Allora si parla sempre di gomme, ma come sono fatte e che ruolo hanno in una macchina? ecco una spiegazione…
Il pneumatico è l’interfaccia tra il veicolo e la strada quindi ad esso si richiedono doti sempre più elevate sia come comfort di marcia che come tenuta di strada. La funzione principale rimane la sua capacità di trasmettere a terra tutte le forze che si generano durante il moto del veicolo.
Il pneumatico deve mantenersi perpendicolare al terreno, perché solo in questo si riesce ad ottenere a terra la massima impronta: la tenuta di strada risulta infatti proporzionale alla quantità di gomma “messa a terra”. Tutto dipende dal coefficiente di attrito, ovvero dal numero ottenuto dalla divisione tra lo sforzo necessario allo slittamento e il peso: questo coefficiente indica la difficoltà con la quale si riesce a fare slittare le ruote dato il peso del veicolo.
In altre parole se si deve spostare un blocco d’acciaio del “peso” di 1000kg e per spostarlo si impiega una forza di 500kg, si dirà allora che fra il terreno e il blocco c’è un coefficiente d’attrito di 0.5. Per arrivare allo slittamento bisogna esercitare una forza elevata, mentre mantenere questo stato diventa molto facile: per questa ragione risulta molto difficile riprendere il controllo di un auto in sbandata.
Definiamo come attrito radente la forza necessaria a mantenere in moto un corpo che striscia, essa è pari ad un terzo dell’attrito statico, cioè a quella forza necessaria a realizzare il primo distacco di slittamento a partire dalla situazione con corpo fermo.
Definiamo invece come attrito volvente la forza necessaria a mantenere in moto un corpo che ruota: questa coefficiente vale circa un decimo del coefficiente di attrito statico e per questo motivo è poco importante per la tenuta della strada del veicolo, mentre diventa molto importante per la convergenza.
Il coefficiente d’attrito viene comunemente chiamato GRIP ed è un parametro molto importante per le frenate, per le accelerazioni e per la percorrenza di una curva. Un pneumatico stradale in condizioni di fondo stradale ottimali ha un grip pari a circa 0.6; ovvero per 100kg applicati ad una ruota, il pneumatico riesce a scaricarne 60.
Deformazioni del pneumatico
L’elasticità del pneumatico provoca le deformazioni quanto la ruota è sottoposta alle forze esercitate dal veicolo durante le manovre.
In condizioni statiche il pneumatico, a causa del carico gravante su di esso, tende ad appiattirsi sul terreno assumendo un leggero ingrossamento ai fianchi; assume quindi una impronta rettangolare. In movimento invece il pneumatico, in seguito all’azione della forza centrifuga, subisce una deformazione lungo tutto il perimetro della sua carcassa, producendo una impronta più allungata e ristretta.
Quando si inserisce l’automobile in curva, il veicolo è sottoposto ad una forza centrifuga che tenderebbe a far assumere al veicolo una traiettoria rettilinea se questa forza non potesse scaricarsi a terra. Il mezzo attraverso il quale si scarica questa forza è quindi proprio il pneumatico sul quale, a livello del terreno, nasce una forza uguale e contraria che si contrappone alla forza centrifuga.
La deformazione dovuta alla forza centrifuga e la deformazione dovuta al movimento lungo la curva, producono una ulteriore forza con il risultato che il pneumatico oltre ad essere soggetto a una deformazione laterale diventa soggetto anche ad una torsione, che crea un certo angolo fra la direzione in cui punta il pneumatico e la direzione dell’impronta. L’apertura di questo angolo può essere compensato da una correzione per mantenere la traiettoria voluta, specialmente alle alte velocità, che permette di descrivere il comportamento della macchina come sottosterzante oppure sovrasterzante.
