Negli ultimi anni, Daniel Ricciardo è entrato prepotentemente del cuore degli appassionati di motorsport, diventando una presenza indispensabile per il Circus, unendo gesta d’indubbia fattura in pista a modalità comunicative uniche, nello “Stile Ricciardo”.
Nell’ultimo GP di Gran Bretagna, l’australiano ha fornito un’efficace, ma soprattutto brillante, sintesi di tutto ciò nell’intero weekend, partendo dal giovedì, in cui è stato il motore dell’ilarità della più divertente conferenza stampa piloti di sempre. Resteranno nella memoria collettiva le lacrime di Norris in quella, come si chiama dalle mie parti, “ridarola” irrefrenabile che, a guardare bene il siparietto, è nata da una battuta, ormai celebre, di Daniel, poi da lui nutrita verso il giovane collega a suon di gesti e occhiate complici che hanno reso inevitabile lo “scoppio” dell’inglese. Lando e Ricciardo si sono poi dati battaglia in pista alla domenica ed è stato indubbiamente bello vedere questo contrasto rispetto al giovedì, l’emergere della sostanza di un pilota, la voglia di combattere, fra due che, senza casco in testa, sono così complici ed affini nella personalità.
Lo stile Ricciardo non è poi così comune nelle serie regina finora, perché riesce a coniugare l’intesa umana, lo spirito goliardico, l’essere di base dei ragazzi giovani, alla competizione non penalizzandola (conosciamo tutti la propensione di Daniel per il corpo a corpo, le sue mosse e le super staccate), ma confinandola esclusivamente in pista, facendola diventare qualcosa da cui trarre materiale per altre gag, altro divertimento, altra complicità a livello personale con i colleghi. Ciò, chiaramente, quando si parla di scontri “puliti”, come dimenticare, infatti, il suo gesto verso l’allora compagno Verstappen che ne causò il ritiro nel GP d’Ungheria 2017, quel movimento delle dita come a dire: “Questa me la paghi?”. Ma torniamo a Silverstone nel post gara che lo ha visto protagonista con Sainz di un duetto a favor di microfoni, cosa che incarna benissimo lo spirito dell’austrialiano e il suo modo di relazionarsi, anche dopo una lotta appena conclusa a suo sfavore per la sesta posizione.
Ci sarà chi pensa che si tratti di modalità dai tratti infantili-adolescenziali su cui non sarebbe di certo necessario scrivere; io invece credo che Daniel abbia uno spirito da sottolineare e ammirare perché in grado di affrontare un contesto estremamente complesso e ferocemente competitivo in cui l’autenticità a livello umano tende ad essere fagocitata dalle tensioni, facendola al contrario diventare una cifra distintiva in positivo, anche distensiva a livello sportivo, in grado, cioè, di stemperare i residui di adrenalina della pista.
In questo lo stile Ricciardo è esempio e fonte d’ispirazione per dare il massimo senza tradire se stessi mortificando tratti della propria personalità a beneficio professionale, ma trasformandoli in punti di forza in grado di armonizzare le relazioni con gli altri. Dagli sportivi è giusto imparare, cogliendo anche il lato più vicino ed adattabile alle nostre esperienze quotidiane e Daniel offre spunti di valore. Questa sua medesima trasparenza è rintracciabile anche nelle interviste con i media internazionali, dove quel sorriso, anche ad accompagnare dichiarazioni più strettamente tecniche, ha bucato ogni mezzo comunicativo disponibile, sia di vecchia scuola come la Tv, o contemporaneo, come i social, dove l’australiano si mostra esattamente per ciò che è, sia fra duri allenamenti quotidiani sdrammatizzati con qualche trovata, che nella vita di tutti i giorni, magari in un’esibizione improvvisata di rap in auto.
Non per niente la prima stagione di “Drive to survive” prodotto da Netflix ha sottolineato anche il Ricciardo fuori dal tracciato, in quel tempo impegnato in una sofferta scelta sul suo futuro professionale; ve ne consiglio la visione proprio con un occhio attento alla personalità di questo ragazzo che lì viene fuori davvero bene, in modo caleidoscopico, con un’angolazione dal dietro le quinte che non ci è permesso vedere nella totale interezza durante la stagione.
Insomma, questa modalità comunicativa potrà far scuola, specie con il continuo abbassarsi dell’età d’accesso alla F1 portando aria fresca nel paddock, ma l’originale, il capostipite unico resterà Daniel Ricciardo e non potremo che essergliene per sempre grati.
Autore: Elisa Rubertelli @Nerys_
Foto: Renault