Tra i numerosi spunti offerti dal rocambolesco Gran Premio di F1 del Brasile, il tema delle gomme da bagnato è stato certamente un fattore decisivo. La gara di Interlagos si è svolta in condizioni climatiche mutevoli, dovute alla diversa intensità della pioggia e alla recente ripavimentazione dell’intero tracciato di San Paolo. Le mescole intermedie sviluppate da Pirelli si sono rivelate ancora una volta un ottimo prodotto in condizioni di pista bagnata e umida; tuttavia, in alcuni frangenti della gara, l’intensità della pioggia è stata superiore al working range di funzionamento degli pneumatici a banda verde.
I piloti di Visa Cash App hanno quindi cercato di trarre vantaggio calzando le gomme da bagnato estremo, che erano certamente gli pneumatici migliori prima della neutralizzazione della gara a valle del pesante botto di Colapinto in regime di Safety Car. Da tempo ormai, quando la pioggia cade copiosa, nessuno osa utilizzare le gomme “full wet” in attesa del miglioramento delle condizioni atmosferiche, consapevoli che la scarsa visibilità convinca la direzione a temporeggiare attraverso l’ingresso di Bern Maylander, piuttosto che con la sospensione della gara.
A questo punto la domanda sorge spontanea: a cosa servono i battistrada full wet? Secondo gli attuali razionali, la FIA antepone giustamente la sicurezza dei piloti, in alcuni casi anche in modo eccessivamente prudenziale. I team di F1, a loro volta, non prendono minimamente in considerazione gli pneumatici a banda blu, in quanto è un prodotto ottimale solo quando la quantità di acqua in pista è davvero consistente, al limite dell’impraticabilità. Troppa la differenza prestazionale tra le gomme intermedie e da bagnato estremo nel caso in cui l’intensità della pioggia diminuisca.
Mentre la Federazione Internazionale prova a tutelare l’incolumità dei piloti, le scuderie di F1 antepongono il fattore prestazionale, lasciando in pista i propri piloti con una gomma meno adatta. Domenica scorsa, prima dell’ingresso della macchina di sicurezza, i piloti percorrevano un giro con tempi prossimi ai due minuti. Ciononostante, tutti i piloti della top ten, al netto di Yuki Tsunoda, calzavano gomme intermedie.
In un momento storico in cui la F1 ha sposato gli obiettivi di sostenibilità economica e ambientale, è davvero anacronistico che si faccia ricerca, sviluppo e si continui a produrre un prodotto che non sarà mai utilizzato dalle scuderia. A questo bisogna aggiungere un’ulteriore considerazione: la quantità di acqua evacuata dal battistrada full wet crea enormi problemi di visibilità. È necessario ricordare che una monoposto di F1 con gomme da bagnato estremo, a 300 km/h, è capace di espellere 340 litri di acqua al secondo. Una quantità impressionante, eliminata dal battistrada per evitare il fenomeno dell’aquaplaning.
Situazione che al tempo stesso solleva una colonna d’acqua che diminuisce in modo drammatico la visibilità di chi è in coda a un’altra vettura. Un problema che la FIA sta cercando di risolvere attraverso l’adozione di kit studiati per minimizzare lo spray sollevato dalle gomme. Per il momento, i test effettuati non hanno dato i risultati desiderati, anche perché l’attuale generazione di monoposto ad effetto suolo solleva una sensibile quantità di acqua nebulizzata nella parte centrale della vettura, dove sono presenti i canali Venturi. Pirelli, dal canto suo, non ferma lo sviluppo delle gomme da bagnato.
Il fornitore di pneumatici sfrutterà la pausa dopo l’estenuante triple header per testare le nuove gomme da bagnato, il 13 e il 14 novembre, sul tracciato francese di Magny-Cours, al fine di acquisire il maggior numero di dati sui prototipi da bagnato per la prossima stagione. È corretto sottolineare che, da tempo oramai, diversi piloti del lotto lamentano problematiche con gli attuali prodotti offerti da Pirelli, ma contestualmente sono restii a rendersi disponibili per sviluppare i battistrada nei test che la casa italiana programma in modo incessante.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv