giovedì, Dicembre 19, 2024

Gestire gli pneumatici in F1

La nostra amata Formula Uno non è più quella di una volta…

Una frase forse troppo spesso abusata ma allo stesso veritiera se andiamo a confrontare la categoria rispetto ad anni fa. La tecnologia infatti si è oramai da tempo “impadronita” della situazione mettendosi al centro dei progetti delle differenti scuderie, dove peraltro l’avanguardia delle strumentazioni utilizzate prende il sopravvento erigendosi a giudice estremo della contenda, verso la conquista della leadership.

Attualmente nella massima categoria del Motorsport gli pneumatici assumono un ruolo fondamentale, risultando uno degli aspetti più interessanti degli ultimi anni. Una monoposto infatti è soggetta a molteplici equilibri, che se ben gestiti avranno un impatto positivo sulla vettura. Le coperture, essendo l’unico punto di contatto della vettura con l’asfalto, necessitano una totale comprensione, basilare per avvalersi correttamente della oramai “famigerata” finestra di utilizzo, capace di fare la differenza a seconda del suo corretto impiego.

Per la giusta comprensione è opportuno addentrarci in dettagli per considerare differenti costanti, che vanno ad inficiare nell’impiego delle mescole.

L’aerodinamica in Formula Uno è uno dei fattori più importanti che agiscono sulle vetture, caratterizzando lo sfruttamento di vari principi che operano su altri elementi della monoposto. Per questa semplice ragione i tecnici, durante la fase di studio del funzionamento dei compound, sono “costretti” a mettere in conto le spinte verticali, longitudinali e trasversali che gravano sullo pneumatico, avendo un ruolo spesso preponderante nell’origine delle forze combinate con l’asfalto.

A tal proposito risultano pertanto cruciali le temperature di esercizio raggiunte, utili, se gestite correttamente, a “spremere” a dovere le gomme ed ottenere le massime prestazioni dalla propria monoposto. Cerchiamo adesso di fare qualche esempio, analizzando il funzionamento degli pneumatici a seconda del grado di stress al quale sono sottomessi.

Quando una Formula Uno affronta un curvone rapido ad ampio raggio si genera un importante valore di stress per le carcasse, mentre invece affrontando curve di alta velocità in rapida successione, con valori superiori a 3G di accelerazione trasversale e velocità sopra i 200km/h, l’energia che entra in appoggio lateralmente risulta molto elevata. Durante una staccata particolarmente esigente con un “taglio di velocità” cospicuo si ottiene una grande saturazione longitudinale sul complesso struttura carcassa, mentre le curve caratterizzate da inclinazioni paraboliche sollecitano la struttura delle gomme, visto elevato angolo di appoggio dello pneumatico con in quale lavorano.

A quanto detto dobbiamo aggiungere altri fattori fondamentali, che, se gestiti nella maniera migliore, sono capaci di creare quell’equilibrio perfetto che può “far volare” una monoposto.

Temperature ambientali e dell’asfalto

La corretta temperatura di esercizio delle coperture è palesemente dettata anche dalle condizioni atmosferiche, capaci di spostare la finestra di utilizzo delle gomme, mettendo in moto, se mal gestita, fenomeni dannosi come Blistering o Graining, che vanno ad inficiare negativamente sulla competitività della macchina.

Aerodinamica

Una vettura capace di generare tanti kg di spinta verticale di riflesso aiuterà nella gestione degli pneumatici allargandone di fatto la vita utile, godendo analogamente di vantaggi prestazionali. Una monoposto che genera molto downforce infatti, oltre a far durare di più i compound, darà la possibilità al pilota di staccare più tardi offrendo un manifesto beneficio in termini cronometrici. Di contro, un elevato carico solitamente si ottiene con modalità che sviluppano grandi effetti di resistenza all’avanzamento, per cui l’ottenimento di downforce senza pregiudicare la velocità di punta è un aspetto su cui val la pena tu punti l’attenzione

Pneumatici


Abrasività dell’asfalto

Un aspetto che senza dubbio entra in gioco nell’utilizzo delle mescole è l’estrema importanza nel conoscere appropriatamente le caratteristiche dell’asfalto. Infatti maggiore risulta il grado di abrasività, tanto più la degradazione dello pneumatico sarà evidente. Di conseguenza la capacità della vettura nel gestire quella situazione è vitale, dipendendo in gran parte dalla messa a punto della stessa.

Assetto vettura

Come detto il set up della monoposto è capace di alterare notevolmente l’utilizzo delle coperture, cambiando l’incidenza di esercizio delle stesse. Se per esempio scegliamo una messa a punto sospensiva più morbida il warm up degli pneumatici sarà più difficile da ottenere, rischiando di “subire” fenomeni dettati dalle fredde temperature quali sovrasterzo e sottosterzo, con la relativa minor aderenza degli pneumatici provocante scivolamenti in curva. Al contrario utilizzando un assetto più rigido si raggiungono più “facilmente” le corrette temperature di esercizio. In questo caso però il conseguente rischio di andare in overheating risulta probabile, soffrendo fenomeni come il Blistering. in questa particolare situazione l’usura eccessiva delle mescole è palesemente un rischio da mettere in conto.

Alla luce di quanto detto per entrambi i casi restano da capire pro e contro, scegliendo, secondo le caratteristiche strutturali della monoposto, il giusto compromesso. In questa fase le conoscenze degli ingeneri unite alla gestione prettamente umana dei piloti consentono di ottimizzare al massimo lo scenario, per poter poi essere in grado di esprimere in pista tutto il potenziale della vettura.

Autore: Alessandro Arcari@BerrageizF1 

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