Pneumatico a tele incrociate e radiale
La costruzione radiale è caratterizzata da una zona rigida, corrispondente all’incirca al battistrada, e da una zona cedevole che corrisponde ai fianchi. Nel pneumatico radiale si hanno una serie di cinture lungo la circonferenza che impediscono al pneumatico di assumere la forma rotonda, rimanendo quindi cilindrico, in modo che la sua impronta a terra rimanga sempre pressoché rettangolare.
Il pneumatico a tele incrociate invece ha una rigidità meno variabile tra il battistrada e i fianchi, perché costituito da cinture che interessano il fianco e il battistrada. Tende quindi ad assumere in movimento una forma che, per quanto schiacciata, assomiglia ad una ciambella, sia in rettilineo che in curva l’impronta a terra ha una forma rotonda. Il pneumatico radiale è definito in questo in quanto le tele dei fianchi hanno i fili disposti radialmente invece che diagonalmente.
Il pneumatico a tele incrociate oggigiorno è stato sostituito dal pneumatico radiale perché quest’ultimo presenta molteplici vantaggi.
La differenza di rigidità fra le due tipologie costruttive permette all’impronta di non variare in funzione della pressione di gonfiaggio. Aumentando o diminuendo leggermente la pressione di gonfiaggio in un pneumatico radiale non varia infatti l’impronta a terra: cambia soltanto la distribuzione delle pressioni a terra, con la conseguenza di avere un diverso comportamento dinamico ed un consumo anomalo del pneumatico.
L’unico caso in cui è consigliato utilizzare una pressione di gonfiaggio bassa è nel caso in cui il pneumatico debba marciare su terreni cedevoli o fango, in queste condizioni la diminuzione della pressione produce infatti un aumento dell’impronta. Una marcia a pressione minore del normale è comunque da evitare in quanto produce nel pneumatico un aumento di temperatura della gomma e quindi una più rapida disgregazione della carcassa.
Questi fenomeni distruttivi sono più sentiti nei pneumatici convenzionali in quanto la gomma supporta meno lavoro di deformazione sul fianco e questo produce durante la deformazione più calore che non può essere smaltito.
La maggior parte dei pneumatici di tipo radiale è inoltre costruito in modo da non avere la necessità di possedere una camera d’aria. Questo vantaggio permette ai pneumatici radiali di essere esenti dal fenomeno di rapido afflosciamento in quanto l’aria, a causa di una frattura non fuoriesce rapidamente dalle valvole, ma al contrario esce con una velocità minore, avendo a disposizione solo la zona della perdita.
Nel pneumatico radiale è molto importante il rapporto d’aspetto, definito come il rapporto tra l’altezza e la larghezza della sezione. Per avere un buon comfort si richiede un fianco alto e morbido, per avere più precisione di guida è invece necessario un fianco basso e sufficientemente rigido. Per questo motivo, sulla base del comportamento che si vuole ottenere dal battistrada, si studiano pneumatici coi diversi rapporti d’aspetto.
Caratteristiche funzionali
Il pneumatico, date le sue caratteristiche costruttive, può essere considerato come un sistema composto da una molla e da uno smorzatore. Sulla base di queste analogie possiamo definire alcune caratteristiche fondamentali:
RIGIDEZZA VERTICALE STATICA: è molto importante per il comfort di marcia ed è definita dal rapporto fra il carico applicato F ed il cedimento verticale del pneumatico Z; K= F/Z
RIGIDEZZA VERTICALE DINAMICA: è ottenuta ricavando le frequenze proprie di oscillazione di un modello avente come sistema elastico smorzato il pneumatico e come massa il carico agente sulla ruota. Questa caratteristica è direttamente correlata al comfort e alla tenuta di strada.
RIGIDEZZA LATERALE: è il rapporto fra la forza applicata al mozzo della ruota e lo spostamento del mozzo stesso, rispetto al centro dell’impronta a terra del pneumatico. Più è alto il valore della rigidezza laterale più sarà alto il tempo di risposta dello sterzo; si otterrà meno precisione nella guida e maggiore capacità del pneumatico a conservare l’aderenza in caso di brusche sollecitazioni (sterzate improvvise, uscite laterali).
