Ferrari sbarca Las Vegas, appuntamento numero ventidue della campagna agonistica 2024, terzultima gara del mondiale 2024. La buona fiducia sul possibile rendimento fa presenza. Nella pista del Nevada, le basse temperature e i lunghi rettilinei rendono nuovamente centrale il tema gomme per il fine settimana di gara. La difficoltà per tecnici e piloti sarà principalmente all’anteriore, asse della monoposto poco sollecitato dagli sforzi laterali e quindi più facilmente esposto a rischi di graining e relativo fenomeno del sottosterzo. Per gestire al meglio queste problematiche, il team di Maranello ha effettuato gli “indoor testing” in condizioni estreme sugli pneumatici.
L’obiettivo era quello di prendere in esame il modello matematico delle gomme, per far si che la strategia per amministrare le mescole possa essere quanto più possibile azzeccata, fornendo la capacità di estrarre il profilo di energia ottimale, sia in qualifica che in gara. Oggi vogliamo analizzare quali sono le difficoltà incontrate dai tyre and performance engineers della Ferrari, nel definire un modello accurato da portare in pista. Inoltre, cercheremo di capire quanto un’appropriata tyre analysis dopo ogni run delle libere, sia importante per la deliberazione del set-up.
Nel tentativo di predire il comportamento degli pneumatici, i problemi risiedono nel fatto che i tre parametri caratteristici di ogni gomma, carichi, impronta a terra e temperatura, vengono solamente stimati. In sostanza, non c’è la possibilità di mettere un sensore che possa definire alla perfezione il carico verticale o la temperatura d’esercizio, ma si deve ricorrere a una sorta di ipotesi. Il comportamento delle gomme, inoltre, è del tutto non lineare. Per questo i modelli definiti talvolta possono sbagliare, dando in output valori non del tutto ideali.
Parte tutto dai test realizzati all’interno della gestione sportiva con la Ferrari che, ancora in lotta per il titolo costruttori, ha deciso di dedicare parecchio tempo a questo fattore nelle due settimane di stop in vista di Las Vegas. I tecnici della rossa utilizzano una “magic formula”, definita dall’ingegnere Hans Pacejka negli anni ‘80. Un’equazione che richiede in input un set di 18 parametri forniti da Pirelli, i quali definiscono una sorta di carta d’identità dello pneumatico. Questi valori devono essere combinati con i tre criteri sopracitati, tramite simulazioni dinamiche sul circuito.
Non avendo in casa le gomme utilizzate in gara, in quanto ogni team di F1 deve restituire le coperture alla fine di ogni fine settimana, vengono realizzate delle simulazioni tramite software. Il Cavallino Rampante si è basato sui dati raccolti in pista nel corso di questa stagione, cambiando le condizioni del contorno, per simulare la gara di Las Vegas anche grazie ai dati raccolti nella scorsa edizione. Nel programma dinamico vengono modificati gli sforzi verticali e la forma della contact patch con il terreno, simulando il camber gain dello pneumatico nel corso del giro.
Se la stima del carico su ogni pneumatico è corretta, il software, in automatico, risulta in grado di fornire come output la temperatura ideale al cuore della gomma. Così facendo, viene definita la finestra ideale di esercizio dello pneumatico nelle varie condizioni. Ovviamente tutto questo considerando che, come sempre, determinati fattori si intravedono solamente in pista, e il team deve essere bravo a correggere il tiro per sfruttare appieno i compound. Un lavoro davvero complicato, insomma, che all’interno dell’attuale corpo normativo pare davvero difficile in determinati contesti competitivi.
Nell’ambiente reale, determinare sforzo verticale, dimensione della contact patch e temperatura al cuore della gomma è molto complicato rispetto all’ambiente simulativo, dove sostanzialmente basta inserire un valore. La risultante degli sforzi verticali, ad esempio, è influenzata dallo spostamento del carico laterale in curva e da quello longitudinale in accelerazione o frenata. Discorso simile per l’impronta a terra, che dipende sia dallo sforzo verticale essendo lo pneumatico deformabile, ma soprattutto dal camber gain scelto dai tecnici che lavorano nel reparto dinamico.
La rotazione della gomma in curva, attorno all’asse parallelo al moto pertanto, varia la porzione della superficie a contatto con l’asfalto e di riflesso la distribuzione si incarica di modificare la pressione all’interno del compound. Anche la temperatura al cuore della gomma deve essere stimata, cercando un valore all’interno del range, definito tramite le simulazioni, per massimizzare il grip. Questa stima definisce la temperatura del bulk, ovvero una tela metallica intrecciata e interposta tra il battistrada e la carcassa. Questa è fondamentale per far funzionare le gomme.
