Alla fine, o sarebbe il caso di dire all’inizio, il dado è tratto. Una decisione che per i più sembra repentina, a sorpresa. Non è così.
La GES era sotto osservazione da molti mesi, diciamo dalla sosta del campionato. Una decisione che al momento della scomparsa di Marchionne non poteva essere presa, perché la priorità era innanzitutto affidare nelle mani giuste FCA. D’altra parte John Elkann aveva dato un segnale per me inequivocabile assumendo la presidenza, perché non era affatto scontato o obbligato. Il segnale di voler vincere, continuando ciò che Marchionne aveva “lasciato detto” a tutti.
Chiaramente i tempi sono maturati anche perché, primo la corsa mondiale si è spenta inaspettatamente presto e in maniera deludente, secondo, perché le capacità gestionali e non trascurabile, anche comunicative, del Team Principal non hanno mai per nulla convinto (vedi anche lo sfogo per quelle gomme intermedie nelle qualifiche di Suzuka).
Detto questo, Mattia Binotto era chiaramente la prima scelta di Marchionne, una figura troppo centrale nel progetto Ferrari per poterla cambiare se non oscurare e, prima o poi, sicuramente perdere. Voler alleggerire la pressione dal team è un’altra chiave di lettura importante, considerando che i piloti nel 2019 ne avranno addosso tanta (speriamo che tra loro sia solo positiva).
Perciò attenzione perché a Binotto attende un compito doppiamente difficile. Qualcosa che nemmeno Jean Todt ha dovuto gestire al tempo. Dimostrare di saper lottare per il mondiale con due piloti davvero rivali ma soprattutto far sentire protetto il team. Farli spingere tutti nella stessa direzione e senza lasciare mai alcun dubbio sulla sua leadership.
La notizia però più positiva di ieri, non ne ne voglia nessuno, è che si è scelto davvero e senza scuse di voler vincere.
Autore: Giuliano Gemma (GiulyDuchessa)