La scorsa settimana, abbiamo discusso tantissimo sul fatto dello “swap” dei pneumatici Pirelli e sulla questione abbiamo anche chiesto lumi a Fabiano Vandone e all’ing Enrico Benzing.
Nelle loro risposte hanno parlato di pneumatici a tele, radiali e del fenomeno dell’isteresi.
Al pneumatico si richiede di svolgere le seguenti funzioni:
• Trasmettere a terra la pressione dovuta al peso del veicolo, e tutte le forze che si generano durante il moto
• Garantire un’aderenza ottimale ed una buona tenuta di strada su tutti i fondi stradali
• Smorzare gli urti e quindi garantire un buon comfort di marcia
• Avere una buona robustezza ed una buona resa chilometrica
• Limitare al minimo l’assorbimento di energia durante il rotolamento e generare i minimi livelli di rumorosità
• Limitare il fenomeno dell’aquaplaning
Struttura dello pneumatico (da Wikipedia)
1: Battistrada
2: Bordo del battistrada
3: Carcassa
4: Fianco dello pneumatico o Spalla
5: Pacco cintura
6: Rinforzi laterali del pacco cintura
7: Cerchietti
8: Tallone
Lo pneumatico è costituito da diverse parti che possono essere riassunte in:
Battistrada (1): è l’elemento a contatto con l’asfalto, assicura la trazione del mezzo, resiste all’usura e protegge la carcassa, viene prodotto con la gomma per trasmettere e ricevere gli attriti radenti e volventi che si generano con il movimento.
Pacco cintura o cinture : strati multipli di corde o fili d’acciaio (materiale più usato), nylon, poliestere o rayon (in disuso) interposte tra la carcassa e il battistrada, che aumentano la resistenza dello pneumatico, stabilizzano il battistrada garantendo protezione contro urti e forature e garantendo una migliore distribuzione delle forze sull’impronta laterale del battistrada e quindi anche una maggiore impronta a terra, questi fili sono disposti nella cintura con un’angolazione ridotta di 15-25° e incrociati tra loro oppure sono disposti con un’angolazione di 0° rispetto alla mediana dello pneumatico. Questo elemento non è usato su tutti gli pneumatici con carcassa a tele incrociate, ma è una consuetudine per quelli con una carcassa a tele radiali.
Fianco dello pneumatico o spalla (4): protegge le tele dagli agenti atmosferici e chimici e inoltre si oppone alla flessione a cui è sottoposto durante l’impiego.
Carcassa o tela (3): consente la trasmissione di tutte le forze di carico tra la ruota e il terreno come quelle che si sprigionano durante la frenata e nelle manovre di sterzatura, inoltre garantisce la resistenza alla pressione di gonfiaggio e successivamente di esercizio durante tutte le manovre. Questo elemento è composto principalmente da fili di Nylon affiancati (tela) che possono essere di diverso spessore e conferire una maggiore resistenza o scorrevolezza, infatti con l’aumento della sezione dei fili e di conseguenza una loro diminuzione di fili per pollice (TPI: Threads Per Inch) si aumenta la resistenza e rigidezza della carcassa, ma diminuendone la scorrevolezza, questi valori di TPI variano da 26 a 320 a seconda dell’impiego.
- Diagonale: le tele si estendono in diagonale da un tallone all’altro dello pneumatico formando un angolo di 30-40° con la linea mediana dello pneumatico stesso, dove ogni tela o strato successivo di filo va in direzione opposta e quindi incrociandosi.
- Radiali: le tele si estendono da un tallone all’altro con un angolo di 90° con l’asse mediano dello pneumatico.
Nervatura fascio o cerchietti (7): sono fasce d’acciaio posti nel tallone, accomodano lo pneumatico sul cerchione e lo mantengono in posizione, evitando un suo eventuale sfilamento.
Riempimento: generalmente è costituito da gomma ed è posto nella zona del tallone e del fianco per consentire un passaggio graduale dalla zona rigida del tallone a quella flessibile del fianco.
Rivestimento interno: strato di gomma inserito all’interno degli pneumatici tubeless, studiato appositamente per evitare perdite d’aria.
Tallone o incavo del tallone (8): strato di tela gommata che impedisce l’usura provocata dallo sfregamento del tallone contro il bordo del cerchio e che garantisce l’attrito necessario per evitarne la rotazione sullo stesso.
Negli anni le prestazioni generali degli pneumatici sono aumentate notevolmente, e la produzione si è orientata verso gli pneumatici radiali al posto di quelli convenzionali a tele incrociate.