RIGIDEZZA LONGITUDINALE: è il rapporto fra la forza applicata orizzontalmente al pneumatico e la deformazione della sua impronta a terra. Il punto di contatto della mezzeria dell’impronta si sposta dalla verticale passante per il mozzo. Le forze che impegnano la rigidità longitudinale sono le forze di trazione e frenatura.
RIGIDEZZA TORSIONALE: è il rapporto fra il momento applicato lungo l’asse ortogonale all’impronta a terra del pneumatico e la rotazione che tende a deformare l’impronta a terra. Queste forze si generano durante una sterzata.
MOMENTO DI AUTO ALLINEAMENTO: un pneumatico sottoposto ad una spinta trasversale è soggetto ad una deriva, ovvero ad uno slittamento che tende a ruotare il suo piano equatoriale in modo da ridurre l’angolo di deriva o slip angle. Si genera quindi un momento di autoallineamento, che va equilibrato (con il volante se la ruota è sterzante) per ottenere che la ruota rimanga sul piano assegnato.
Condizioni di aderenza longitudinale:
lo scorrimento del pneumatico
Lo scambio di forze tra strada e il veicolo è realizzabile grazie all’aderenza costante fra la superficie stradale e il pneumatico.
L’aderenza è rappresentata da un coefficiente che si ottiene dal rapporto tra le forze tangenziali che un pneumatico può sopportare ed il carico verticale gravante su di esso.
Il coefficiente di aderenza è un parametro che viene influenzato dalle caratteristiche del fondo stradale e dal carico gravante sul pneumatico. In generale per un normale pneumatico stradale il valore del coefficiente può cambiare da 0.1, per superfici stradali con neve e fanghiglia, ad un valore massimo di 0.7 per una superficie stradale asciutta e in ottimo stato.
Per lo studio dell’aderenza longitudinale considereremo un pneumatico sul quale grava un peso P in fase di rotolamento. A causa della cedevolezza il pneumatico ruota con un raggio reale r0, diverso dal raggio r che si dovrebbe considerare se non esistesse la cedevolezza (l’inverso della rigidità del pneumatico).
Se la ruota rotola con velocità angolare ω costante si verifica come, nel caso ideale, tutti i punti periferici del pneumatico avranno una velocità pari a V=ω∙r; mentre nel caso reale questi avranno una velocità V0=ω∙r0.
Si definisce slittamento s la differenza delle velocità V-V0 che viene compensata dal battistrada del pneumatico.
La differenze di velocità nella zona di contatto al suolo vengono assorbite dal pneumatico con lo slittamento che rimane quindi nullo se la ruota è in condizione di puro rotolamento, fino ad uno slittamento massimo pari a –1 nel caso in cui si verifica la condizione di totale slittamento.
Si può notare come il continuo slittamento del pneumatico possa provocare un veloce deterioramento dello stesso, proporzionale alla velocità ed alle coppie pregnanti o motrici applicate.
Se si considera il carico gravante sul pneumatico si può notare come maggiore risulta la deformazione maggiori sono le forze che si possono trasmettere a terra.
Definiamo la forza tangenziale trasmissibile Ft come il prodotto tra carico H agente, accelerazione di gravità g e il coefficiente di aderenza m.
Ft = H∙g∙m
Si nota come a parità di m, per aumentare Ft, sia necessario aumentare H.
Se consideriamo la pressione specifica Ps, definita da Ps= mg/A (dove A è l’aria dell’impronta a terra del pneumatico) si nota come all’aumentare di A la pressione specifica cali, in quanto si può scrivere che Ps = Ft / mA.
A parità di terreno e di forze agenti possiamo quindi sfruttare una forza adiacente maggiore (perché aumenta m) se il pneumatico risulta più largo, cioè con una pressione specifica Ps a terra più bassa.
