Il secondo tentativo, o Championship Point, è quello giusto per Lewis Hamilton che è riuscito a vincere il suo quinto titolo mondiale in un Gran Premio del Messico molto complicato.
E se una settimana fa parlavamo di rinascita Ferrari ad Austin, sul circuito del Messico abbiamo potuto ammirare la bontà del progetto RedBull che si è presa tutta la prima fila nella qualifica del sabato ed ha dominato la gara di domenica con Max Verstappen. Solo una miglior partenza di Vettel avrebbe potuto mettere più pressione al pilota olandese del Team anglo austriaco che è invece stato “protetto” dai problemi agli pneumatici avuti sulla W09 di Hamilton. Gara molto positiva però per il tedesco della Ferrari che ha corso da vero quattro volte campione del mondo, aggressivo e calcolatore nei momenti di gara giusti. Da sottolineare, dopo un sabato piuttosto opaco, anche una ottima gara per Kimi Raikkonen che sta davanti nuovamente al suo primo rivale, Valtteri Bottas, portando a Maranello dei punti importanti per la (difficile) rincorsa al Costruttori. Ma entriamo più nel dettaglio di questo Gran Premio del Messico.
GP MESSICO: Hamilton ha meritato questo mondiale 2018?
SI. La prima domanda non poteva che riguardare colui che ha pareggiato i mondiali di Juan Manuel Fangio (1951, 1954, 1955, 1956, 1957). Se per tre anni il principale antagonista è stato il suo compagno di squadra con tutti gli altri Team piuttosto staccati, negli ultimi due, soprattutto in questa ultima stagione, è tornato a duellare contro un altro box, lottando spesso in condizioni di inferiorità tecnica. Questa stagione 2018 ci ha mostrato quanto Hamilton sia cresciuto mentalmente negli vari anni di carriera.
Perché al netto di piccole differenze in termini di errori del Team e di competitività delle monoposto, la differenza in questa stagione è tornata nelle mani dei due piloti che si contendevano il mondiale. La disamina di questa stagione è semplice e non serve nemmeno dilungarsi troppo: semplicemente Hamilton ha sbagliato meno di Vettel. Si spiegano cosi i ben 64 punti di distanza tra i due, che potevano essere molti di più se non contassimo il KO tecnico, e quindi non imputabile a lui stesso, subito da Hamilton in Austria.
GP MESSICO: nella partenza Vettel avrebbe potuto essere più aggressivo?
In teoria SI, in pratica ha fatto tutto bene. Per due motivi principalmente. In primis, visto il testacoda di Austin nel tentativo di sorpasso nei confronti di Ricciardo, era opportuno per il pilota tedesco della Ferrari evitare un altro errore come ha affermato lui stesso ad inizio weekend parlando di “tenersi un margine di sicurezza maggiore” nei prossimi sorpassi.
Secondo, ma non meno importante motivo, il correre senza pensare che una gara possa finire alla prima curva. Insomma, correre alla Lewis Hamilton 2018, pensando non solo alla vittoria ma anche ad un mondiale costruttori ancora aperto. Se Vettel avesse corso tutto l’anno in questo modo, sarebbe ancora in corsa anche per il mondiale piloti perché il mezzo tecnico Ferrari c’è stato, pur con il periodo “nero” di Singapore e Sochi che però nella lunghezza di un campionato può capitare.
GP MESSICO: chi è il Team favorito per vincere il mondiale costruttori?
Mercedes. Sono 55 i punti di vantaggio di Mercedes nei confronti di Ferrari con “soli” 86 disponibili negli ultimi due appuntamenti della stagione. Per il Team di Maranello serve un miracolo che significa ritiro di almeno 1 Mercedes, meglio se 2, in uno dei due appuntamenti, puntando ad almeno una doppietta con RedBull in aiuto. Tanti, troppi tasselli che devono incastrarsi per ri-portare il Costruttori in Italia dopo l’ormai lontanissima stagione 2008.
Tutte le possibili combinazioni (in verde) che renderebbero Mercedes vincente in Brasile. Viceversa (rosso) – Immagine Max Verstappen |
Nel confronto tra i due Team, è sempre il gap Hamilton / Vettel a decretare il grosso gap tra Mercedes e Ferrari. La stagione di Kimi Raikkonen, l’ultima in Ferrari, è stata sicuramente positiva portando alla squadra 9 in più di quanto Bottas ha fatto segnare per il Team anglo tedesco.
GP MESSICO: perché cosi tanti problemi di graining per Mercedes?
