L’inverno scorso durante la sobria ma passionale presentazione della SF90, forse spinti dal fervore per una nuova ed accattivante sfida, dirigenti e piloti Ferrari indossarono la taglia extra large di ottimismo sotto forma di cappellino d’ordinanza (rigorosamente rosso), diffondendo tra supporter e media una dose massiccia di arbitraria fiducia. Tuttavia, prima che l’apoteosi raggiunse livelli tangibili, Mattia Binotto, fiore all’occhiello nella nuova ristrutturazione societaria interna, vestì i panni dell’ambasciatore consenziente, senza tenere in conto però la gaia apocalisse che il destino faceto aveva in serbo per lui.
L’intervento dell’ingegnere svizzero nella lingua indoeuropea appartenente al ramo occidentale lascia presto spazio al più patriottico italiano, somministrando in diretta mondiale un forte segnale nazionalistico, trattandosi secondo Mattia e dirigenza della maniera più consona per diffondere “il verbo” ai discepoli della Rossa. Il nome della monoposto, scelto per omaggiare la nascita della storica Scuderia, voleva altresì magnificare la SF90 in segno di auspicio verso la conquista del campionato, che a Maranello manca oramai da più di una decada. Tra le novità più eclatanti la nuova tonalità della rossa molto più tenue ed appagata del solito, capace di accendere, una volta vista all’opera durante i test invernali di Montmeló, una forte diatriba alimentata da tifosi e addetti ai lavori.
Mattia Binotto, grazie ad un componimento poetico di tono dimesso e discorsivo, parlò di determinazione, coraggio, appartenenza e passione, trasportato dalla grande tradizione che la storica Scuderia italiana insita nel proprio dna. Il tutto abbracciando in toto la grande visione che il fondatore Enzo Ferrari seppe immaginare e poi forgiare nella mente di tutti i suoi collaboratori, lungo l’arduo percorso intrapreso novanta anni orsono che tanta compiacenza e pienezza mentale ha regalato a milioni e milioni di persone. In due parole?
#EssereFerrari…
Tornando al presente dopo il tragico trionfo Mercedes ottenuto con estrema franchezza di risultati, le lodi verso la scuderia di Brackley assumono quasi le sembianze di moine leziose, vista la facilità disarmante con la quale la corazzata tedesca riscuote i suoi record in rapida successione. L’intenzione di arrestare sul più bello la propria e inesorabile marcia verso lidi tuttavia inesplorati, non trova conferme tra i pensieri dirigenziali essendo un sentimento non appartenente al management del team anglo-tedesco.
Alla base dei grandi successi pervenuti copiosi nell’ultimo lustro si manifesta l’accurata metodologia di lavoro, orchestrata con stile e furbizia dal Manager che domina la scena con un’epifania verbale allucinante, che troppo spesso senza motivo irrita gli avversari. Questa disposizione d’animo ostile provocata da dispetto e risentimento, capace di originare collera e sdegno anche nelle menti più privilegiate, trattasi dello specchio dell’anima, sul quale si riflettono i risultati mediocri ai quali gli sfidanti a loro malgrado si attestano.
Si…stiamo proprio parlando di Mister Toto Wolff, fruibile oratore davanti alle telecamere di tutto il mondo con austera spensieratezza e sorriso da“simpatica canaglia”, condottiero metodico e despota magnanimo quando varca la porta del garage Mercedes. Ovviamente dell’arte maestra dell’austriaco “naturalizzato tedesco” non saprebbe che farsene un team senza centinaia di uomini esperti, che all’unisono remano con fare candido e apodittico. Per trionfare nella categoria regina del Motorsport la strada è tutt’altro che agevole, ricca di intrighi ed imboscate create ad hoc.
Passando dalla pura narrazione dei fatti alle mie riflessioni odierne, mi prendo la così detta briga (che poi tanto male non è) di intavolare il mio ragionamento “bellicamente rispettoso” verso sua maestà Ferrari, con una riflessione dozzinale ma credo assolutissimamente plausibile visto gli avvenimenti ultimi in casa Maranello. Osservando questo quadretto tragi-comico-sportivo messo in scena nei primi 5 round del mondiale 2019, che comprende tra i confini della sua cornice piloti, tecnici e progetto, l’ottusa chiarezza emersa dai risultati sfocia nella “meravigliosa tragedia” rossa…
Lungi da me pensier tiranno…ma stigmatizzare questa missione Ferrari per intraprendere un cammino costruito su fatti ben precisi, sarebbe poi cosi blasfemo?
M alla fine…non era meglio #EssereMercedes ?
Autore: Alessandro Arcari – @BerrageizF1
Foto: Mercedes – Ferrari