Formula 1

F1, correlazione dati: “l’incertezza accettabile” per una auto vincente

La continuità regolamentare sta fornendo ai team di F1 l’opportunità di sviluppare i rispettivi progetti attraverso aggiornamenti evolutivi o correttivi. Al terzo anno di stabilità del quadro normativo, la totalità delle scuderie ha compreso che la performance delle vetture ad effetto suolo non può prescindere da alcuni compromessi, necessari per evitare l’attivazione degli effetti collaterali dell’attuale paradigma aerodinamico. Nonostante questa premessa, gli ingegneri cercano di estrarre sempre e comunque la maggiore performance dal progetto tecnico che hanno prodotto.

Lo fanno, a volte, oltrepassando il sottile equilibrio aero-meccanico che consente alle monoposto di F1 di essere veloci ed esenti da ospiti indesiderati, come ad esempio il bouncing. Dopo la stagione 2022, i team hanno trovato rimedi per limitare questi fenomeni sono giudicati come “parassiti” che, pur mitigati, possono sempre presentarsi in particolari circostanze. Mai come in questo mondiale diverse scuderie hanno accantonato update che non hanno fornito lo step prestazionale atteso in galleria del vento e nel CFD. La ricerca di maggiori punti di carico ha inesorabilmente innescato il tedioso problema del “bouncing”.

F1, le sfide imposte dalle monoposto ad effetto suolo

Per estrarre il massimo potenziale dall’attuale generazione di F1, è fondamentale che la distanza del fondo vettura rispetto all’asfalto sia ottimale e soprattuto costante. Una condizione molto difficile da riprodurre con precisione nelle simulazioni, nonostante i software abbiano fatto notevoli progressi. L’altezza continua dal piano di riferimento è cruciale per un progetto tecnico vincente. A differenza delle vetture del passato, il supporto delle componenti meccaniche legate al sistema sospensivo impiega una fatica maggiore a bilanciare l’enorme carico aerodinamico generato in gran parte dal pavimento della vettura.

Nella fase di progettazione, pertanto, il lavoro dei tecnici risulta per trovare un compromesso tra il comportamento aerodinamico e quello meccanico della vettura, prestando particolare attenzione alle esigenze meccaniche. Con il precedente paradigma tecnico (fondo piatto e plank), l’aerodinamica giocava un ruolo primario, mentre il sistema sospensivo era di supporto per garantire che le monoposto di F1 operassero nelle migliori condizioni. Un’altra sfida cruciale è il bilanciamento dell’aderenza tra l’asse anteriore e quello posteriore della vettura.

modello di una F1 all’interno della galleria del vento

L’ala anteriore delle auto ad effetto suolo, seppur semplificata rispetto a quelle usate sino al 2021, rappresenta la prima area sensibile a questa dinamica. Un’eccessiva aderenza all’anteriore può causare uno squilibrio e aumentare la sensibilità del retrotreno, considerando che le vetture devono mantenere un equilibrio costante in curva. La semplificazione dell’aerodinamica superiore, introdotta con il regolamento tecnico del 2022, offre meno margini per gestire il fenomeno dell’imbardata, ovvero quando il flusso d’aria colpisce la vettura con un certo angolo piuttosto che longitudinalmente.

Gli ingegneri affrontano tutte queste sfide utilizzando strumenti di simulazione che permettono di progettare e sviluppare le vetture di F1 in un contesto virtuale. Tuttavia, questo ambiente ipotetico non può garantire con certezza le stesse prestazioni in pista. Di norma, gli ingegneri creano un modello virtuale che successivamente viene realizzato in scala al 60% per i test in galleria del vento. La validazione ottenuta da questi esami dà il via libera alla produzione dell’auto o delle componenti che fanno parte di un pacchetto di aggiornamenti durante la stagione.

F1, il grado di incertezza di CFD e galleria del vento

Nella massima categoria del motorsport, la correlazione che mette a confronto i dati raccolti tramite gli esami in pista e quelli prodotti nel contesto virtuale al simulatore è parecchio delicata. Gli strumenti che ogni scuderia di F1 utilizza per dare vita alla progettazione e allo sviluppo delle vetture, quindi, giocoforza offrono solo una sorta di approssimazione relativa al comportamento del veicolo prodotto e poi messo in pista. Per fare un esempio possiamo parlare della fluidodinamica computazionale (CFD), metodo numerico per simulare il moto dei fluidi stazionari e instazionari.

simulazione su di un modella di F1 per mettere in risalto la tyre wake – CFD Atif Masood

Ci riferiamo ad un criterio consolidato, spesso usato per sostituire o integrare metodi sperimentali e analitici che possono aiutare progettazione ingegneristica e l’analisi. Nel caos della F1, il CFD studia il flusso d’aria che incontra e scorre sulla superficie delle monoposto fornendo come output un dato numerico. Per questo esegue in modo iterativo la stima della soluzione, per poi dar vita ad un “grado di incertezza” ritenuto accettabile. In questo vengono stimati i valori di pressione e velocità in ogni parte della monoposto, simulando pertanto gli effetti dei fluidi con il veicolo in marcia.

I software di fluidodinamica computazionale consentono agli aerodinamici di simulare, tramite un dettaglio granulare, il flusso d’aria attorno a geometrie arbitrarie su un’ampia gamma di condizioni operative. I CFD consente di “sostituire” gli integrali o le derivate parziali (a seconda dei casi) in equazioni con forme algebriche “discretizzate”, che a loro volta vengono risolte dagli ingegneri di F1 per ottenere numeri, per i valori del campo di flusso, in punti discreti nel tempo e/o nello spazio.

Una volta sviluppato un progetto di una vettura della massima categoria del motorsport, una nuova specifica della monoposto, la bontà di quanto realizzato al CFD viene validato nelle gallerie del vento. Il modello testato nel “Wind tunnel” è diverso dalla monoposto. Si tratta di una replica delle vetture al 60% con telaio in acciaio e alluminio, una grande differenza rispetto al mono scocca in carbonio dell’auto in scala 1:1. In estrema sintesi, possiamo trarre una conclusione dopo aver spiegato, a grandi linee, come le scuderie di F1 si muovo nella progettazione di una vettura.

Simulazione CFD di un modello “virtuale”

Il fisiologico livello di approssimazione dei sistemi di progettazione e sviluppo delle monoposto, unitamente all’estrema sensibilità aero-meccanica dell’attuale paradigma aerodinamico creato dal corpo normativo vigente, rende assai ardua la correlazione tra i dati numerici delle simulazioni rispetto a quelli apprezzati in pista. Il miglior progetto, pertanto, è sostanzialmente quello in cui lo scostamento numerico tra il contesto virtuale e quello reale risulta ragionevolmente accettabile. Mossa che concede in pista quella competitività stimata in fabbrica.

Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat

Immagini: F1 – F1Tv

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Roberto Cecere