Ferrari si approcciava alle qualifiche numero 21 della stagione di F1 con un discreto ottimismo. Questo nonostante le condizioni fossero pressoché simili. C’era meno acqua e quindi la possibilità di disputare la sessione era reale. Il Cavallino Rapante aveva la necessità di posizionarsi in alto nella griglia di partenza, in quanto per nutrire il sogno mondiale costruttori era il target minimo. Il team di Maranello aveva deciso di cambiar l’assetto dopo la Sprint Race. La motivazione era semplice: migliorare il rendimento delle SF-24 e avere la possibilità di realizzare un passo avanti nella messa a punto delle vetture modenesi.
Va chiarito in fatto, in tal senso. Oramai gli assetti da pioggia non esistono più. Non si realizzano cambi in base alla pioggia, ne per quanto riguarda il sistema sospensivo ne per quanto concerne le altezze da terra. Si tratta di adattarsi alle condizioni della pista e far funzionare le gomme al meglio. Il ciclo di isteresi è fondamentale in questi casi, e le uniche modifiche interessante in tal senso sono relative alle brake duct. Ci riferiamo alla prese d’aria dei freni che possono incidere positivamente nell’attivazione delle mescole per avere il grado massimo di grip offerto dalle mescole.
Sul bagnato, le qualità tecniche delle vetture di F1 vengono meno e riducono la propria importanza. Mentre al contrario aumentano le capacità dei singoli piloti, anche se rimane fondamentale riuscire a gestire al meglio le mescole. Con velocità ridotte, risulta assai difficile scaldare l’anteriore, mentre il posteriore tende a surriscaldarsi un po’ più facilmente, nelle fasi di trazione, in parte per effetto del pattinamento. Da questo punto di vista, la Ferrari ha diversi problema.
In linea generale, con soli 23°C di asfalto, risulta più che evidente come le vetture modenesi facessero molta più fatica, rispetto al resto dei competitor, a raggiungere una temperatura consistente nelle mescole. Anche Charles Leclerc lo ha confermato cin radio, in più di un’occasione, che mancava temperatura anche dopo un run di 4 giri. Perdere circa 8 decimi nel primo settore e altri otto nel T2, di fatti, evidenzia alla perfezione una mancanza di aderenza, perché le mescole non si accendono e quindi il grip generale sufficiente per la performance non fa presenza.
Questo al netto di una differenza di carico con la McLaren, che però non pensiamo sia poi così ampia tra le due monoposto di F1. La scuderia di Woking ha utilizzato al meglio le coperture solo verso la fine della seconda fase di qualifica. Prima sembrava non riuscisse a capire come far funzionare le gomme. Montavano un’ala con maggiore carico aerodinamico per cercare di mettere più energia nelle gomme. Durante la sessione, gli ingegneri hanno fatto un po’ di coaching ai due piloti, che con il tempo hanno capito come sbloccare la performance e tornare competitivi nei tre settori.
Red Bull è stata la vettura più forte quest’oggi. La combinazione RB20-Verstappen sarebbe andata probabilmente in pole se non ci fosse stata la bandiera rossa alla fine del Q2 causata da Stroll. Anche in questi casi, la fortuna gioca la sua parte. Max era molto arrabbiato con il team, per il timing scelto dalla scuderia nell’uscire dopo tutto il gruppo. Un peccato per il talento di Hasselt, che via radio aveva confermato come il bilanciamento della sua monoposto fosse in linea con le aspettative.
In generale, per concludere, possiamo dire come nell’ultima parte della Q3 abbiamo visto abitare i piani alti della classifica da vetture “insolite”. Piloti e scuderie che hanno fatto molto bene. Il motivo riguarda proprio l’attivazione dei compound. Non è un caso che la Mercedes di Russell sia subito dietro Norris. W15 che tende a scaldare molto gomme e in condizioni di pista del genere è un vantaggio. Idem Per Tsunoda a bordo della VCARB ed Estaban Ocon con la sua Alpine. Tutto il contrario di Ferrari che su questo fondamentale quando piove soffre spesso e volentieri.
Autori e grafiche: Zander Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv