L’Ungheria non è la nostra pista, ci avevano detto. In Ungheria soffriremo, ci avevano avvisato. La SF90 non si troverà a suo agio nel toboga ungherese, ci avevano vaticinato. Purtroppo cosi è stato e, nonostante gli avvisi, avvenuti puntuali e con largo anticipo, siamo rimasti comunque di sasso. Fino a non poco tempo fa piste come quelle di Budapest erano il nostro terreno di caccia. Là dov’eravamo re siamo stati detronizzati, scalzati, umiliati e l’onta poteva essere ancora più grama se fossimo stati doppiati; quindi dobbiamo ringraziare i nostri piloti e gli eventi circostanziali se questo non è successo.
Come è potuto accadere una tale inversione?
Nel 2015, primo anno di Seb in rosso, in Ungheria cogliemmo una spettacolare vittoria che fece gridare al miracolo e ben sperare per l’anno successivo, anche se poi le cose andarono diversamente. Nel 2017 pole stratosferica e vittoria. L’anno scorso arrivammo secondi a meno di venti secondi. Domenica la Rossa era in affanno, mesta gregaria di uno spettacolo che non le apparteneva (considerando il blasone), e l’unica cosa in cui poteva sperare era in uno scontro tra i due mattatori che erano davanti a lei anni luce. Perché solo cosi la Ferrari avrebbe avuto la possibilità di vincere.
La domanda è: sarebbe stato giusto? Che vittoria sarebbe stata quella ottenuta da un autoscontro tra Lewis e Max. Entrambi hanno dimostrato perché uno è penta campione del mondo e l’altro perché è destinato, in un modo o nell’altro, a diventare futuro campione. Purtroppo, il buon Binotto ha ereditato i tanti, troppi guai delle gestioni passate, e vi posso assicurare che risolverli richiederà tempo e soprattutto stabilità. Quella stabilità che è tipica delle squadre inglesi che vincono (da quanto AMG conserva la sua struttura dirigenziale? Da quanto Horner è al comando di Red Bull?) e che, evidentemente, nel nostro Paese sembra non voler essere accettata.
Mi sono già espresso in merito e lo ripeterò fino alla nausea: tagliare teste sempre non è un bene. Dopo “l’ottobre rosso” del compianto Marchionne e gli opportuni aggiustamenti avvenuti dopo la sua dipartita, è venuto il momento di stringersi a coorte intorno a chi è stato scelto, per traghettare la Rossa verso il nuovo campionato… nuovo perché nel 2021 (per l’ennesima volta) ci sarà un nuovo regolamento che in teoria servirà a fermare, o comunque ad arginare, lo strapotere teutonico.
Il momento storico che Maranello sta vivendo è davvero buio, forse anche più buio dell’inizio dell’era Todt che riuscì ad ingranare solo quando arrivarono Michael e tre quarti dello staff Benetton. Perché se c’è una cosa che non può essere dimenticata è che, sebbene Seb sia stato accolto come un messia a Maranello, neppure lui ha potuto nulla senza gli uomini giusti in GeS… anche se nel 2018 abbia accarezzato il sogno. Sarebbe fin troppo comodo allontanare Binotto dal ruolo che occupa attualmente… sarebbe il capro espiatorio perfetto. Vorrei ricordare che questo è solo il suo primo anno, mentre chi era al suo posto (con ben altre competenze) è rimasto quattro lunghi anni; quindi giusto dargli tempo.
Ovvio che dei correttivi dovranno essere attuati a partire già dall’anno prossimo, visto che il regolamento tecnico – sportivo, sarà lo stesso, magari utilizzando la bizzarra SF90 come laboratorio per la monoposto che dovrà sostituirla. Da tempo mi assale un dubbio su quanto ho appena elucubrato: Ferrari è davvero intenzionata a vincere?
Nell’epopea Schumacher, la GES lavorava in un modo che faceva percepire che Ferrari era intenzionata a riportare il titolo a Maranello. Ora è tutto diverso, soprattutto in questi ultimi dieci anni, la lotta di potere tra Montezemolo e Marchionne ha letteralmente depauperato conoscenze e potere politico, che sembrava ormai nel DNA della Ferrari del nuovo secolo.
Inutile disperarsi e accusare l’uno o l’altro dipendente rosso (piloti compresi… anche se loro sono un discorso a parte). Resta solo da capire cosa i vertici Ferrari (ammesso che esistano) vogliono veramente. La Rossa è l’unico costruttore, vinca o perda non ha importanza, il cui il brand è cosi forte, cosi popolare che “si vende da solo” indipendentemente dal risultato. Persino il futuro esa-campione del mondo Lewis Hamilton ha una ‘La Ferrari’ personalizzata.
Tutti vogliono una Ferrari… resta da capire quanto la Ferrari (intesa come azienda) voglia davvero tutto.
Sembra, tuttavia, che le cose si stiano muovendo nella direzione giusta. Binotto ha richiamato (come dicevo tempo fa, “rinforzare” e non “tagliare”) Simone Resta, lo stesso ingegnere che aveva collaborato alla creazione della SF71H, poi “promosso” in Alfa Romeo che, anche grazie all’esperienza di Kimi, sta andando a punti regolarmente. Naturalmente il suo contributo lo potremo valutare solo nel 2021, quindi dovremo tutti pazientare.
Nel frattempo Ferrari è costretta a fare da spettatrice come in Ungheria, sperando che possa dire la sua in circuitiì veloci come SPA e soprattutto Monza, ovvero là dove eravamo re fino all’anno scorso, cercando di salvare questa brutta stagione con almeno una vittoria.
Autore: Vito Quaranta – @quaranta_vit
Foto: Alessandro Arcari – @BerrageizF1
“… il buon Binotto ha ereditato i tanti, troppi guai delle gestioni passate…” no, non ci siamo. Binotto era in Ferrari, prima come motorista, quindi come tecnico che sovraintendeva alla progettazione dell’intera monoposto, tanto è, che all’annunciata promozione “al muretto”, tutti si preoccuparono di dire: “Così lo si distoglierà dalla progettazione e sviluppo dell’auto!”. Binotto sapeva, Binotto era padre, in un verso e nell’altro, delle 2 Ferrari precedenti (e del motore…), non ha ereditato, perché ne era parte integrante…
Le responsabilità di Binotto in questo fallimento sono fin troppo chiare. Si è voluto erigere a capo supremo facendo fuori prima Simone Resta (che spero torni al più presto) e poi Arrivabene che non sarà stato elegantissimo nella sua dialettica ma come Team manager lo ritengo uno capace. Morale, macchina sbagliata nei concetti aereodinamici e a mio avviso anche con una P.U. non efficentissima visto i problemi di consumo palesati anche domenica. Il problema è che non possiamo permetterci di perderlo a favore della concorrenza,se fosse per me chiamerei Steiner al muretto.