Problemi di setup. In una delle gare peggiori di Mercedes nell’era ibrida, Lewis Hamilton è comunque riuscito a diventare Campione del Mondo. D’altronde, con Hamilton a oltre 1 minuto e 15 secondi da Verstappen e Valtteri Bottas addirittura doppiato, non si può definire in altro modo questo GP del Messico 2018. Una Mercedes molto in difficoltà nel venerdì, similarmente a quanto fatto vedere dalla Ferrari, ma che nel sabato aveva mostrato degli importanti passi in avanti, almeno per quanto riguarda il singolo giro. Ciò che Mercedes non è riuscita a verificare il sabato, anche a causa di una pista umida nei primi 40 minuti di FP3, è stato il passo gara per capire se gli importanti cambiamenti di setup effettuati tra le FP2 e la giornata di qualifica fossero corretti.
Gli importanti problemi di graining incontrati durante la giornata di venerdì per via di pneumatici troppo freddi ha fatto propendere a Mercedes per la parzializzazione dei tanto chiacchierati fori sui distanziali dei cerchi posteriori. Il graining infatti, al contrario del blistering, si innesca quando la superficie della mescola è troppo fredda non riuscendo quindi a fornire il grip richiesto; lo pneumatico scivola, comportando dei fenomeni di abrasione tra la mescola e l’asfalto che ne accelerano sia l’usura che il degrado. A fine gara è arrivata anche la conferma di Toto Wolff: “Avevamo problemi a far entrare nel working range gli pneumatici. Erano troppo freddi ed è per questo che abbiamo avuto graining”. Ricordiamo che i nuovi cerchi portati in pista da Mercedes a Spa ed evoluti a Singapore grazie all’introduzione di distanziatori forati hanno la funzione di raffreddare gli pneumatici posteriori, grosso punto dolente del progetto 2018 del Team anglo tedesco. Quindi la soluzione “fori aperti” in Messico avrebbe ulteriormente accentuato i problemi di graining.
L’altro interessante spunto è relativo alla Power Unit: è risaputo, per chi ci legge costantemente, che il contenuto di ossigeno decresce al crescere dell’altitudine sul livello del mare. Prendendo l’altitudine di Città del Messico, 2200 m, il contenuto di aria è inferiore di circa il 25% rispetto al livello del mare e questo non può altro che penalizzare le varie Power Unit. Il vero problema lo si riscontra sui gruppi turbocompressori che per riuscire a non perdere troppi cavalli di potenza (-5%) per via dell’aria rarefatta, devono ruotare a velocità maggiori. Ma Mercedes ne soffre più di tutti, sia in termini di affidabilità, per via di un gruppo turbocompressore con masse più importanti rispetto agli altri motoristi, che di raffreddamento. Senza contare che Lewis Hamilton è sceso in pista con una unità piuttosto vecchia, la N°2, mentre Ferrari e soprattutto Renault hanno potuto sfruttare unità più fresche; nel caso del Team italiano è stata utilizzata anche l’ultima evoluzione introdotta a Spa.
GP MESSICO: perche la Ferrari non è riuscita a primeggiare in questo terzultimo weekend della stagione?
Similarmente a quanto descritto per quanto riguarda le Power Unit, poiché il tracciato messicano si trova a ben 2200 metri, l’aria più rarefatta crea delle problematiche aerodinamiche. E’ proprio per questo motivo che in Messico le vetture sono obbligate a scendere in pista con configurazioni da altissimo carico aerodinamico, simil Monaco, ma che non genereranno gli stessi livelli di downforce; anzi, in termini di kg siamo ai livelli di Monza. Insomma, per via dell’aria rarefatta si corre con configurazioni aerodinamiche di Montecarlo riuscendo a generare solamente il carico di Monza.
In generale, se si corresse ad altitudini più “normali” quello del Messico sarebbe un circuito da medio – basso carico aerodinamico, pur presentando alcune parti del tracciato piuttosto lente e dove la trazione risulta essere fondamentale. Quanto appena detto può quindi mostrarci come l’efficienza aerodinamica, tanto cara a Mercedes e soprattutto Ferrari, non sia cosi importante in Messico. Serve principalmente avere un pacchetto da altissimo carico molto efficiente, cosa che Mercedes e Ferrari non hanno per via prettamente progettuali. Entrambi i Team hanno puntato a rendere competitiva, quindi efficiente, la loro vettura nella maggior parte dei tracciati, quindi quelli da medio carico.
GP MESSICO: la strategia Ferrari scleta con Vettel è corretta?
NO. La Ferrari vista nella domenica del Messico è sembrata la miglior vettura in termini di gestione pneumatici. Andando a focalizzarci sul secondo stint di Vettel, in quel momento in seconda posizione, si può vedere come il pilota tedesco fosse in costante rimonta sul giovane pupillo RedBull che, di contro, stava iniziando ad alzare i crono.
Perché forzare un Pit Stop, portando Vettel in terza posizione dietro a Ricciardo e permettendo inoltre un cambio gomme “gratuito” anche a Verstappen? Perché invece non forzare RedBull ad allungare il più possibile lo stint su SuperSoft, vedendo come si comportava la RB14 sulla lunga distanza? Era (forse) l’unica opportunità per provare a insidiare la leadership del giovane olandese.