La serenità di Horner, team principal Red Bull, ostentata durante la presentazione della RB20, unitamente alle dichiarazioni nel corso dell’unveiling sembravano aver messo in placato la tempesta scatenata dall’indagine interna. Invece, come nelle migliori serie televisive, lo scandalo viene alimentato sempre dall’Olanda. Il quotidiano De Telegraaf ha fornito maggiori dettagli in merito a quello che inizialmente è stato definito genericamente “comportamento inappropriato”.
Il boss della scuderia di Milton Keynes avrebbe “stalkerato” una dipendente con messaggi a sfondo esplicitamente sessuale, in più circostanze, nel corso del tempo. Questa l’accusa mossa. Che la condotta non molto etica di Horner riguardasse una collaboratrice era intuibile ma il dubbio era relativo al tipo di infrazione: adescamento, coercizione, minacce.
Nei giorni scorsi si era parlato di stile manageriale spregiudicato ma le rivelazioni provenienti dai Paesi Bassi, tutti da confermare, sono dettagliate e peggiorano la posizione dell’unico team principal della storia della squadra austriaco. Le “lusinghe a sfondo sessuale” sarebbero state rivolte a una collaboratrice attraverso la messaggistica di una app.
In base alla ricostruzione dei fatti, le avance sarebbero sempre state rispedite al mittente finché Christian, resosi conto del comportamento inappropriato, avrebbe proposto una transazione di 760 mila euro per comprare il silenzio della collega. La dinamica sarebbe durata per lungo tempo, prima che la dipendente decidesse di denunciare l’accaduto nel dicembre 2023.
Continuando a precisare che si ragiona sempre nel terreno delle ipotesi, se tutto quanto trapelato fosse confermato, la figura umana ancor prima di quella professionale di Horner sarebbe completamente distrutta. Un uomo capace di costruire un’organizzazione vincente che in ragione del suo successo si sarebbe sentito libero di poter adescare e comprare tutto e tutti.
Il presunto goffo tentativo di pagare il silenzio sarebbe ancor più grave delle avance a sfondo sessuale. A quanto pare il britannico di Leamington SPA avrebbe trovato chi non si è fatta comprare, avendo il coraggio di sfidare il padrone della propria azienda. A fronte di questi nuovi elementi l’assordante silenzio dei media britannici è alquanto strano a differenza dell’incessante lavoro investigativo della stampa olandese.
Basti pensare che fino a qualche giorno fa, secondo il “Sun” non ci sarebbe alcuna foto compromettente ma solo un comportamento eccessivamente autoritario del numero uno di Milton Keynes. Alla luce di quanto sta trapelando è imbarazzante che Horner sia ancora al timone del team che proprio lo scorso anno ha lanciato il programma “Drive for Change”, strategia per favorire la diversità e l’inclusione.
La procedura disciplinare interna alla holding è stata attivata tramite denuncia della vittima, sulla base di quelle che in gergo vengono chiamate “digital evidence”. La presenza di prove scritte e dei colloqui intercorsi tra i due soggetti attraverso piattaforme informatiche lasciano poco margine a dubbi. E ‘comunque evidente che una battaglia politica tra diverse anime all’interno del team è in atto.
L’ipotetica megalomania di chi si sente il padrone della scuderia potrebbe costare caro a Horner. Appare chiaro che la componente austriaca è determinata a “tagliare la testa al toro”, con Helmut Marko a capeggiare la rivolta interna. Lo storico consulente di Graz, di fatti, è indicato come colui che ha iniziato, lo scorso ottobre, una vera e propria guerra di potere contro Christian. Ma la battaglia non è andata come si poteva pensare.
Marko ha rinnovato e, di riflesso, la controffensiva contro l’inglese ha preso corpo. Non stupisce, quindi, che lo scandalo sia stato reso pubblico dall’olanda, visto il rapporto paterno tra Marko e Verstappen. Se lo senario fosse vero, sarebbe squallido pensare che la dipendente vessata da Horner sarebbe solamente una pedina sfruttata altri soggetti per il tornaconto personale. In tempi di pace la denuncia poteva essere silenziata perché non funzionale a nessuna fazione.
Autore: Roberto Cecere –@robertofunoat
Immagini: Oracle Red Bull Racing