Comunque, se avere pneumatici a sezione larga è utile per trasmettere la forza a terra con l’asciutto, non vale la stessa osservazione invece con manti stradali bagnati.
Il fenomeno del “sostentamento idrodinamico del pneumatico”, meglio conosciuto come “aquaplaning”, che si presenta quando la superficie stradale è ricoperta da un velo d’acqua che si interpone tra il pneumatico e la strada, riduce la superficie di contatto in maniera proporzionale alla velocità di avanzamento del veicolo ed inversamente proporzionale alla sezione del pneumatico. Un pneumatico largo è quindi solitamente più soggetto all’aquaplaning a causa delle sue dimensioni anche se, proprio per queste sue naturali attitudini, è spesso dotato di un battistrada studiato in modo da garantire un buon drenaggio.
Condizioni di aderenza trasversale:
deriva del pneumatico
Si assuma un pneumatico sottoposto ad un carico P, che ruoti indisturbato lungo una traiettoria rettilinea, e sul quale nasca in un certo istante una forza Fy trasversale. Si nota in questo caso come il pneumatico subisca una deviazione angolare (detta angolo di deriva o slip angle) che modifica la traiettoria del pneumatico. Quest’angolo aumenta proporzionalmente al carico applicato fino ad un punto in cui la curva presenta un asintoto orizzontale, corrispondente alla perdita di aderenza del pneumatico.
Il coefficiente angolare di questa curva rappresenta quindi la rigidezza laterale del pneumatico. L’andamento di questa curva è influenzata da molti fattori quali: il tipo di pneumatico, il tipo di fondo stradale, il peso agente sul pneumatico e la pressione di gonfiaggio p0.
A parità di fondo stradale e di pneumatico si può dimostrare come l’angolo di deriva sia in funzione dei due rapporti, Fy/p e p/p0, dai quali si può notare l’effetto contrastante del peso.
A parità delle altre variabili esiste un intervallo in cui il peso provoca un effetto stabilizzante sulla deriva (fino a 5000 Kg) che diventa instabilizzante (sopra i 5000/6000 kg) aumentando quindi la deriva.
La deriva è una quantità che dipende da molti fattori, primi tra i quali le forze verticali e trasversali a cui è sottoposta la ruota. Un indice che definisce la risposta del pneumatico in funzione dei carichi verticali e trasversali è la “rigidità di deriva”, grandezza che esprime l’entità del carico che il pneumatico può sopportare reagendo in modo lineare e omogeneo. Maggiore risulta la rigidità di deriva e più lineare è il comportamento del pneumatico nei confronti della deriva, anche intervenendo materialmente sui carichi verticali.
L’angolo di deriva aumenta all’aumentare delle forze trasmesse (siano esse frenanti o di trazione) e diminuisce al diminuire della pressione di gonfiaggio p0.
Un pneumatico a struttura radiale non avverte in rettilineo l’eventuale afflosciamento, palesandolo in maniera molto evidente e repentina, con molta deriva, solamente in caso di curva.
I pneumatici racing presentano un grip (coefficiente d’attrito) che arriva a 1.8, contro 0.5/0.7 di un comune pneumatico, sconfinando quindi nel campo degli adesivi.
Il fattore principale di un pneumatico da corsa è infatti il grip, che può essere incrementato aumentando la superfici di contatto tra i due corpi abbassando la pressione per unità di superficie.
Diminuendo la pressione specifica e aumentando la sezione si ottiene un vantaggio nelle situazioni estreme durante le accelerazioni, frenate e nelle curve effettuate al limite, arrivando ad esercitare un grip superiore a quello tollerato.
Aumentando però al superficie e diminuendo la pressione si arriverebbe al punto (lavorando sempre con la stessa mescola) in cui si verifica una perdita di aderenza per via del valore del carico unitario per superficie troppo basso.
