Ferrari parla di Red Bull. Lo fa con cognizione di causa, anche se di certo non si tratta di un vero e proprio attacco frontale. Una critica “velata” verso al scuderia di Milton Keynes che nasconde pure un giudizio sulle regolazioni vigenti imposta dalla FIA. Parliamone con ordine. Era inevitabile che succedesse e puntualmente si è verificato. Grazie o a causa della continuità regolamentare (a seconda dei puti di vista), i team possono realizzare dei test privati con le monoposto di tre anni solari precedenti al campionato in corso. Si tratta quindi delle vetture del 2022, le prime prodotte sulla base della rivoluzione tecnica più consistente degli ultimi decenni.
Questo tipo di prove è disciplinato dal paragrafo 10.2 del regolamento sportivo chiamato Testing of Previous Cars (TPC), divenuto oggetto di malumore in quanto Red Bull ha sfruttato questa possibilità per fare un test a porte chiuse, a Imola, la scorsa settimana. Max Verstappen si è calato nell’abitacolo della RB18, con la quale si è laureato campione del mondo per la seconda volta. Max ha effettuato diversi giri che, per stessa ammissione del team campione del mondo in carica, sono stati molto utili. Scuderia austrica in difficoltà che pare proprio stia cercando di raschiare il barile.
Lo sta facendo insinuandosi attraverso le pieghe del regolamento per cercare di ritrovare la brillantezza delle prime gare della stagione, risolvendo alcuni grattacapi che di fatto stanno rallentando la corsa della Red Bull RB20. Questa l’opinione dei rivali che non hanno gradito affatto che a svolgere il test sia stato proprio il pilota titolare, nonché attuale leader della classifica piloti 2024. Lo spirito di queste prove dovrebbe essere quello di far macinare chilometri alle giovani promesse che fanno parte delle accademy delle scuderie, oppure riservate a chi d lavoro fa proprio questo: il test driver ufficiale.
Tuttavia il regolamento sportivo è piuttosto ambiguo in tal senso. In particolare a carpire l’attenzione è il punto d) del paragrafo 10.2 che recita testualmente: “In via eccezionale, e a sola discrezione con previa approvazione della FIA, componenti e/o software possono essere montati per il TPC che non sono conformi all’articolo 10.2.c, per motivi di costo, affidabilità, sicurezza, mancanza di disponibilità o condizioni della pista. In tali casi, i concorrenti devono presentare una richiesta formale alla FIA e specificare le ragioni per cui tali componenti e/o software devono essere utilizzati”.
Il punto c, come possiamo leggere direttamente tramite lo stralcio regolamentate, prescrive che durante questi test debbano essere utilizzati element e software già usati in una sessione ufficiale relativa all’anno della monoposto o alla vettura dell’anno corrente. In sostanza, attraverso una deroga davvero ben circostanziata, un team può in linea teorica provare una componente o un software dell’anno corrente nei test TPC. Si tratta tra l’altro di modifiche apportate al corpo normativo che risalgono all’agosto della scorsa stagione.
La scuderia Ferrari tramite Frederic Vasseur non ha apprezzato le modalità del test imolese di Max Verstappen. Secondo il team principal della rossa i così detti “test of previous car” non possono essere effettuati da piloti titolari, in quanto il loro scopo è quello di garantire chilometraggio ai giovani piloti. Per questo il talento di Hasselt non necessitava di queste prove per prendere confidenza con una monoposto di F1. Tuttavia il regolamento non precisa chi possa svolgere i test. Pertanto Red Bull ha operato nel rispetto dei regolamenti, attraverso la tipica interpretazione borderline del corpo normativo di matrice anglosassone.
Secondo il manager transalpino il precedente di Imola deve essere un monito per la FIA: occorre definire il numero di giorni di test riservati ai piloti titolari e quelli riservati ai giovani driver. In modo tutt’altro che velato il manager di Draveil ha lasciato intendere che il test della Red Bull ha avuto finalità di sviluppo dell’attuale monoposto. Del resto nel weekend in Spagna il chief engineer Paul Monaghan, ha ammesso che il team aveva necessità di avere un riferimento concreto rispetto a caratteristiche della RB18 traslate sul progetto 2024 su cui ci sono ancora dei grossi punti interrogativi. In sostanza un vero e proprio test comparativo che tradisce lo spirito del regolamento.
Come spesso accade in F1, i nobili tentativi votati alla sostenibilità, nel senso più ampio della parola, sono puntualmente disattesi. Il bando dei test privati, in vigore dalla stagione 2009, rappresentava una misura per ridurre i costi esorbitanti. Team come la Ferrari avevano la possibilità di effettuare prove quasi quotidianamente sui tracciati di proprietà (Fiorano e Mugello, nda) e su quello di Vairano per comparare i dati della galleria del vento. Tuttavia i TPC richiedono costi del tutto equiparabili a quelli del passato, in quanto non sono limitati da un numero massimo di km percorribili come nel caso dei filming day.
Tra le altre cose Red Bull ha scelto di effettuare questo tipo di test proprio nel tracciato in cui sono emersi evidenti problemi al sistema sospensivo, giusto in coincidenza del passaggio ad alta velocita della monoposto sui cordoli. Quindi vanno considerati anche i costi logistici, poiché un test senza finalità di sviluppo si poteva svolgere con una spesa minore nella vicina Silverstone. I TPC rischiano di diventare un terreno scivoloso su cui la FIA deve intervenire prontamente, perché è palese che il caso Red Bull potrebbe generare un pericoloso precedente.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: FIA – F1Tv – Scuderia Ferrari – Oracle Red Bull Racing