Il futuro di Newey sembra ormai deciso: lontano da Ferrari, il geniale progettista britannico unirà le proprie sorti professionali con il team Aston Martin, contribuendo all’ambizioso progetto che mira a portare le monoposto british racing green ai vertici del mondo della F1. Gli ingenti investimenti della cordata di imprenditori guidata da Lawrence Stroll sono tangibili: rifacimento della sede di Silverstone, la realizzazione di una galleria del vento all’avanguardia, e l’accordo esclusivo con Honda a partire dalla stagione 2026, solo alcune delle pietre miliari di questo piano.
L’imprenditore canadese non cerca semplicemente visibilità, ma punta a lasciare un’impronta indelebile nella storia della F1. Negli ultimi anni è stato poco enfatizzato il rafforzamento del team, che per ora sembra aver raggiunto il culmine con l’ingaggio di Newey, ingegnere le cui monoposto hanno conquistato quasi tante vittorie quante la Scuderia Ferrari (215 contro i 243 successi del Cavallino Rampante). Dopo un lungo corteggiamento da parte della storica scuderia italiana, Adrian è stato infine sedotto dai piani a medio-lungo termine di Aston Martin.
Certamente, il team inglese, nato dalle ceneri della Jordan, sta costruendo una squadra di altissimo livello. Dal 1° ottobre, Andy Cowell, ex capo dei motori di Mercedes HPP, assumerà il ruolo di CEO, sostituendo Martin Whitmarsh. Recentemente, anche Enrico Cardile, che all’inizio dell’anno era stato nominato direttore tecnico della Ferrari, ha ceduto alle lusinghe della scuderia britannica. Non va dimenticata la presenza di Luca Furbatto che, in qualità di direttore dell’ingegneria, si interfaccia con il team principal e il direttore tecnico, coordinando le attività di diversi dipartimenti e strutture di collaudo.
In sintesi, Aston Martin sta assemblando un team di lavoro di altissimo profilo, pronto a competere ai massimi livelli della F1. Oltre all’ingaggio faraonico, Adrian Newey potrà continuare a lavorare nella sua comfort zone e mantenere l’autonomia e il potere decisionale che hanno caratterizzato la sua esperienza in Red Bull. Consapevole delle sue capacità e del valore aggiunto che ha sempre apportato nelle squadre in cui ha lavorato, l’ingegnere classe ’58 ha sempre desiderato avere voce in capitolo anche su questioni non strettamente tecniche.
Questo desiderio di essere centrale nel progetto sportivo delle scuderie è noto fin dai tempi della Williams. La Ferrari, per l’ennesima volta in quasi quattro decenni, ha tentato di ingaggiare il talento assoluto dell’aerodinamica e questa volta sembrava che il matrimonio potesse finalmente realizzarsi. Il fattore economico è stato in parte un ostacolo, ma secondo le ricostruzioni, la trattativa si è arenata a causa delle deleghe richieste dall’ingegnere inglese. Newey avrebbe infatti preteso una sorta di potere decisionale riguardo l’ingaggio di nuovi tecnici e partner tecnologici, mansioni che Vasseur ha ritenuto eccessive e parte del suo ambito decisionale.
Il motivo è semplice: accettare le volontà di Adrian lo avrebbero messo al centro di un ruolo per molte cose più importante di quello dello stesso Vasseur. Nonostante ci potessero essere margini per raggiungere un accordo, sembra che il team principal della Ferrari, al secolo il sempre ilare Fred, non abbia gradito le richieste del “deus ex machina” del design. A riprova di ciò, da un certo momento in poi, le dichiarazioni del francese riguardo il possibile arrivo di Newey sono diventate più vaghe, enfatizzando l’importanza del gruppo piuttosto che le abilità del singolo.
Parlando sempre al condizionale, in quanto la verità assoluta potrebbe essere sensibilmente diversa da quella che si può raccontare in questi giorni estive, il manager di Draveil che si è irrigidito a fronte delle richieste di Adrian Newey ritenute inaccettabili, forse, dovrebbe fare un bel ripasso della storia del Cavallino Rampante. Quando a metà degli anni novanta la rossa navigava in acque tempestose (un eufemismo, nda) Gianni Agnelli attraverso Luca di Montezemolo diedero le chiavi del team a un pilota di nome Michael Schumacher e senza risentimento esaudirono tutte le sue richieste:
La lista è un riepilogo approssimativo di quanto desiderato dal campione di Kerpen. Allora, la Ferrari si chinò al volere del suo “genio” al volante; oggi, con una presunzione spocchiosa, rispedisce al mittente le richieste del “genio” della progettazione, basandosi su nient’altro che il nulla. Quando la rossa ingaggiò il “PILOTA” di punta non vinceva da 17 anni, esattamente come ora. Per questo una semplice domanda sorge spontanea: su quali certezze si sta costruendo il futuro del Cavallino Rampante in F1? C’è poi un altro quesito che sui lega a tale riflessione.
C’è davvero qualcuno così folle da credere che Lewis Hamilton possa vincere un titolo con una monoposto dalle prestazioni simili alla SF-24? Forse ci crede solo John Elkann, ma nonostante la mancanza di titoli iridati, Vasseur deve avere assolutamente un piano “B”. Altrimenti, negare a Newey la visibilità di cui probabilmente già godeva in Red Bull è un atto di presunzione che potrebbe condannare la Ferrari a ulteriori anni di umiliazioni sportive. Certo, McLaren e Mercedes stanno dimostrando che si può uscire dalle sabbie mobili della mediocrità.
Si può fare senza il bisogno di un mago della progettazione, e in passato altri team, Ferrari compresa, hanno dominato nonostante Newey operasse in F1. Tuttavia, è importante sottolineare che quanto scritto si basa su voci trapelate in questi giorni; solo i diretti interessati possono fornire certezze sul presunto dietrofront nell’operazione Ferrari–Newey. È possibile che l’ingegnere inglese abbia scelto la comfort zone di casa e un lauto ingaggio, nonostante Aston Martin non possa essere minimamente paragonata alla storica scuderia Ferrari in termini di prestigio.
Tuttavia c’è una sensazione che in questi giorni aleggia nell’ambiente, perché pare proprio che Ferrari, almeno da quanto si capisce, non abbia alcun piano “B” e che il treno Newey doveva essere preso a qualsiasi costo. Forse è prevalsa la supponenza di chi ha sopravvalutato le proprie capacità. Il più grande dei team principal della Ferrari, anch’egli francese, quando arrivò il genio del volante fece due passi indietro senza esitazione. Stiamo ovviamente parlando del transalpino Jean Todt. Questa volta invece, parlando di Vasseur, sembra aver prevalso la presunzione.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv