Ad ogni gara di F1 vengono utilizzati oltre 1.200 pneumatici Pirelli, fondamentali per la preparazione e lo svolgimento di qualifica e gara. Tuttavia, non appena viene sventolata la bandiera a scacchi, i battistrada vengono portati via, ma molti ignorano come si concluda il ciclo di vita dei prodotti Pirelli. Il regolamento FIA che disciplina l’utilizzo delle gomme nei weekend di gara è stringente e mira a garantire equità e sicurezza nelle competizioni. All’inizio della settimana che porta al Gran Premio, Pirelli comunica quali sono le tre tipologie di gomme slick scelte per quella gara.
In totale, alle scuderie vengono forniti 13 set di pneumatici slick: 8 a mescola Soft, 3 Medium e 2 set di Hard. A questi si aggiungono poi i set da bagnato: 4 Intermedi e 3 Full Wet. Dopo ogni sessione di prove libere, 2 set di gomme slick vengono riconsegnati (uno viene poi restituito alle macchine che accedono alla Q3, nda). In questo modo, le auto arrivano alle qualifiche con 7 set (oltre a quelli da bagnato). In gara, invece, vige l’obbligo di utilizzare almeno due mescole diverse, una prescrizione che impone di effettuare almeno un pit stop ma che decade in caso di pista bagnata.
Le regole sono leggermente diverse per le gare sprint, dove è previsto l’uso obbligatorio di un set di gomme Soft per quanto concerne la sessione classificatoria per comporre la griglia della mini gara da 100 km. Mentre al contrario, non ci sono vincoli per il giorno della competizione. Le arie scuderie del Circus, nonostante cerchino sempre e comunque di massimizzare l’attività in pista per l’affinamento della messa a punto delle monoposto, il più delle volte non riescono a utilizzare tutti i treni di gomme forniti da Pirelli. Un classico sul quale si discute da molto tempo.
Ogni pneumatico è dotato di un numero seriale univoco sotto forma di codice a barre: un vero e proprio passaporto della gomma. Questo codice, durante la fase di vulcanizzazione viene inserito nella struttura dello pneumatico in modo inamovibile. Il codice contiene tutti i dati relativi alla gomma, rendendola perfettamente tracciabile nel corso del fine settimana di gara grazie al sistema RTS (Racing Tyre System). Ci riferiamo ad un software capace di leggere e aggiornare qualsiasi informazione possa essere utile sulla gomma. La FIA assegna in maniera casuale gli pneumatici ai team in base a questo numero seriale.
Pirelli non è quindi coinvolta in questo particolare processo ed è proprio per questo che non può influenzare in alcun modo l’assegnazione a questo o quel pilota (o monoposto), né il momento in cui utilizzare i compound. Il tutto si basa su un rigoroso processo di controllo qualità, in grado di garantisce che tutte le gomme di una certa mescola siano assolutamente identiche. Quando gli pneumatici raggiungono il centro logistico nel Regno Unito, vengono poi scagionati utilizzando il suddetto codice a barre e censiti nei sistemi del costruttore, mossa per sapere a quale pilota di quale squadra appartiene il battistrada.
Inoltre, quando la gomma viene “calzata” per la prima volta sul cerchione, viene installato il sensore TPMS (Tire-Pressure Monitoring System), che rileva temperatura e pressione all’interno del battistrada. Al termine della gara, tutti le gomme e i cerchioni vengono restituiti all’apposita area di montaggio della Pirelli, situata all’interno del paddock della F1. L’area dedicata al fornitore degli pneumatici è la medesima in cui tutti gli pneumatici arrivano in pista per essere effettivamente montati sui cerchioni. Arrivano in contenitori di spedizione mantenuti a circa 25° per mantenere la temperatura ottimale.
Tutto viene realizzato sul posto per avere un maggiore controllo sulla pressione dell’aria delle gomme e, di conseguenza, avere la possibilità di monitorare eventuali vibrazioni derivanti da squilibri dopo che gli pneumatici sono stati montati sul cerchione. Ci riferiamo ad un grattacapo abbastanza comune quando la gomma viene installata per la prima volta. Al termine del fine settimana, se un set di pneumatici da bagnato o un treno di gomme intermedio di scorta non è stato utilizzato, vengono immagazzinati per poi essere riutilizzati in una sessione futura.
Purtroppo c’è da fare un chiara distinzione in tal senso. Per quanto riguarda le gomme Pirelli di F1 da asciutto, infatti, non è possibile fare la stessa operazione. Questo che siano dure o morbide, indipendentemente dal fatto che siano state utilizzate dalle scuderie in una sessione o meno. Gli pneumatici da asciutto, anche se nuovi di pacca, subiscono trattamenti termici (termocoperte) che di riflesso vanno ad attivare le sostanze chimiche all’interno dei compound. Un processo che va a modificare la loro integrità strutturale e di conseguenza li rende non più utilizzabili.
La distruzione del prodotto al termine dell’evento (anche se non utilizzato) si rende necessaria, in quanto Pirelli è il fornitore unico degli pneumatici per il campionato di F1 e ha il diritto di proteggere la proprietà intellettuale del suo prodotto. La ricerca e lo sviluppo comportano investimenti enormi per la casa costruttrice italiana. Motivo per il quale il marchio lombardo organizza giornate di test privati con i team, al fine di ricevere il loro feedback su come migliorare costantemente le gomme in ogni stagione.
È evidente che il segreto industriale deve essere tutelato, evitando che chiunque possa acquistare gli pneumatici su piattaforme di memorabilia, analizzarli in laboratorio per scoprire come sono stati realizzati e, attraverso un processo di reverse engineering, individuare la composizione chimica del compound. Per non correre rischi, quindi, una volta che tutti gli pneumatici sono stati contati e imballati, vengono rispediti di immediato nel Regno Unito, dove vengono triturati in piccoli pellet.
Questa operazione viene effettuata in un centro di riciclaggio completamente separato rispetto a quello in cui la Federazione Internazionale assegna il numero seriale allo pneumatico. La factory di incarica quindi di smaltire diversi tipi di pneumatici, non solo quelli legati alla F1. I piccoli pellet di gomma vengono bruciati in altiforni a temperature parecchio elevate, tali da poter essere utilizzati come carburante. Grazie all’alta temperatura di combustione non creano alcun inquinamento.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Pirelli – F1