Diciamo questo, in quanto si tratta del valore su cui si basa la generazione di grip della mescola. Il bulk è inserito sotto il battistrada, pertanto non è possibile utilizzare un sensore che ne determini direttamente la temperatura. I tecnici devono quindi stimarla, effettuando una previsione che deriva dai gradi presenti sull’asfalto incrociati con quelli esteri ed interni allo pneumatico. Quest’ultimo valore è strettamente influenzato da fenomeni convettivi del calore, che vengono generati dai freni e, passando attraverso il cerchio, vanno poi a scaldare la parte interna della gomma.
L’incremento di temperatura viene definito tramite un sensore che determina l’innalzamento della pressione, sfruttando la relazione lineare tra i due valori. L’ultimo parametro rilevato, tramite un sensore ad infrarossi, è la temperatura esterna del battistrada, l’unico valore certo in mano agli ingegneri. Queste due ultime temperature scaldano il bulk tramite fenomeni convettivi: dall’interno attraverso la carcassa e dall’esterno tramite il battistrada, permettendo la stima della temperatura al cuore. Tuttavia la temperatura del bulk è meno volatile rispetto a quella superficiale.
Un elemento che permette ai tecnici di rilevarla direttamente sullo pneumatico appena viene tolto dalla monoposto. Dopo ogni run, il delegato Pirelli, per Ferrari come per le altre scuderie, realizza una sorta di “puntura” alla gomma, passando attraverso la mescola e arrivando a toccare il bulk per rilevarne la temperatura. Questa misurazione che non fora lo pneumatico è fondamentale, in quanto è l’unico parametro rilevabile e veritiero relativamente alla temperatura al cuore della mescola. Un valore che permette di modificare, all’occorrenza, quanto viene stimato dal modello matematico.
Una questione che Ferrari non ha saputo gestire sempre con attenzione. Basti ricordare i vari fine settimana di gara dove, le due SF-24, malgrado potessero disporre di un alto potenziale, hanno sciorinato prestazioni al di sotto di quelle attese. Per questo la scuderia italiana è stata spesso costretta, quando i valori erano differenti da quelli supposti, a modificare il dato ipotizzato per offrire consistenza al modello matematico. Purtroppo non sempre questo lavoro è andato a buon fine, però. L’esperienza aiuta in questi casi, e dopo aver messo 21 gare alle spalle la rossa conosce molto bene i suoi problemi.
Limiti che derivano in parte dalle caratteristiche degli schemi sospensivi. Ciò malgrado le previsioni della Ferrari sono divenute sempre più precise, migliorando le simulazioni in casa e a specchio l’attendibilità dei dati in pista. Tramite un’attenta analisi della temperatura al bulk, dopo ogni run, il team italiano ha compreso informazioni rilevanti sulla SF-24. Più precisamente, parliamo delle temperature al cuore dello pneumatico che vengono rilevate nella parte interna (vicina alle sospensioni), al centro e nella parte esterna di tutte e 4 le coperture.
L’obiettivo è quello di raggiungere uniformità in tutta la larghezza dello pneumatico. Se la temperatura nella parte interna o esterna è troppo elevata, significa che l’angolo di camber statico a fermo non è ottimale. Se invece si analizza la temperatura al centro della gomma, si comprende se la pressione a freddo sia o meno corretta. A Las Vegas ci si aspetta che la distribuzione dei pesi sulla Ferrari sia spostata all’anteriore. In questo modo è possibile aumentare lo sforzo verticale sull’asse anteriore, con il chiaro obiettivo di incrementare la quantità di energia immessa sulle gomme.
Inoltre, specialmente nei giri di preparazione gomma, gli ingegneri della rossa potranno contare sui propri piloti che, tramite i feedback forniti, andranno a validare una precisa strategia di warm-up. A livello tecnico spostare sull’avantreno il bilanciamento dei freni può aiutare. In questo modo, la forza frenante maggiore genera una temperatura più elevata sui dischi e favorisce gli effetti convettivi portando più facilmente in temperature lo pneumatico. Secondo le nostre informazioni, Ferrari pensa di poter gestire bene il tema gomme, avendolo giudicato cruciale all’interno del fine settimana.
Autori e grafici: Leonardo Pasqual – @PasqualLeonardo – Zander Arcari – @berrageiz – Las Vegas
Immagini: Scuderia Ferrari -F1Tv