Gli pneumatici, per garantire una struttura alla forma della gomma stessa, hanno più elementi che li compongono. Quello principale è chiamato “carcassa” sopra la quale c’è la fusione della mescola del battistrada. La carcassa deve essere la più resistente possibile mantenendo doti di leggerezza e al tempo stesso di flessibilità. Ciò che compone la carcassa sono più strati di “armature” sovrapposte.
Ad esempio negli pneumatici convenzionali, chiamati anche a “tele incrociate” l’armatura può essere composta da sottilissimi fili di acciaio incrociati tra di loro diagonalmente in modo da formare una “tela”. Questo tipo di pneumatici offre come vantaggio una resistenza a urti e sollecitazioni molto maggiori, soprattutto quelle laterali, ma ha come punto debole un contatto inferiore sul terreno rispetto a un pneumatico di tipo radiale.
Un pneumatico di tipo radiale ha come caratteristica primaria la disposizione dell’armatura in senso trasversale rispetto al senso di marcia. I vantaggi di questa soluzione sono un contatto del battistrada con il terreno decisamente superiore a un pneumatico convenzionale e quindi una trazione superiore. Lo svantaggio è che l’armatura della carcassa, sopratutto sulle spalle, è più fragile e la rende più vulnerabile alla penetrazione di corpi estranei. Nel campo automobilistico la quasi totalità dei pneumatici sono ormai radiali perché la loro caratteristica li rende ottimali per marce ad alte velocità.
Un pneumatico a struttura radiale presenta una carcassa composta da cavetti (di acciaio, rayon o nylon) disposti radialmente rispetto al piano di simmetria del battistrada, a differenza della struttura a tele incrociate in cui la carcassa è composta da tele disposte diagonalmente, con un angolo di inclinazione di 35°÷40° rispetto al piano di simmetria del battistrada. La carcassa è poi inserita in una struttura di gomma deformabile e con buona caratteristiche di aderenza con il fondo stradale.
L’aria contenuta all’interno del pneumatico gli conferisce stabilità e rigidezza strutturale, quindi, in presenza di una adeguata pressione di gonfiaggio, il pneumatico è in grado di trasmettere al cerchio forze considerevoli; tali forze passano attraverso la zone di contatto pneumatico-cerchio, il cosiddetto tallone, costituito da un cavo di acciaio rivestito in gomma che collega saldamente la copertura al bordo del cerchio.
Le forze che il pneumatico scambia con il suolo non sono applicate in un solo punto, ma sono la risultante di azioni distribuite su tutta l’area di contatto, in virtù della deformabilità del pneumatico stesso. La distribuzione delle pressioni sull’area di contatto non è uniforme, si osserva sperimentalmente che essa dipende dal verso di rotazione presentando valori maggiori di pressione nella zona anteriore dell’impronta. L’effetto è che la risultante di tali pressioni non passa per il centro di rotazione della ruota ma è spostata nel senso della direzione di marcia, generando un momento resistente che si oppone al rotolamento. Le forze tangenziali sono esplicabili dal pneumatico grazie all’aderenza che esso offre a contatto con il manto stradale.
L’aderenza è data dall’azione combinata di due meccanismi differenti: l’isteresi e l’adesione.
L’isteresi, detta anche ingranamento, esprime la capacità del pneumatico di deformarsi adattandosi alle irregolarità del manto stradale. Durante tale deformazione il pneumatico segue dei veri e propri cicli di isteresi dissipando energia; questo fenomeno è prevalente alle basse velocità ed in condizioni di asfalto bagnato.
L’adesione è data dalle forze di attrazione intermolecolare tra la gomma e l’asfalto; questo meccanismo è prevalente alle alte velocità e su strada asciutta, ma viene meno nel caso di asfalto bagnato. Pertanto, sul bagnato, si preferiscono mescole morbide con isteresi elevata che necessitano di maggiore energia per il rotolamento, ma garantiscono maggiore aderenza.
Generalmente, per quantificare l’aderenza di un pneumatico, si fa riferimento ad un coefficiente di aderenza che altro non è che il valore medio del coefficiente di attrito statico fra ruota e strada, definito dalla ben nota legge dell’attrito di Coulomb:
F<µP
dove, nel nostro caso, F è la forza agente sul pneumatico, µ il coefficiente di aderenza e P il carico verticale.
Finché la relazione è valida si è in condizioni di aderenza, quando il valore di F supera µP si ha perdita di aderenza ed entra in gioco il coefficiente di attrito dinamico, minore di quello statico.