L’inizio stagione dell’Aston Martin è stato più complesso del previsto. La AMR24 non sta offrendo fino a questo momento le stesse garanzie tecniche che hanno portato Fernando Alonso a conquistare sei podi consecutivi nelle prime gare dello scorso campionato, sette in otto appuntamenti mondiali tra Bahrain e Canada con la sola eccezione di Barcellona. Dopo lo step importante fatto nell’inverno 2022/2023, i problemi sono iniziati la scorsa estate con gli sviluppi non propriamente riusciti, e confermarsi, si sa, è sempre più difficile, specialmente quando i rivali alzano l’asticella dopo un periodo piuttosto complicato.
Ci riferiamo ovviamente a Ferrari e McLaren, al momento seconda e terza forza “indiscusse” del mondiale 2024 dopo appena due gare. La Mercedes è lì, a un tiro di schioppo dal team di Woking (due punti di distacco), e poi c’è proprio l’Aston Martin, quinta e con uno svantaggio già abbastanza importante. Alonso, quinto e autore di un ottimo weekend a Jeddah, ci mette sempre del suo per appianare il più possibile i problemi della vettura, lo fa da una vita, e anche Stroll non fa mancare il suo apporto quando deve commettere l’errore banale tale da spiaccicare la sua monoposto al muro.
E’ forse ancora un po’ presto per stabilire un ordine gerarchico chiaro alle spalle della Red Bull, vettura indiscutibilmente prima per distacco. La Ferrari, volendo, è seconda forza senza troppi “se” e “ma”, mentre gli altri al momento sembrano lontani e anche di parecchio: pacchetto di mischia tutto britannico (quantomeno nelle fabbriche, ndr) tra McLaren, Mercedes e Aston Martin, tutte spinte dalla power unit di Stoccarda ma costruita a Brixworth, a proposito.
L’Aston Martin può sorridere soltanto per la prestazione di Alonso in Arabia Saudita, ma sul resto c’è l’evidente necessità di lavorare per rimettersi nella giusta carreggiata. Lo spagnolo, già dai test con le sue dichiarazioni ha fatto intendere come quest’anno potesse essere molto più dura per il team di Silverstone: la AMR24 è di base una vettura “peggiore” rispetto a dodici mesi fa, ma non perché non sia migliorata, è lapalissiano anche sottolinearlo, ma perché rispetto agli avversari ha perso prestazione.
Tre punti conquistati in Bahrain, un po’ poco per le ambizioni dei verdoni e di Fernando stesso, il quale starà sicuramente guardandosi attorno visti i tumulti provocati dall’addio di Hamilton alla Mercedes e dai casotti di casa Red Bull: volete che uno desideroso di vittorie come lo spagnolo non sia già a caccia di uno di questi due sedili per provare il colpaccio e assicurarsi una monoposto che possa dargli qualche chance mondiale nel prossimo futuro?
A Jeddah va meglio: il due volte campione del mondo tiene duro e non permette alla Mercedes di Russell il sorpasso praticamente per tutto l’arco della gara, dimostrando un buon passo, anche se la vettura nera e grigia alle sue spalle era tutto fuorché un fulmine di guerra. La nota stonata, come spesso capita, è Lance Stroll: unico a commettere un errore fatale durante la corsa, lamentando gomme finite dopo appena cinque giri. Insomma, un po’ di scuse qua e là.
“Ho spinto davvero al massimo nei giri iniziali – ha detto il canadese nel dopo gara -. Le vetture intorno a noi erano decisamente più veloci e ho faticato subito con le gomme. Ho cercato di aprire il gap con quelli dietro, ma ho preso il muro. Ci sono aspetti postivi da considerare: la squadra ha conquistato punti in entrambe le gare e credo che la vettura abbia ancora molto da dimostrare”.
Ma in tutto questo, qual è il vero “male” della verdona? Rispondere con esattezza non è certo semplice, considerando che gli stessi tecnici hanno feedback limitati a due circuiti. La curva di comprensione delle vettura va pertanto percorsa senza fretta per evitare lo stesso errore dello scorsa annata: smarrire il punto di lavoro corretto della monoposto britannica. Senza dubbio tutti abbiamo notato una certa differenza nel campo dell’efficienza. Per di più la AMR23, in qualifica, riesce a guadagnare tempo sugli avversari dall’apice della curva in poi. Parliamo nel momento in cui fa la differenza un buon carico sull’asse posteriore e la fattività del sistema sospensivo per scaricare a terra tutti i cavalli.
Un’ottima trazione, insomma, ereditata dalla vettura 2022. Tuttavia a serbatoi pieni Aston Martin fa parecchia fatica a riprodurre le prestazioni sul giro secco. Una certa usura fa presenza e nell’arco dello stint e le prestazioni con lo scendere del carburante e quindi del peso complessivo della vettura, non calano come per il resto degli avversari. Il tutto è da imputare a una finestra di funzionamento ancora ristretta, un po’ quello che succedeva lo scorso anno alla Ferrari SF-24. Questo perchè in F1 spesso con diversi quantitativi di carburante a bordo differisce il modo in cui si tiene la gomma nella corretta working range.
Il team di Silverstone ci sta lavorando su e i dati raccolti tra Bahrain e Jeddah saranno utili per realizzare un raffronto incrociato in questa settimana di pausa, cercando il setting ideale per ottimizzare il rendimento delle coperture Pirelli. Aston Martin è inoltre convita che il primo pacchetto di aggiornamenti renderà la finestra di utilizzo della vettura più ampia. L’obiettivo mira a minimizzare il delta di rendimento tra sabato e domenica, provvedimento cruciale per offrire ai propri piloti la possibilità di spingere durante la corsa senza limitazione per lottare nelle posizioni di alta classifica.
Autore: Andrea Bovone