All’aumentare della larghezza del pneumatico la mescola utilizzata diviene via via più morbida e tale da garantire, anche con un carico basso, un’aderenza più alta.
Un pneumatico di formula uno è composto da mescole molto tenere che al raggiungimento delle temperature di esercizio (90°-120°C) diventano estremamente morbide da attaccarsi all’asfalto in modo da scaricare a terra le enormi potenze dei motori (800cv).
Nella F1 il pneumatico svolge parte della funzione tipica della sospensione facendo lavorare la propria esigua carcassa come molleggio per il veicolo. Gli scuotimenti infatti ben difficilmente superano il paio di centimetri e almeno 3/4 di questi vengono assorbiti dalla gomma. La rimanente sollecitazione si scarica attraverso i braccetti sul complesso molla ammortizzatore.
Slip angle
Le caratteristiche di una gomma racing prevedono di riuscire ad ottenere il massimo grip possibile in modo da migliorare la tenuta di strada ed il comportamento del mezzo.
Questo aumento va ricercato sperimentalmente attraverso vari parametri quali: pressione di gonfiaggio del pneumatico, camber, larghezza del cerchio e temperatura di lavoro della mescola.
Riguardo alla pressione di gonfiaggio è necessario osservare come ad una pressione bassa l’attrito è basso, ma la gomma presenta grandi distorsioni non riuscendo quindi ad poggiare l’intero battistrada a terra. All’aumentare della pressione il grip aumenta ed ovviamente il battistrada si distende completamente. Oltre il valore massimo del grip il suo valore inizi a diminuire per via delle deformazioni “a pancia” del pneumatico, con il risultato di alleggerire la zona di contatto della gomma con l’asfalto. La perdita di aderenza risulta comunque minore con alte pressione di gonfiaggio piuttosto che con pressioni troppo basse.
Un pneumatico gonfiato ad una bassa temperatura si riscalderà sempre più in fretta o troppo poiché, torcendosi continuamente, i suoi componenti sfregano tra loro arrivando ad un rapido degrado. In un pneumatico sottogonfiato si avrà una deriva molto alta, potendosi la gomma distorcere notevolmente, mentre gonfiandolo molto si otterranno meno deformazioni e pertanto una deriva più bassa. In questo caso si avrà allora una perdita di grip molto più repentina. Per questi motivi la scelta della pressione risulta difficile e necessita studi molto approfonditi.
Il camber è l’angolo caratteristico della sospensione e descrive l’inclinazione che l’asse passante per la mezzeria del pneumatico assume rispetto alla perpendicolare del terreno, può quindi avere valori nulli, negativi oppure positivi.
L’angolo di camber è un parametro molto critico: all’aumentare della larghezza delle gomme più questo valore assume importanza. Via via che aumenta la larghezza del pneumatico, più è necessario ridurre l’angolo di camber avvicinandolo a zero.
Anche la dimensione del cerchio sul quale è montato il pneumatico riveste molta importanza. Per avere un ottimo appoggio a terra è necessario che il pneumatico sia montato su di un cerchio di dimensioni adeguate. Con un cerchio troppo stretto il pneumatico potrà assumere una forma a ciambella, riducendo così l’impronta a terra.
Usando un cerchio sovradimensionato invece, con una pressione di gonfiaggio bassa, il battistrada rimane orizzontale ma in curva esiste il rischio che il pneumatico si sposti perdendo pressione. Con una pressione alta il battistrada assume invece una forma a semicerchio e le spalle del pneumatico, in queste condizioni, non lavoreranno più correttamente e l’impronta a terra sarà molto ridotta.
Un altro importante fattore che determina le prestazioni di una mescola è infine la temperatura: con una temperatura alta i componenti della gomma si sfalderebbero troppo in fretta, perché le catene molecolari si sbriciolerebbero arrivando ad un rapido degrado. Una temperatura troppo bassa produce maggiore durata, ma peggiore la resistenza alle alte velocità