Ferrari acciuffa il podio a Jeddah. Tuttavia, nei prossimi anni, il Gran Premio dell’Arabia Saudita sarà ricordato per il debutto di un talento destinato a diventare un grande pilota. Solo “padre tempo” certificherà quella che oggi, emotivamente, si presta ad essere un auspicio per il diciottenne pilota inglese. La defezione di Sainz dovuta all’appendicite, subito operato in loco, ha catapultato sulla griglia un ragazzino semi sconosciuto al grande pubblico che, di immeditato, è stato capace a far parlare di sé.
Alzi la mano chi non ha pensato almeno per un attimo che affidare la SF-24 a Bearman fosse un azzardo troppo grande, specie su una pista in cui anche i più esperti hanno pagato a caro prezzo piccole sbavature. E invece, questo adolescente dalla faccia pulita chiamato in tutta fretta venerdì mattina per sostituire il titolare spagnolo ha stupito tutti. Un sola sessione di prove libere per cercare di comprendere le procedure delle monoposto di F1 e sentire sul proprio corpo cosa significava percorrere un giro del tracciato di Jeddah, con un laptime inferiore di 12 secondi rispetto alla pole che aveva realizzato il giorno prima.
Osservando gli on board del pilota di Chelmsford, emerge la capacità di mettere in pratica le indicazioni del suo ingegnere di pista (Adami, nda) con la precisione di un veterano. Nel corso dei 50 giri di gara non ha commesso alcun errore, mostrando una serenità che gli ha consentito di completare diversi sorpassi senza alcun bloccaggio o errore di valutazione, come accaduto ad esempio al più esperto Oscar Piastri che non è riuscito ad aver ragione di Lewis Hamilton. Tutto questo su di uno pseudo circuito cittadino in cui si sfiorano i muretti a velocità folli.
Probabilmente l’ultima generazione di piloti è mentalmente più pronta a ricevere tanti input mettendoli in pratica in modo naturale. Certamente Bearman è un pilota fuori dalla media che rende onore al lavoro svolto dalla Ferrari Driver Accademy. Il fatto che la line-up del team di Maranello fosse composta dai piloti allevati nella propria Young accademy è motivo di orgoglio. Un’ immagine potente quanto triste è stata la breve inquadratura di Mick Schumacher, altro prodotto del vivaio delle rossa, masticare amaro nei box Mercedes.
I meriti della scommessa Ferrari sono enormi, tuttavia quanto di eccezionale messo in mostra da Bearman è stato assecondato da un mezzo “sincero”. La strepitosa performance di Ollie dimostra che la SF-24 è una monoposto dal comportamento prevedibile che non richiede una curva di apprendimento molto lunga per poter estrarre il suo potenziale. Il britannico è stato fantastico, ma difficilmente avrebbe potuto altrettanto ben figurare con la SF-23 che i piloti titolari con maggiore esperienza stentavano a domare in molte circostanze.
Da tale prospettiva, il settimo posto in gara di Bearman è di fatto la certificazione del buon lavoro svolto dagli ingegneri italiana. La vettura italiana è stata in grado di far sentire a proprio agio un pilota che non aveva mai gareggiato in F1, riuscendo a completare 50 giri con un ritmo in crescendo. Si, perché il giovane pilota inglese, nonostante la stanchezza fisica e mentale, si è concesso il lusso di effettuare il giro più veloce della gara all’ultima tornata, resistendo alla pressione dei connazionali Norris e Hamilton preceduti al traguardo.
Alla Formula Uno serve freschezza. L’impresa di Bearman è una storia bella di un ragazzo dalla faccia pulita e di un padre in ansia nei box della Ferrari, in una categoria scossa da faccende squallide che sembrano non avere fine. E’ stato necessario un imprevisto e la scommessa di Vasseur affinché nel paddock non si parlasse esclusivamente della guerra interna in casa Red Bull, delle accuse rivolte a Mohammed Ben Sulayem, insomma del lato oscuro della categoria che allontana sempre di più i fan da una categoria che sta perdendo credibilità.
I fan della massima categoria del Motorsport hanno dimostrato in questi anni di poter accettare il dominio tecnico di un competitor, ma attualmente sono oramai logori difronte ai giochi di potere e allo squallore che ormai fa più notizia piuttosto che l’aspetto puramente sportivo della categoria. Anche per questo, grazie Ferrari e soprattutto grazie Oliver!
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – F1TV