Esiste, nell’immensa discografia italiana, una canzone molto evocativa, cantata da Angelo Branduardi, “la fiera dell’est”. Ne consiglio l’ascolto, caso mai qualcuno non la conoscesse soprattutto al fine di comprendere meglio quello che voglio dire in queste righe. Il GP austriaco al quale abbiamo assistito domenica scorsa non è altro che il risultato di una serie di eventi che partono da lontano, concretizzati nei fatti del Canada (ancora il Canada!) per poi sfociare in una reazione a catena inarrestabile fino, appunto, al Red Bull Ring.
Di fatto non ci troviamo in un Circus di F1, ma in una vera e propria “fiera del regolamento” dove tutti gli avvenimenti che accadano non sono altro che un effetto domino, che ha per comune denominatore il cervellotico regolamento della categoria. Il nono appuntamento della stagione può essere scisso in due parti. C’è quella in cui ci siamo divertiti, abbiamo sofferto e tifato, la parte che vorremmo sempre vedere e che purtroppo da tanto, troppo tempo, ci è negata: quella della lotta. Come più volte ho ribadito su queste pagine, il connubio attuale tra monoposto e circuito vecchio stampo non ha tradito le attese: è bastata qualche via di fuga in ghiaia per sovvertire l’ordine costituito e far uscire il cosi detto “manico”. L’uomo che, una volta ogni tanto, prevale sulla macchina; ed ecco che futuri campioni come Verstappen e Leclerc hanno dato spettacolo… e che spettacolo.
Vorrei far notare a tutti che, sebbene il predestinato Max ha fatto capire il significato del talento puro, è anche vero che Charles ha dimostrato perché il fu Marchionne aveva puntato su di lui. Leclerc in evidente inferiorità (le sue gomme erano più vecchie di nove giri rispetto a quelle dell’olandese), ha difeso senza esitazione e con freddezza la sua prima posizione, l’ha difesa cosi bene che ha costretto il talento di casa Red Bull a fare il “mad Max“, ovvero quello per cui è stato educato ad essere e a fare: cioè vincere ad ogni costo, costi quel che costi. Verstappen, al secondo tentativo, nello stesso punto, nello stesso modo, ha infilato il muso avanti, con l’unica differenza che questa volta ha pensato bene di accompagnare il monegasco fuori pista il tanto che basta, per poi superarlo (per la gioia di tutti i tifosi che erano in autodromo), e andarsi a prendere la prima posizione.
Questo episodio ci porta alla “seconda parte” che è quella più tediosa; e cioè quella dell’applicazione regolamentare. In Canada la Federazione, ha applicato alla lettera il regolamento infischiandosene dell’ingaggio sportivo tra Lewis e Seb, bene. In Francia la Federazione ha ritenuto opportuno punire l’unico duello degno di nota infischiandosene dello sport e di quel poco di spettacolo che ci sia stato, e mi può stare bene in quanto le regole sono regole. Allora mi chiedo: come mai questa volta, (in casa Red Bull guarda caso) la Federazione ha scelto di premiare lo sport e lo spettacolo? Le regole o si applicano sempre alla lettera oppure c’è qualcosa che non va.
Sia chiaro: io sono il primo che ha detto e che ribadisce che un’ennesima penalizzazione sarebbe stata la morte di tutto quello che abbiamo visto in pista, eppure ci rimarrà sempre l’amaro in bocca perché questi comportamenti sono, quantomeno, equivoci e sospetti. C’è molto su cui riflettere; è bastato che le super potenza teutonica soffrisse il caldo stiriano per accendere un già infuocato GP. Solo che se questi episodi di lotta rischiano di essere un problema…perché c’è il regolamento che dice che in Canada non si può osare, in Francia devi stare tra le righe, in Austria puoi tutto….che mio padre comprò alla fiera dell’est… Autore: VitoQuaranta – @quaranta_vito Foto: F1