Ferrari ha una marea di cosa a cui pensare. L’attuale status in F1 è tutt’altro che buono, lo sappiamo bene. Gli ultimi quattro appuntamenti del mondiale hanno sancito con estrema chiarezza un fatto: la SF-24 ha perso terreno rispetto ai top competitor. Red Bull, McLaren e Mercedes sono davanti. Eppure, se pensiamo al Gran Premio di Monaco, tutte le carte in regola per progredire sembravano sul tavolo della scuderia. Allineate e pronte a offrire ottimi risultati. Poi, all’improvviso qualcosa si è rotto. Non è affatto difficile pensare che Cardile fosse, in qualche modo, già stato messo da parte.
D’altronde la sua uscita repentina dal team a metà stagione, con approdo in Aston Martin, non può essere stata il frutto di poche settimane di trattative. Con ogni probabilità per ambedue le parti i programmi erano altri. E va bene così, perché se il buon Enrico non aveva più alcun interesse a ricoprire l’incarico di direttore tecnico della rossa, era meglio lasciarlo andare. Idem se Ferrari pensava di poter avere meglio in quel ruolo. Scopriremo presto cosa succederà ma, nel mentre, quello che davvero interessa al Cavallino Rampante è risolvere una situazione difficile dalla quale però si può uscire.
Si è parlato di tanti mesi per farlo o, in linea generale, di ulteriori aggiornamenti perché gli ultimi non hanno funzionato. Da quello che ha capito la nostra redazione l’obiettivo è un altro, almeno nel breve periodo: far funzionare al meglio i mezzi a disposizione. Fantascienza? Nossignore. Si può fare senz’atro. Basta raggiungere una necessaria consapevolezza tecnica. Capire come funziona il nuovo fondo, le pance più affusolate, l’ala posteriore da medio-alto carico sulla quale i dati sono ancora pochi e in linea generale l’abilità del mettere tutto assieme. Questo è…
Sì, perché spesso si dimentica un elemento fondamentale in F1. Una vettura della massima categoria del motorsport è soggetta a una miriade di variabili. Molte, se non funzionano a dovere, vanno a influire in maniera parecchio negativa sulle restanti. Per questo la visione dev’essere totale, d’insieme. Ferrari ci sta lavorando da diversi giorni e proprio in questa settimana sono state diverse le riunioni all’interno della gestione sportiva. La volontà è quella di presentarsi in Ungheria con un approccio differente per uscire dal “pantano tecnico” nel quale la SF-24 è scivolata.
Carlos Sainz e Charles Leclerc, una coppia di piloti forti e sotto diversi aspetti anche parecchio complementare. Da quello che abbiamo saputo, una delle prime richieste di John Elkann che, come detto, qualche giorno fa ha partecipato ad un meeting con la squadra, è stata volta proprio ai ferraristi. Il nipote di Gianni Agnelli ha chiesto ai “due Carlo” un ulteriore sforzo in questo momento delicato, perché grazie ai feedback precisi e puntuali in pista, scevri da obiettivi personali, la rossa può risalire la china e alzare il know how sulla SF-24, attualmente primo, vero obiettivo.
Sappiamo che il madrileño sta cercando il suo prossimo sedile. Un’impresa difficile, perché alla soglia dei 30 anni Sainz non vuole essere una semplice comparsa. Per questo cerca sempre e comunque di massimizzare il risultato e soprattutto di arrivare davanti al compagno di squadra. Per contro, Leclerc punta a vincere, quando si può. Non gli interessa molto la differenza tra 4° o 6° posto, per fare un esempio. Ecco perché azzarda o chiede strategie spesso rischiose. Quadretto, quello appena descritto, che non è proprio perfetto se i due piloti della rossa devono fare “quadrato”.
Elkann ha chiesto: una squadra più affiatata sotto questo aspetto, ed a Vasseur di risolvere al più presto possibile questa situazione complicata che nessuno, sino ad un mese fa, si aspettava. L’affidabilità non può mancare, come è successo in Canada. Alla stregua dei grattacapi sofferti tra Spagna, Austria e Inghilterra dove, nuovo pacchetto di aggiornamenti a parte, la scelta sulla messa a punto era tutto tranne che centrata. Trovare il giusto compromesso non è per nulla semplice, specie quando alcuni limiti come la resistenza aerodinamica “impongono” determinate decisioni.
C’è però un fatto poco chiacchierato che indubbiamente vale la pena menzionare. Ci riferiamo alla correlazione dati con la pista. Sugli schermi dei potenti calcolatori all’interno della fabbrica, la SF-24 ha mostrato un livello di carico superiore. Più downforce che però in pista non si è vista. Ecco perché gli ultimi update non sono stati usati in Gran Bretagna tra qualifica e gara. Il potenziale c’è ma resta bloccato. Cercare di estrapolarlo e renderlo efficace: questo il target che però, sino ad ora, ha solamente fatto ammattire piloti, tecnici e ingegneri della GES.
Serve una svolta tecnica. Questo lo abbiamo capito. Realizzarla nel ben mezzo del mondiale di F1 in corso potrebbe risultare arduo, ma ulteriore soluzioni al vaglio non ce ne sono. L’idea di abbandonare lo sviluppo della monoposto 2024 non è neanche stata presa in considerazione in Ferrari. Almeno per il momento. Ragion per cui la strada che va imboccata dev’essere quella corretta. Il traguardo iniziale mira a realizzare un preciso lavoro per “dare senso” ai dati raccolti, scenario che sino ad ora negli ultimi tre round del mondiale non è arrivato.
Per farlo, Ferrari deve tassativamente raggiungere un equilibrio nel bilanciamento della monoposto. Ci riferiamo a un fattore che, fino all’ottavo appuntamento iridato, tra le strade del Principato di Monaco era più che evidente. Fino ad allora, infatti, la SF-24 era capace di scendere in pista e performare, perché l’assetto di base “costruito” al simulatore driver-in-the-loop all’interno della fabbrica era sempre molto buono. Il famoso “punto di lavoro” della vettura, insomma, che in qualche modo è stato smarrito. Non si tratta solamente di nuovi pezzi dell’auto, bensì dell’equilibrio che la monoposto deve nuovamente raggiungere.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv