Pirelli “abita” la F1 da parecchi anni oramai. Lo fa accerchiata dalle consuete critiche che durante ogni stagione fanno presenza. Tralasciando questa tematica parliamo dei test. Prove su pista necessarie al costruttore italiano, in quanto deve trovare una correlazione diretta sui circuiti in merito al lavoro svolto. La Federazione Internazionale e la Formula Uno, organizzano pertanto diversi incontri tra le gomme di fattura italiana e le scuderie. Inoltre, in talune circostanze, le mescole sperimentali vengono utilizzate durante le sessioni di prove libere.
Le condizioni meteorologiche non sempre sorridono e la F1 deve essere in grado di scendere in pista anche quando piove. Contesto competitivo che la massima categoria del motorsport sta cercando di “aggiustare” da diversi anni. L’ultima soluzione, se così vogliamo chiamarla è quella dei paraspruzzi. Un “wet weather package” pensato, prodotto, testato a più riprese e ritenuto non congruo all’obbiettivo stimato. La decisione ufficiale arriva dopo l’ultima prova effettuata lo scorso 9 maggio, dove la Ferrari si è prestata per la raccolta dati, montando diverse “coperture” sulle gomme.
Anzi tutto la forma dei para spruzzi era puramente sperimentale. Questo significa che, se la soluzione fosse stata effettiva, le geometrie delle componenti in questione sarebbero state ben differenti, più sinuose e meno invasive, e non il così detto “pugno in un occhio”. Messa da parte la precisazione, vale la pena spiegare il perché. Sebbene tali archibugi fossero volutamente abnormi nelle dimensioni, per cercare di capire come minimizzare l’entità dello spray, anche in questo modo i benefici stimati erano del tutto secondari, con il diffusore che continuava a sparare in aria una grossa quantità d’acqua.
Per tale ragione, dopo diversi esami del caso, la Federazione Internazionale ha deciso di abbandonare definitivamente tale e possibile rimedio, per buona pace di tutti quelli che già gridavano alla scandalo visivo, senza pensare che tale contesto poteva riguardare poche sessioni durante l’anno. Ma per fortuna tale “obbrobrio” è risultato appunto inutile. Tutti contenti, insomma. Sempre parlando di pioggia e pista bagnata, c’è un altro argomento interessante che dobbiamo tenere in conto. Ci riferiamo ai test su pista bagnata.
Parliamo di verifiche molto importanti per la Pirelli, che sta cercando di realizzare gomme di F1 quanto più efficaci possibili sul bagnato. Non è affatto facile centrare l’obiettivo, in quanto più risultano efficienti le mescole nel compito di evacuare l’acqua, più spray viene lanciato nell’aria. Di conseguenza la visibilità diminuisce mentre i pericoli per la sicurezza si moltiplicano. Giunti a maggio inoltrato, le tempistiche legate allo sviluppo delle nuove coperture da pioggia stanno per scadere inesorabilmente. Ferrari a Barcellona, Aston Martin a Jerez, Stake e Visa Cash App RB a Suzuka, le piste dove il costruttore italiano ha testato le coperture.
La problematica attuale che si somma al ritardo sulla tabella di marcia riguarda le risorse idriche. Se in Giappone non è stato un problema tenendo in considerazione la stagione piovosa, irrigare artificialmente il tracciato in Spagna non è stato possibile. Questo perché nei primi mesi della stagione in terra iberica non è praticamente piovuto e le cisterne per bagnare il tracciato non erano a disposizione. Si è persa pertanto l’occasione di raccogliere tanti dati che in questo momento sarebbero assai utili alla causa. Lo fa sapere direttamente Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport, in un intervista esclusiva rilasciata a F1.Only.
Tenendo in conto la siccità, il governo spagnolo non ha concesso di allagare la pista per priorizzare altre questioni. Scelta comprensibile che però ha tolto la possibilità di immagazzinare informazioni vitali. Anche a Silverstone esiste l’occasione ipotetica di testare le gomme. Pirelli porterà con se i nuovi compound full wet. Tuttavia il tracciato britannico non ha la possibilità di irrigare il tracciato con un sistema artificiale che tenga sott’occhio il livello dell’acqua. Per lo meno, in Francia, le cose sono andate senza dubbio secondo i piani.
Il manager brianzolo racconta come la pista transalpina sia ottimale per questo tipo di prove. La capacità dell’impianto consente ai tecnici di inondare l’asfalto con il corretto quantitativo d’acqua, tenendo sempre sotto controllo il suo livello che, se per qualche ragione non è preciso, può cambiare le prestazioni delle “calzature” di F1. Tuttavia il solo circuito transalpino non è sufficiente, in quanto per rendere attendibili gli esami risulta imperativo testare i compound su layout differenti. Fiorano offre riscontri similari a quelli francesi. Mancano pertanto ulteriori riscontri su piste con caratteristiche diverse.
Isola svela come il livello di energia immessa sugli pneumatici in questi impianti sia similare e non possa raggiungere valori più alti e necessari. Benchè nei circuiti suddetti le nuove mescole abbiano superato ampiamente le aspettative, offrendo tempi sul giro in certi casi addirittura inferiori di 5 secondi, lo step nella giusta direzione non è quello atteso. C’è ancora tanto margine infatti, ma Pirelli non riesce a trovare il tracciato adatto, con un livello d’acqua controllabile, che possa immettere più energia sulle coperture. Fattore imprescindibile per realizzare un ulteriore passo in avanti sulle full wet.
Autori: Alessandro Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich –
Immagini: Scuderia Ferrari – Pirelli