Qual è il segreto per il ritorno della McLaren ai vertici della F1? Molti se lo chiedono e non è una domanda peregrina, visto che sino a qualche anno fa un poco tutti guardavamo al team di Woking come ad una nobile decaduta, uno squadrone diventato una mera comparsa. Con un destino simile a quello ancora attuale della Williams. Io credo che la domanda non sia del tutto “centrata”. Semmai, forse, bisognerebbe chiedersi come mai una scuderia capace di segnare profondamente gli anni ottanta e novanta del secolo scorso sia poi finito nell’incertezza della massima categoria.
E il limbo è sostanzialmente il nulla, l’irrilevanza nelle competizioni in cui si è impegnati. Tornando al quesito iniziale, un contributo molto importante per capire le “ricette” di questa fase di ricostruzione e ritorno ai vertici lo da l’intervista rilasciata dal team principal McLaren, l’ex Ferrari Andrea Stella (in McLaren da circa 10 anni), ai media internazionali della F1. La spiegazione dell’ingegnere di Orvieto è tanto chiara quanto interessante: duro lavoro, arrivo di nuovi tecnici, investimenti dirottati verso una nuova galleria del vento e un simulatore all’avanguardia.
E questi investimenti, riconosce Andrea Stella, sono stati voluti fortemente da Andreas Seidl (in McLaren in qualità di TP dal 2019 al 2022, ora a capo di Sauber in vista dell’ingresso di Audi in F1 dal 2026). Scendendo nel dettaglio, Stella spiega: “Uno dei motivi per cui abbiamo avuto così tante difficoltà con le nuove regole è che abbiamo dovuto trasferirci nella galleria del vento di Colonia. Per dare un riferimento, quando si sviluppa una nuova geometria per un determinate pezzo, questa deve essere testata. Noi dovevamo attendere tra i sette e i dieci giorni dato che dovevamo portare tutto a Colonia“.
Altre squadre potevano farlo 24 ore dopo nella loro galleria del vento. Invece i nostri ingegneri avrebbero dovuto attendere una decina di giorni per avere un feedback”. E ancora: “Abbiamo un nuovo simulatore, una nuova struttura per il reparto compositi, una nuova struttura per la produzione di compositi. Abbiamo investito, ad esempio, nell’officina meccanica. Si tratta di un insieme di investimenti piuttosto ampio. Questo è stato quasi un primo passo per colmare le lacune accumulate in 15 anni di mancati investimenti in McLaren“.
Il tema di 15 anni senza investimenti, che nello sport sono una vera e propria era geologica, torna spesso nelle parole di Stella. E ci fa capire quanto sia stata difficile la risalita verso le posizioni che competono ad una scuderia che ha un palmares invidiabile come appunto quella fondata da Bruce McLaren nel 1962. Nuovamente le parole del team pricipal: “Ci sono molte cose che devono ancora essere fatte per essere competitivi con alcuni dei migliori team che hanno investito costantemente per 15 anni, mentre noi non abbiamo fatto nulla. C’è ancora molto da fare, per questo siamo prudenti. Stiamo andando bene, ma siamo realistici e umili…“
La chiusura che viene spontanea e che purtroppo è tanto facile quanto scontata, riguarda il discorso sulla Ferrari che invece negli ultimi tre lustri e ha continuato a perdere. Ma forse, nel caso della storica scuderia italiana, la questione pare decisamente più complicata. Ed ha a che fare da una parte con il “capitale umano”. Ci riferiamo ad una componente fondamentale in F1 che nella sua globalità deve essere all’altezza della sfida. E poi anche sul come funziona (o non funziona) a livello di catena di comando decisionali il team di Maranello. Forse l’ex ingegnere di pista di Alonso, ora boss del reparto corse McLaren, potrebbe dare qualche suggerimento alla scuderia italiana se appunto non fosse un ex.
Piano tecnico: McLaren ha iniziato la stagione leggermente in sordina, con risultati buoni ma non entusiasmanti tra Bahrain e a Jeddah. Dopo un Gp a Melbourne da seconda forza dietro Ferrari, a Miami la squadra capitanata da Andrea Stella ha letteralmente cambiato marcia: una versione B della MCL38 ha debuttato in Florida, con pance, brake ducts, ala anteriore e fondo completamente nuovi. Nonostante il poco tempo a disposizione per via del format sprint, la sicurezza nei propri mezzi della squadra con sede a Woking ha permesso di ottimizzare il pacchetto in tempo zero.
Nel Gran Premio americano, al netto della fortunosa Safety Car, la macchina di Norris è stata mediamente la più rapida meritando la vittoria. Il salto in avanti di Miami è stato confermato a Imola, dove Lando è giunto a un soffio da Verstappen, e a Monaco con Piastri a millesimi dalla pole, ed entrambe le vetture papaya davanti a Verstappen. Senza dubbio, dalla Florida in poi, McLaren ha guadagnato la leadership tecnica, con la squadra di Milton Keynes in grado di imporsi in diverse gara solamente grazie a una gestione più furba e astuta dei Gran Premi al super Verstappen in versione strepitosa.
In Austria, un secondo set di novità ha riguardato l’ala anteriore, con una configurazione più rivolta verso l’outwash. Anche le sospensioni hanno subito aggiornamenti, con delle nuove cover dei bracci volte ad accomodare il nuovo schema dei flussi generato dalla front wing modificata. Nella tappa di casa a Silverstone, ben tre versioni della beam-wing sono state testate, tra cui quella scelta per la gara a un singolo profilo. Anche l’ala posteriore è stata modificata, puntando su un “mainplane trimmato” alle estremità per piste da medio-basso carico.
A Mclaren dev’essere riconosciuta l’incredibile capacità di sviluppare senza intoppi le monoposto: erano riusciti l’anno scorso in Austria e han replicato quest’anno a Miami. Ci sono ancora delle leggere criticità come l’efficienza aerodinamica, comunque migliorata da inizio anno e interiore alla sola Red Bull, ma livello tecnico la MCL38 fa invidia a tutti. La sensazione è che oltre ad un pacchetto tecnico di assoluto livello, per vincere e convincere serva un reparto strategie e gestione gara di pari livello però, fattore che tuttavia non ha fatto presenza perdendo parecchi punti e occasioni per vincere.
Autori: Mariano Froldi – @MarianoFroldi – Andrea Mauri – howf1works
Immagini: McLaren – F1Tv