liberty Media e FIA hanno in mano il pallino del gioco e intendono gestirlo per evitare che un singolo replichi a lungo la striscia di trionfi che rischia di rendere noioso e poco vendibile uno sport che il colosso statunitense dell’intrattenimento vede come un grande business. E l’imprevedibilità, si sa, genera profitti ad alto voltaggio. Red Bull, così come Mercedes prima e Ferrari prima ancora, sono “vittime” di questa necessità. Sarà interessante vedere se Milton Keynes saprà reagire ed emergere nuovamente come soggetto forte.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1, Oracle Red Bull Racing

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Diego Catalano