Verstappen è nell’occhio del ciclone, come in passato successe a Schumacher. Confrontare piloti di epoche diverse è un esercizio molto complesso e, in molti casi, può diventare un “terreno scivoloso”. Troppi fattori rendono infattibile qualsiasi paragone generazionale. Una teoria che lo scrivente sostiene parzialmente. È evidente che la tecnologia, i moderni criteri di sicurezza e le tecnologie di comunicazione hanno trasformato in modo invasivo la F1 e i suoi protagonisti. Al tempo stesso, i tratti caratteriali dei piloti possono essere messi a confronto anche in epoche diverse.
Chi ama questo sport sa bene che, i piloti abili a scrivere la storia della disciplina, sono stati quasi sempre “cannibali” che, spesso e volentieri, hanno messo da parte le buone maniere. L’argomento è sempre più attuale in relazione alla discutibile condotta di guida di Max Verstappen nel Gran Premio del Messico. Il pilota olandese, nonostante sia ormai un veterano, non ha mai modificato il suo modo di intendere le corse di F1. Non intendiamo essere né giudici né giurati del processo mediatico che, in queste settimane, vede sul banco degli imputati il tre volte campione del mondo olandese.
Ciononostante, Max continua a essere se stesso dentro e fuori dall’abitacolo. In alcune circostanze, ha messo in atto manovre discutibili, nonché disfunzionali rispetto ai propri obiettivi. La gogna mediatica è inevitabilmente arrivata. Peccato che tra chi ha gettato benzina sul fuoco ci siano anche ex piloti che in pista sono stati tutt’altro che modelli comportamentali. La verità è che, analogamente al passato, esistono piloti dalla feroce aggressività che hanno costruito i loro successi anche grazie al loro stile di guida combattivo. In tal senso, Verstappen è la versione 2.0 di Schumacher.
Da adepto del fuoriclasse di Kerpen, parliamo del sette volte campione del mondo Michael Schumacher, è impossibile non constatare l’intima similitudine dei due piloti nel modo di intendere la competizione. Il pilota tedesco, sin dai primi Gran Premi negli anni 90, mostrò di non avere alcun timore reverenziale rispetto a mostri sacri come Nelson Piquet, Nigel Mansell, Alain Prost e, soprattutto, Ayrton Senna, con il quale ci furono subito on poche scintille. Il controverso incidente di Adelaide nel 1994, che consegnò il primo titolo a Michael, mostrò definitivamente il lato oscuro dell’epta campione del mondo.
Una volta indossata la tuta del Cavallino Rampante, la critica divenne senza dubbia meno dura nei confronti di Schumacher, specie negli anni dei trionfi conquistati a ripetizione che, dopo tanti anni di digiuno, riportarono la Ferrari stabilmente sul tetto del mondo. Per Verstappen, così come accade in passato per Michael, il raggiungimento di un obiettivo non pone alcun limite a ciò che si può fare per raggiungerlo, giusto o sbagliato che sia, anche se moralmente discutibile. In sintesi, il fine giustifica i mezzi per l’olandese che non perde occasione per ribadire in pista i suoi concetti.
Il convincimento di chi scrive è stato recentemente confermato anche da chi Michael lo ha conosciuto molto bene. Ci riferiamo a Eddie Jordan, fondatore dell’omonimo team di F1 che, in tempi non sospetti, diede la chance a Michael di esordire nella massima categoria del motorsport. Un debutto che resterà per sempre nella storia, in quel di Spa-Francorchamps, stagione 1991, dove il teutonico da perfetto rookie mostro immediatamente il suo grande talento al volante. Secondo il manager irlandese, Verstappen in Messico è stato molto duro, ma questo fatto non lo ha meravigliato, in quanto l’olandese non è altro che “Schumacher sotto mentite spoglie“.
Secondo l’istrionico procuratore di Adrian Newey, che peli sulla lingua non ne ha mai avuto e, al di la delle sue opinioni spesso contrastanti e fuori luogo, è un profondo conoscitori di tutto quello che ruota attorno al Circus, piloti completi, Verstappen è una sorta di “demone” quando sale a bordo della sua monoposto, abbassa la visiera e stringe il volante della sua monoposto tra le mani. Non modificherà il suo stile di guida, sostiene Eddie. È molto più probabile che lasci la F1 piuttosto che la F1 modifichi la natura del ragazzo originario di Hasselt. Chi nasce tondo non può morire quadrato…
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Oracle Red Bull Racing – F1Tv