Una rondine non fa primavera. Ma fa ben sperare.
Giuro: se tutte le levatacce per vedere un gran premio di F1 avessero il dolce, corroborante, splendido finale di domenica 26, ne farei volentieri altre 19 in un anno!
Tuttavia, devo ricordare a me stesso e a chi segue la Formula Uno, in particolare i ferraristi (famiglia cui appartengo), un pochino di sano pragmatismo (viste le tante delusioni collezionate in questi ultimi dieci anni). Tocco ferro anche io sia chiaro e non voglio certo fare il menagramo. Tutt’altro. Tra l’altro, anche se non fossi di fede “maranelliana”, saprei bene che una Ferrari che lotta sempre al vertice e che magari vince il mondiale fa bene a tutto l’ambiente degli sport motoristici.
L’adagio dice: “Una rondine non fa primavera”. Parafrasando: una vittoria non fa il mondiale. Ma, aggiungo, fa ben sperare. Il sunto è: godiamoci questa vittoria. Archiviamo questa prima casella di 20, pensando a ciò che è stata: una vittoria ottenuta con autorevolezza. Niente fortuna. Come ha twittato a caldo FUNOAT, questa è forse la vera prima sconfitta della Mercedes nell’era dell’ibrido. L’analisi dei passi gara, sin dalle simulazioni di venerdì, mostrava che la Ferrari aveva un buon passo anche se, la Mercedes, sembrava essere superiore. L’incognita carburante e il lavoro sul setup fatto dagli ingegneri di Maranello hanno permesso a Vettel di arrivare alle qualifiche e alla gara con una vettura molto bilanciata. Non si sa se senza Verstappen davanti a Hamilton, Vettel sarebbe riuscito a passare la Mercedes al pit-stop, ma si sa che una volta davanti ha rifilato, con una costanza invidiabile, secondi su secondi all’astronave anglo-tedesca. Addirittura ben 10 secondi. Impensabile sino a pochi mesi fa.
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Cosa sappiamo? Almeno due cose: la Ferrari ha lavorato in silenzio, subendo lo scetticismo di molti (io, fra gli altri), e costruendo una monoposto che con le nuove regole funziona. Ma la Ferrari ha lavorato anche politicamente. Il sottoscritto (permettetemi per una volta di essere immodesto), assieme a pochi altri lo aveva notato sin dagli ultimi gran premi della disgraziata stagione 2016. Mi riferisco soprattutto alla spinosa questione delle sospensioni delle monoposto e del loro uso in funzioni specificamente aerodinamiche. Sia chiaro: non si intende, per lavorare politicamente, fare regole che ti avvantaggino. Ma, perlomeno, essere tutti alla pari, senza “furbate” tecniche.
Cosa sperare, dunque, mentre la mente assapora le immagini del circuito di Melbourne invaso da tifosi della Rossa? Che la Ferrari sappia sviluppare nel corso della stagione la sua monoposto. Questa è la vera sfida!
Gli altri non staranno a guardare. Ne Mercedes ne, tanto meno Red Bull.