giovedì, Settembre 19, 2024

Robert Kubica: è sua la vittoria più importante

Ci sono storie che vanno oltre lo sport, portando in sé una forza speciale in grado di trascenderlo: quando succede, il protagonista diventa un vincente, nell’accezione più profondamente umana del termine, una persona in grado di trasformare un avvenimento ostile in nuova motivazione, una sfida in cui superarsi ancora. Pare semplice a descriverlo, ma l’immediatezza delle parole trae in inganno come non mai: qui si tratta di determinazione feroce, costanza inflessibile e sovrumano adattamento ai cambiamenti. Roba da pochi, da fenici che rinascono dalle peggiori offese della vita. Un esempio luminoso, per stare nell’ambito del motorsport, è Alex Zanardi, di cui non c’è bisogno di ricordare la parabola straordinaria; uno recente è Manuel Bortuzzo, tornato in vasca dopo aver perso l’uso degli arti inferiori per essere stato coinvolto in una sparatoria a Roma lo scorso febbraio. Robert Kubica: è sua la vittoria più importante. Ecco perchè.

La vicenda del pilota polacco è indubbiamente una di queste ed è, per giunta, molto legata all’Hungaroring, dove si è corso meno di una settimana fa. Un ricamo del destino che svela le sue carte lungo il dipanarsi delle nostre esistenze. Proprio qui, infatti, nel 1997, Robert assistette per la prima volta nella sua vita ad una gara di F1, senza sapere che 9 anni dopo, il 6 agosto 2006, avrebbe esordito nella serie regina sullo stesso tracciato, a soli 21 anni, al volante di una BMW Sauber, in sostituzione di Jacques Villeneuve, appiedato dall’allora boss della casa tedesca, Thiessen. Pronti, via: settima posizione al debutto (poi squalificato per peso irregolare della macchina, cosa che non dipendeva certo dalla sua prestazione) e terza piazza al terzo GP disputato, a Monza. Un piede di tutto rispetto da subito, insomma. Da ricordare in particolare il suo 2008, quando arrivò quarto nel mondiale piloti e vinse il GP del Canada.

Eh già, Montreal, altro bivio del destino per Robert: solo un anno prima uscì praticamente indenne da un botto spaventoso all’Epingle: l’auto decollò senza poter attutire la velocità, un impatto violentissimo contro le barriere, per poi esplodere in mille pezzi, attraversare, vorticando, la pista e finalmente arrestarsi semi ribaltata su un altro muretto.

Un debito con la fortuna che purtroppo venne tragicamente saldato durante il Rally Ronde di Andora, dove il pilota polacco rimase gravemente ferito a mano e braccio destri; una circostanza maturata in modo assurdo: nell’impatto, il guard rail penetrò nel muso della sua Skoda quasi tranciandoglieli, attraversando tutto l’abitacolo per uscire dalla coda della macchina.

Ed è proprio dal 6 febbraio 2011 che la vicenda di Robert Kubica diventa una di quelle storie uniche: prima ripetuti interventi chirurgici al braccio e alla mano, poi mesi di sofferenza con la paura della fine prematura della carriera ma che affronta con il desiderio, una smania ardente ed assoluta, del ritorno. Un faro da seguire nel buio pesto, la volontà di vedere una luce immune dai dubbi altrui e da tornare ad alimentare a suon di preparazione e sacrificio nei momenti di sconforto. Un mantra di dedizione da recitare, a fatti e sudore, ogni giorno lontano dai riflettori, forzato esule del mondo che gli appartiene. Nel 2013 vincerà il Mondiale WRC-2, ma il suo obiettivo sarà andare a riprendersi, imparando di fatto a guidare come un mancino, ciò che gli è stato tolto, la F1.

Le sue parole in un’intervista di pochi giorni fa dicono tutto: “Ho scommesso sulla F1 non soldi, ma energia, volontà e nervi”. Ed è quello che scatta quando trovi dentro risorse preziose, cocciute e tenaci che non sapevi nemmeno di possedere in tempi più semplici e che ti trascinano dritto meta: Hungaroring, rieccoci quindi in Ungheria, 2 agosto 2017, Kubica ritorna su una monoposto di F1 non adattata, la Renault RS 17 e compie ben 74 giri, la distanza di un Gran Premio. “Il ritorno in quei test qui nel 2017 è stata il momento più emozionante e difficile che ho vissuto su questo tracciato” , ha ricordato Robert lo scorso weekend. Diventerà terzo pilota Williams nel 2018, fermato solo dai capitali portati in squadra da Sirotkin. Nel 2019, torna titolare: la favola è pienamente realizzata e poco importa se il livello della FW42 è a dir poco imbarazzante, la vittoria più importante è comunque sua. Il fato ci metterà una lode con quel punto conquistato rocambolescamente nella pazza gara di Hockenheim: una carezza da accettare, meritatissima. Punto arrivato dopo 9 anni dall’ultimo, un record: “Difficilmente qualcuno lo batterà, c’è voluta tanta pazienza, ma io mi sono trovato in una situazione diversa non soltanto da pilota ma nella vita, quindi me lo porto a casa, anche se non è di certo un primato di cui vantarsi.”

Nell’ultimo fine settimana di gara, quello ungherese appena trascorso, Robert ha potuto godersi un tifo enorme, con 40 mila polacchi arrivati a Budapest apposta per sostenerlo e rendergli merito, pur consapevoli degli enormi limiti della sua Williams. Qualcosa che dice moltissimo: ossia che ci sono vittorie in grado di contare molto di più rispetto all’affermazione in una corsa o in un Mondiale, capaci di restare incise, in un tempo che tutto sovrascrive e sostituisce in modo forsennato, nel cuore della gente. Robert Kubica è diventato ispirazione, uno a cui pensi per superare le difficoltà, un esempio concreto che ti carica. E se non è la più importante vittoria questa….

Non importa quale sarà il suo futuro nel 2020, F1 o rally, perché la sua impresa non dipende di certo dalla durata della permanenza nella massima serie. Chiudiamo con qualche altra parola del polacco, sempre rilasciata all’Hungaroring: “Non ho rammarico di averci provato, anche se sono tornato in un momento in cui il gap del team davvero non aiuta; il 2019 resta un anno importante perché ho raggiunto delle soddisfazioni e dei traguardi personali; mi ricordo bene dov’ero qualche anno fa, cosi come ricordo che nessuno avrebbe scommesso un centesimo sul mio ritorno e io stesso non ho mai chiuso la porta della F1, ma ero consapevole di quanto sarebbe stato difficile. Il rientro non è stato semplice ma il mio fisico ha risposto bene, lo dimostrano quelle che per me dovevano essere le situazioni peggiori sulla carta: Monaco, dove ho fatto la miglior prestazione e una gara sul bagnato.”

Grazie Robert.

Autore: Elisa Rubertelli@Nerys_
Foto: Williams, Robert Kubica

Elisa Rubertelli
Elisa Rubertelli
Le parole creano universi e io ci vivo immersa, in precario equilibrio sul filo del tempo. Il mio ossigeno è di carta. Bookblogger, SMM Festival del giornalismo Culturale, Ayrton Senna Sempre, in love with F1 since 1984, Radio addicted, tennis lover.

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